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SABATO ITALIANO

La strada maestra dell’attenzione ai poveri

A Lampedusa (8 luglio 2013)
22 maggio 2021

La centralità dell’attenzione ai poveri nell’esperienza cristiana è sottolineata da Papa Francesco con almeno due scelte potenti e sostanziali, seppur assai diverse tra loro, sostenute da un abbondante serie di interventi magisteriali.

La prima è la scelta frequente di offrire ai poveri uno spazio primario nella sua agenda: è certamente programmatica la decisione di dedicare ai migranti il suo primo viaggio fuori Roma con destinazione Lampedusa, così come è diventato consuetudine il pranzo con i poveri o i carcerati durante i diversi viaggi apostolici o la visita di realtà dedicate all’assistenza degli indigenti a Roma.

La seconda scelta, questa volta di governo, è la nomina di numerosi vescovi italiani la cui biografia è caratterizzata soprattutto da una spiccata attenzione ai poveri e dall’impegno in realtà di frontiera.

Il mix di magistero, esempio personale e scelte di governo indica che i poveri e la preferenza evangelica loro riservata non sono una semplice caratteristica del ministero di Papa Francesco, bensì una sua precisa e primaria indicazione pastorale con cui rileggere e rilanciare non solo la pratica della carità ma tutta l’azione pastorale della Chiesa. Cosa può significare l’assunzione di questa indicazione generale e autorevole per la Chiesa italiana e, in modo specifico, per il servizio decisivo della trasmissione della fede alle giovani generazioni?

Anzitutto Papa Francesco chiede alla Chiesa italiana di riconoscere con più forza il punto di vista degli ultimi quale elemento caratterizzante l’essere stesso dei discepoli del Signore nel mondo: non un semplice aggiornamento di temi ma un vero e proprio spostamento di paradigma che ridisegna in modo radicalmente diverso il dibattito circa il futuro della Chiesa cattolica in occidente.

La centralità dei poveri certamente cambia i criteri di giudizio con cui si compiono alcune scelte pastorali, con cui si definiscono tempi e luoghi dell’agire ecclesiale, con cui si maturano stili e sensibilità; tali conversioni, necessarie e doverose, non colgono però ancora nel segno. Il cambiamento proposto da Papa Francesco va oltre: nella scelta preferenziale per i più poveri il Papa guarda direttamente a Gesù, alla sua vicenda singolare, al suo esempio e al suo insegnamento, accolto e annunciato sine glossa. Il rimando esplicito e costitutivo a Gesù che si fa ultimo con gli ultimi, che lava i piedi ai discepoli, che riaccoglie chi è ai margini, da un lato contrasta efficacemente la critica circa una riduzione della Chiesa a ong, dall’altro guadagna clamorosamente in forza e radicalità: l’annuncio evangelico (ai bambini, ai giovani, a ogni uomo e donna di questo tempo) ha la forma di un appello, entusiasmante e impegnativo, a vivere con e come Gesù, riconoscendo nella mediazione ecclesiale la condizione di possibilità perché ciò avvenga e non il fine dell’annuncio missionario.

L’esperienza viva dell’incontro con Gesù, che ha nel servizio ai poveri un luogo teologico eminente, offre così il paradigma con cui pensare anche i cammini iniziatici posti in essere dalla Chiesa italiana. Malgrado alcuni importanti tentativi svolti nei decenni scorsi, la prassi pastorale è ancora quasi completamente centrata sulla catechesi e i suoi contenuti, spesso lontana da quell’esperienza fraterna genuinamente e radicalmente evangelica chiesta da Papa Francesco. Il passaggio dagli itinerari di catechesi ai cammini di iniziazione cristiana è, a oggi, per lo più solo annunciato: raramente si recensiscono percorsi che integrano ascolto della Parola, servizio ai poveri e preghiera liturgica, all’interno di quell’esperienza fraterna reale, fatta di volti e nomi concreti, invocata qualche settimane fa da Pier Giorgio Gawronski su questo giornale. Non è una questione di metodo (non si tratta di fare incontri più esperienziali e coinvolgenti) ma di vita condivisa, di Vangelo praticato, ascoltato e celebrato, di incontro con Gesù che salva. Di vita che accade, per la gran parte, fuori dai recinti e dai calendari parrocchiali o associativi.

Chi ha osato proporre (a piccoli e grandi, singoli e famiglie) esperienze radicali di fraternità e di carità ha raccolto disponibilità e interesse sorprendenti, che hanno premiato la fatica di un ripensamento importante degli schemi pastorali; certo anche alcuni rifiuti, come sempre accade a chi, Gesù per primo, educa nella libertà.

La pagina del giudizio universale di Matteo 25, in cui Gesù identifica sé stesso nei sofferenti, è decisiva per la trasmissione della fede: i poveri non sono persone sfortunate da aiutare ma presenza reale del Signore nella storia, possibilità fragile e debole di incontro efficace con Lui. Questo Papa, che non perde occasione di stare con loro, sta dicendo alla Chiesa italiana che questo incontro, concreto quanto un abbraccio caloroso o una tavola condivisa, è strada maestra per riscoprire autenticamente anche la mensa eucaristica e la fraternità ecclesiale.

di Andrea Ciucci


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