· Città del Vaticano ·

Domani al via il 46° viaggio apostolico del pontificato
A colloquio con il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin sui temi della visita

Il Papa esorterà l’Europa
alla riscoperta
dei valori fondativi

 Il Papa esorterà l’Europa  alla riscoperta dei valori fondativi  QUO-217
25 settembre 2024

Papa Francesco dopo il viaggio più lungo del pontificato che lo ha portato, pochi giorni fa, in Asia e Oceania, parte ancora una volta. Instancabile testimone del volto di Cristo sarà in un’Europa ferita dalla guerra, spesso divisa, che vive la realtà del calo demografico. Francesco sarà nella stessa giornata del 26 settembre in Lussemburgo e in Belgio. A Bruxelles si fermerà fino al 29. Per il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, in «Europa si è un po’ perduta la memoria delle immani sciagure del passato e perciò aumenta il rischio di ricadere nei tragici errori di allora». Per il porporato — che dal 22 al 30 settembre si trova a New York per la 79a assemblea generale delle Nazioni Unite — la visita del Pontefice porterà la lungimiranza della solidarietà ed il coraggio di aprirsi al futuro.

Eminenza come nasce questo viaggio che prende avvio con la breve tappa lussemburghese?

Il viaggio è una visita pastorale focalizzata soprattutto sulle celebrazioni dei 600 anni dell’Università Cattolica di Lovanio, in Belgio, ma che vede anche una tappa nel Lussemburgo. Si tratta di due Paesi che sono fondatori dell’Unione europea e sede delle sue istituzioni, dove spesso il cattolicesimo, per quanto formalmente ancora maggioranza, sembra non essere più considerato quale orizzonte di vita e quasi messo ai margini della società.

I vescovi del Belgio hanno parlato di: “sorpresa” e di “una grande gioia” per la visita di Papa Francesco, che avviene nel 600° anniversario dell’Università cattolica di Lovanio. Questa ricorrenza sarà l’occasione per evidenziare lo stretto legame tra scienza e fede?

Il dialogo tra fede e scienza è fondamentale. Nel corso della storia si sono registrate sia lunghe fasi di intesa e di collaborazione sia momenti di incomprensione reciproca. L’incomprensione nasceva dalla indebita sovrapposizione dei metodi, quando da una parte si fece l’errore di vedere nella Bibbia non solo un  testo  sacro,  ma anche un libro di scienza, mentre dall’altra si consideravano le conoscenze scientifiche come le uniche veramente tali, sottostimando e restringendo lo stesso campo d’azione della ragione. Certo, il viaggio del Santo Padre in Belgio in occasione del 600° anniversario della fondazione dell’Università di Lovanio sarà provvidenziale per riscoprire lo stretto legame tra fede e scienza, nei rispettivi campi d’azione e con i rispettivi metodi.

 Il Papa torna in un’Europa spesso divisa sui temi della vita, dei migranti e ferita dalla guerra. Questa visita avrà la forza di recuperare la radice dei padri fondatori, Schuman, De Gasperi, Adenauer, di un progetto politico promotore di uno sviluppo fondato sulla pace, sulla fraternità e sulla solidarietà?

Subito dopo la seconda guerra mondiale i popoli europei erano sfiniti. I trent’anni precedenti  erano stati così carichi di sciagure e sofferenze, da renderli risoluti e audaci nella costruzione di un nuovo ordine, capace di evitare il risorgere dei nazionalismi esasperati che avevano causato i conflitti. Ora, al contrario, in Europa si è un po’ perduta la memoria delle immani sciagure del passato e perciò aumenta il rischio di ricadere nei tragici errori di allora. Auspico che la visita del Santo Padre sia un’occasione preziosa affinché l’Europa riscopra i suoi valori fondativi. Mentre nel 1945 i popoli europei erano lanciati verso il futuro, che non potevano che immaginare migliore del passato, oggi essi sembrano pensare al futuro come un tempo del tutto incognito o addirittura peggiore del recente passato. Questo modo di pensare influisce sulla stessa capacità di apertura alla vita e diffonde un clima di rassegnazione dove non alberga la speranza. Il Santo Padre invece è pellegrino di speranza. Egli desidera che l’Europa riscopra le ragioni che furono alla base della sua costruzione, in modo che sappia affrontare ogni questione, anche quelle di carattere economico o quella migratoria, in uno spirito lungimirante di solidarietà, ritrovando il coraggio di aprirsi al futuro e di sconfiggere “l’inverno demografico”.

 Questa visita in uno dei cuori della politica europea, potrà contribuire a contrastare paure, polarizzazioni e populismi?

