· Città del Vaticano ·

LA GIORNATA PRO ORANTIBUS
Una tragedia che ha costretto tutti a ripensare il fondamento della propria esistenza

Le lezioni della pandemia
per la vita contemplativa

 Le lezioni della pandemia per la vita contemplativa  QUO-271
27 novembre 2021

Tempi difficili abbiamo attraversato in questi anni ed ancora non siamo giunti a capo della soluzione del problema e, in più parti del mondo, si sperimenta la precarietà a causa della pandemia che aleggia sulla vita di tutti. Molte persone continuano ad elaborare il lutto per la morte dei propri cari, altre percepiscono la fragilità della propria esistenza, altre ancora sono attanagliate dalla paura, dalla solitudine, dal fallimento. Tanti hanno sperimentato la nudità della parabola umana e, in alcuni momenti, si sono rivolti come Giobbe a Dio. Altri hanno consegnato il loro dolore al Signore, lottando anche con Lui e poi si sono arresi, abbandonandosi al suo eterno amore.

In questi anni ci siamo quasi abituati a credere che tutto dipenda da noi. Anche le persone consacrate, durante la pandemia, hanno dovuto fare i conti con la fragilità della vita, con la collocazione della propria persona nella fraternità, nella Chiesa, nel mondo. Il contatto con la mentalità di questo tempo non le ha risparmiate e spesso si sono sentite interpellate sulla fedeltà autentica a Cristo.

Molti consacrati e consacrate si sono interrogati, mettendosi in ascolto dello Spirito e hanno dovuto prendere delle decisioni, per essere coerenti con il Vangelo. Si sono resi conto che spesso vivono come isole, che dedicano molto tempo alle connessioni virtuali e non umane, che corrono durante la giornata senza leggere la storia dalla parte di Dio. Inconsapevolmente rischiano come tutti di soddisfare nel quotidiano, il bisogno di realizzarsi, di gestirsi, di cercare il benessere a tutti i costi, di cadere nell’individualismo narcisistico, di non rispettare le mediazioni anche istituzionali, tralasciando in ogni istante l’obiettivo fondamentale che è quello di seguire Gesù Cristo, di vivere come lui, di annunciarlo con le opere, con le parole e con il silenzio a tutti coloro che incontrano.

Se è letta questa esperienza con fede, si nota che il periodo che stiamo attraversando ha messo in luce le incrostazioni che nel tempo si sono sedimentate sul significato della vita consacrata. In questi anni spesso abbiamo infatti rischiato di perdere il centro, Gesù Cristo e il Vangelo. Tanti hanno rivendicato il rispetto dell’individualismo e non della persona, la difesa spasmodica della privacy e del proprio orticello, dimenticando giorno dopo giorno l’impegno a liberarci di tutto per far passare, attraverso la nostra vita, il Vangelo e la bellezza dell’umanità. In alcuni momenti i consacrati e le consacrate si sono buttati in tante opere — basta vedere i progetti di vita fraterna che elencano molte cose da fare — che spesso non comunicano a livello personale e fraterno la gioia del Signore risorto. A volte le attività hanno assorbito tutto il tempo. L’esperienza della pandemia ha costretto tutti a rivisitare non solo la direzione, ma anche l’orientamento e il fondamento della nostra esistenza umana ed evangelica.

Durante la pandemia ci siamo resi conto che non siamo il centro dell’universo, che il Signore ci ha donato dei fratelli e delle sorelle con cui camminare insieme, che va custodito il bene comune e che l’impegno di chi è consacrato è rendere credibile il Signore e annunciarlo nella stabilità o sulle strade del mondo agli uomini e alle donne di oggi.

Da qui l’urgenza della significatività anche della vita monastica. Oggi le contemplative sono chiamate ad annunciare l’amore di Dio presente nella storia, a indicare con l’esistenza ad ogni essere vivente quale strade percorrere per vivere come Gesù il comandamento dell’amore, ad essere luce per l’umanità che sperimenta il senso del buio e del vuoto esistenziale, a saper cogliere attraverso il silenzio la presenza del Signore, a scoprire che dietro ad ogni evento c’è sempre Dio che parla, che guida, che apre la strada, che si prende cura di ogni vivente.

