SABATO ITALIANO

Crisi della secolarizzazione?

 Crisi della secolarizzazione?  QUO-143
26 giugno 2021

Quello della secolarizzazione è un refrain che sentiamo da quando siamo nati; l’argomento è stato ampiamente sviscerato, sminuzzato, discusso, e a molti sembra che, un po’ come il comunismo fino a trent’anni fa, sia un orizzonte insuperabile e definitivo. Per le persone di fede, essa è una specie di nemico con il quale è inevitabile venire a patti, se non altro per evitare la propria debellatio.

Potremmo domandarci se, dopo la pandemia, vero crinale della nostra epoca postmoderna, tutto questo sia ancora così robusto, o se si intravvedano almeno alcune crepe nello spesso muro della città secolare. Io ne individuerei tre, corrispondenti del resto alle tre colonne sulle quali era posato l’intero sistema, le tre grandi narrazioni che sostituivano l’antica fede: l’economia, la scienza, la libertà.

Non si tratta solo di osservare quel che è evidente, cioè l’afflosciarsi della crescita indefinita e l’erodersi di un’economia dopata, ma di andare oltre l’esperienza destabilizzante di un benessere divenuto non più fruibile, ripensando i postulati stessi sui quali si basa il capitalismo, reinventandolo in chiave maggiormente personalistica e solidaristica. Questo significa ripensare quella stessa fede, facendola cozzare con i fatti, proprio come toccò alla fede precedente, quella cristiana.

La scienza è per il nostro Occidente la riscrittura della verità delle cose, che si sovrappone a quella biblica. Tuttavia negli ultimi mesi quello che appariva certo, ora sembra sempre meno certo: quale esperto avrà ragione? Quale vaccino è meglio che assuma? Come orientarsi in una rete di news distinguendo il bene dal male, il vero dal fake? Non si tratta affatto di negare la narrazione della scienza, come peraltro non pochi fanno, ma di constatarne la dimensione veritativa all’interno di certi dati e parametri creduti rilevanti. La sua oggettività si rivela come un mito, una fede. Ora almeno discutibile, se non discussa.

Infine, la libertà, corollario dell’individuo sovrano, centro dell’ordinamento giuridico costruito appunto in termini di diritti soggettivi, facoltà attribuite al soggetto considerato come monade isolata. Scolorata la dimensione relazionale della persona, l’individuo, l’atomo sociale, segue la propria orbita, determinata dal suo volere. Come pensare lo stare insieme in termini individualistici, rimane un bel problema. Comunque sia, si è dibattuto a lungo sulle libertà sospese, sul significato dello stato di emergenza  o “di eccezione", cioè sui fondamenti, e dunque sui presupposti, della nostra dogmatica giuridica. Che è come discutere i presupposti di Dio.

In tutti e tre i casi, si tratta di un risveglio che ci porta a rinnovare la domanda sul senso del nostro sapere, sulle tecniche che ne derivano, cioè sul fine di esse. Questioni sopite ritrovano spazio. Come per l’antica fede, queste nuove fedi secolari vengono ridiscusse, riplasmate e ridefinite dalla tenacia della storia.

In questo contesto, il supplemento di senso offerto dalle grandi narrazioni della Scrittura possono dare a pensare, aiutando ad uscire dalle pastoie presenti, ed evitando il disperato tentativo di ritornare al come se niente fosse stato, assurdo come il negare una guerra. La centralità della Parola si rivela come la via maestra: questa è l’insostituibilità della Chiesa come custode di un patrimonio sapienziale che deve tornare ad essere speso. Si tratta di uscire dall’incomunicabilità dei due mondi, quello secolare e quello ecclesiastico, di favorire un’osmosi, di ripercorrere un esodo, un’uscita dalle nostre chiusure mentali, dalla logica del «abbiamo sempre detto e fatto così», che soltanto l’impegno di molti e in molti anni potrà rendere possibile.

di Ottavio De Bertolis


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