I populismi, le polarizzazioni, le paure, sono spesso il frutto della stanchezza dello spirito e del pensiero e della conseguente pretesa che siano possibili semplificazioni quasi magiche, capaci di risolvere problemi complicati o addirittura epocali con semplici e rapide decisioni efficaci. Questa stanchezza dei popoli finisce per renderli disponibili ad accogliere proposte radicali, che promettono l’impossibile, salvo poi scoprire che tali promesse non erano realizzabili, con il risultato di volgersi verso altre narrazioni, opposte nei contenuti, ma molto simili nell’assertività del linguaggio. La Chiesa “esperta in umanità” e quindi il Santo Padre hanno un linguaggio di responsabilità, di moderazione, di avvertimento dei rischi che si possono correre se si imboccano strade pericolose, con la condanna degli errori più pericolosi. Per questo tale linguaggio non si presta alla facile semplificazione e non presenta sempre immediate soluzioni. Le parole del Santo Padre tuttavia nascono dal Vangelo e sono sempre parole di sapienza. Esse sono realiste, come realista è il Vangelo, che non promette il Paradiso senza la Croce.  La voce del Papa quindi insegna a diffidare e a mantenere alto il nostro senso critico verso coloro che ai popoli, stanchi per le più diverse ragioni, offrono subito ricette semplificate di riscatto. In genere esse si risolvono in ricette di disastri.

In un’Europa che sta progressivamente invecchiando Papa Francesco più volte ha evidenziato il drastico calo della natalità. È necessaria una pastorale più vicina ai bisogni delle famiglie?

Sì. Credo che per contrastare il drammatico calo della natalità siano necessarie e urgenti una serie di azioni da parte di soggetti distinti. La Chiesa, gli Stati, le organizzazioni intermedie dovrebbero tutti prendere coscienza dell’importanza, oserei dire “vitale”, di questo tema ed intervenire con una serie di misure, se possibile ben coordinate. Pensando alla pastorale, certo va programmata un’azione che sappia attentamente ascoltare le famiglie per individuare i loro reali bisogni e dare loro aiuto, incidendo nella concretezza della loro vita, in modo da togliere diversi ostacoli all’accoglienza generosa della vita nascente. Ma mi lasci dire però, che la migliore pastorale sarebbe quella che riuscisse ad inculcare nei cuori e nelle menti delle persone la speranza. Senza la speranza, senza il convincimento profondo dell’aiuto della Provvidenza nelle nostre vite, senza questa apertura all’aiuto che viene da Dio, ogni difficoltà, pur reale, risulterà ingigantita e le pulsioni egoistiche avranno maggiormente il campo libero per imporsi. 

Il Vecchio Continente sembra aver smarrito la propria identità, le proprie radici. Di cosa ha bisogno, secondo lei e come la Santa Sede si sente interrogata da queste sfide?

È indubitabile che la civiltà europea affondi le sue radici nella cultura greco-romana e che sia debitrice per i suoi valori alla tradizione giudeo-cristiana. Il cristianesimo in particolare ha ridisegnato lungo i secoli in profondità il panorama europeo. Ne sono prova le cattedrali, le università, l’arte, lo sviluppo delle sue istituzioni e mille altri aspetti che hanno, per così dire, fatto l’Europa come noi la conosciamo. Diciamo che, rispetto a tutto questo, si è preferito nella Costituzione europea non esplicitare questi forti legami con l’eredità culturale e religiosa del passato, ritenendo che essi fossero comunque divisivi o che con tale riconoscimento queste radici sarebbero potute diventare ingombranti e intralciare nuovi sviluppi. L’esito di questa scelta è l’acuirsi di un certo smarrimento che non è di aiuto nella costruzione europea. Essa infatti, per trovare la forza di un nuovo scatto che le faccia raggiungere nuove ed importanti mete, superando i sempre rinascenti egoismi, ha un gran bisogno di riscoprire le sue radici. Se essa intende essere nel mondo odierno una voce ascoltata ed autorevole e se vuole superare logoranti impasse, ha bisogno di riscoprire la grandezza dei valori che l’hanno ispirata, valori ben presenti ai fondatori dell’Europa moderna. La Santa Sede può accompagnare i popoli europei in questa fase delicata, esortandoli a proseguire con fiducia il loro cammino e a non avere paura di mantenere un forte legame con i valori che hanno ispirato la vita e la società europee. In questo modo l’Europa troverà un nuovo slancio ideale che la metterà nella condizione di affrontare le complicate sfide di questi anni.

 Quale il suo augurio per questo viaggio?

Mi auguro che questo viaggio del Papa in Lussemburgo ed in Belgio sia come una scintilla che accenda una più grande luce. Una scintilla che aiuti a far emergere tutte le potenzialità di bene che sono presenti nella Chiesa e nella società, una luce che infonda coraggio a chi sembra rassegnarsi alla decadenza. Spero ed auspico che la visita del Papa sia l’occasione per una approfondita riflessione sull’Europa e sul modo di essere Chiesa nell’Europa di oggi. Auspico sia un momento nel quale credenti e non credenti abbiano l’opportunità di ascoltare la parola del Successore di San Pietro e di confrontare il loro modo di essere e di agire nel mondo con la proposta che proviene dal Vangelo.

di Massimiliano Menichetti


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