Ricentrandosi in Cristo, si impegnano a testimoniare il suo amore per l’umanità. Durante gli appuntamenti liturgici e l’incontro con la Parola, imparano a riflettere nel quotidiano, già nella fraternità, la bellezza dello stare con lui, a coltivare la relazione personale con Cristo povero e crocifisso. La qualità delle relazioni fraterne sono il riflesso della relazione con il Signore. La gioia del camminare insieme con il Signore dà colore alla vita, soprattutto quando, per mancanza di fede, appare in lontananza un orizzonte sbiadito e senza senso. La consapevolezza della presenza del Signore, proprio in questo tempo di smarrimento per tanti, ha permesso ai consacrati e alle consacrate di rifondarsi in Dio, di elevare con fede il grido di dolore a nome di coloro che hanno tanto sofferto in questo tempo.

I contemplativi in questo tempo hanno costantemente alzato come Mosè le braccia verso il Signore per quelli che sono stati raggiunti da sorella morte, per i fratelli e le sorelle che hanno smarrito la speranza, per coloro che sono stati chiamati a prendere delle decisioni per il bene del popolo. Soprattutto hanno vissuto, attraverso la preghiera e la comunione, la connessione con tutti i viventi. Si sono messe in ascolto delle persone anche per telefono, comunicando loro il ricordo nella preghiera e la certezza che Dio non abbandona mai nessuno. Hanno condiviso con i poveri tutto ciò che avevano, anche i pochi spiccioli della vedova, sperimentando insieme la bellezza della condivisione e della sinodalità.

Lungo il periodo pandemico i consacrati hanno potuto scoprire che ognuno ha ricevuto gratuitamente la vita da custodire e da donare. L’essere umano resta diviso in sé, se non ricompone costantemente l’immagine e somiglianza impressa in ciascuno da Dio, coniugando anche armonicamente la mente, i sentimenti e la dimensione spirituale. Unificandosi interiormente il consacrato si scopre persona capace di relazione. Quando passa dall’essere individuo a persona, si accorge che non è solo su questa terra e che Dio a ciascuno ha donato dei fratelli e delle sorelle — Tutti fratelli — con cui camminare insieme, per narrare la bellezza della vita umana attraversata dallo Spirito d Dio.

Ogni fraternità, pur nel dubbio, nell’insicurezza, ha sperimentato la vicinanza di Dio, consapevolezza che ogni consacrato ha trasmesso con fede, con solidarietà e con responsabilità alle persone che man mano ha incontrato. In questo tempo ognuno ha riscoperto in modo positivo il significato della parola “sacrificio”, intesa non più come un’esperienza mortificante, ma come possibilità per fare spazio all’altro, perché viva, contando sempre sul fratello o sulla sorella. Tutto ciò ha richiesto nei consacrati e nelle consacrate il cambiamento di stile, la certezza che nessuno vive da solo e che il bene comune è da curare sempre, la consapevolezza che in ogni istante il Signore continua a chiedere a ciascuno: dov’è tuo fratello o tua sorella?

Papa Francesco ha ricordato che nulla sarà come prima e che oggi tutti siamo chiamati a vivere la gioia del Vangelo. In questo tempo i consacrati e le consacrate sono impegnati a trovare in Cristo le ragioni per ritornare alle origini del carisma e ritrovare la forza generativa della prima ora e viverla nell’oggi. Facendo cadere tutto ciò che ha appannato l’autenticità dell’esistenza evangelica nel tempo, tutti sono chiamati a riconoscere sempre il passaggio di Dio nella vita personale e fraterna, nella storia, nel mondo, perché ogni persona incontrata creda, sperimenti l’amore del Signore e scopra in sé la sua capacità di amare.

di José Rodríguez Carballo
Arcivescovo, Segretario della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica

 

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