L’entusiasmo della comunità cattolica in Belgio
Papa Francesco arriva sul suolo belga, un Paese che ha già visitato molto prima della sua elezione al Soglio pontificio. Ma la popolazione che viene a incontrare ora è molto diversa da quella che ha conosciuto. È cosmopolita, e il Paese è uno dei più secolarizzati al mondo. È questa società che lo attende, in particolare durante la visita alle due università cattoliche di Leuven e Louvain-la-Neuve in occasione del loro 600° anniversario. Viene però anche per incontrare e incoraggiare una Chiesa in piena trasformazione. Da attore forte e dominante della società, la Chiesa si scopre ora più umile, ma al contempo sempre più missionaria.
L’arcidiocesi di Malines-Bruxelles, che ospita i diversi eventi della visita papale, rispecchia la diversità di un Paese in cui, secondo uno studio recente, circa il 50 per cento della popolazione si dichiara cattolico, sebbene la pratica domenicale sia notevolmente inferiore. Questa diocesi bilingue, con un’alta densità di popolazione, di fatto si estende sulle tre regioni del Paese: Bruxelles, Fiandre e Vallonia.
Questa diversità è rispecchiata anche dalla sua popolazione. Bruxelles, in particolare, è una delle città più cosmopolite d’Europa ed è fortemente segnata dalla presenza delle istituzioni europee. La società è ormai caratterizzata dal pluralismo, con una forte presenza di persone di fede musulmana. Ma la presenza dei cristiani provenienti da altri Paesi conferisce nuova vitalità anche alle nostre comunità. Un nuovo volto di Chiesa si delinea e rende una bella testimonianza del modo in cui culture e persone di origine diverse possono vivere insieme attorno a Cristo e stringere legami di fratellanza.
La situazione della Chiesa in Belgio presenta delle analogie con quella di altri Paesi occidentali. Le nostre regioni sono state profondamente segnate dal cristianesimo, che si è radicato nelle nostre città e nelle nostre campagne, nelle nostre scuole e nei nostri ospedali. Ha segnato profondamente la nostra cultura, talvolta confondendosi con essa. Ma, da diversi decenni, molte persone, e la collettività nel suo insieme, hanno preso le distanze dalla religione. Ciò è certamente dovuto a profondi cambiamenti sociali, in particolare alla crescita dell’individualismo e del consumismo.
È altresì legato ai gravi crimini che alcuni hanno commesso all’interno della Chiesa. Nella società l’immagine di quest’ultima è ancora segnata dal dramma delle violenze sessuali commesse da alcuni sacerdoti e religiosi su minori e dalla cultura dell’omertà che, troppo spesso, è riuscita a insediarsi nella nostra Chiesa. Negli ultimi venticinque anni la situazione è cambiata, ma dobbiamo essere sempre più vigili in questo campo, mettendoci all’ascolto delle vittime e collaborando con i poteri pubblici. La visita del Santo Padre in Belgio suscita grandi aspettative a tale riguardo.
Un rinnovamento missionario
Il pluralismo e la secolarizzazione della nostra società richiedono una conversione missionaria. Il cardinale Josef De Kesel, il mio predecessore, ha ben descritto la situazione nel suo libro Cristiani in un mondo che non lo è più. La religione cattolica non è più dominante, ma il fuoco missionario non si è spento. Al contrario, stiamo riscoprendo che la prima missione della Chiesa è l’annuncio del Vangelo. La Chiesa in Belgio in passato ha inviato un gran numero di missionari in tutto il mondo. Oggi scopre che la missione è anche a casa sua.
L’annuncio del Vangelo passa attraverso comunità vive e raggianti, dove quanti si avvicinano possono assaporare la misericordia di Dio. Ciò è possibile grazie a cristiani attenti agli altri, accoglienti. E grazie anche a luoghi di ascolto e alla rivalorizzazione del sacramento della riconciliazione. Il primo strumento di evangelizzazione è manifestare la bontà di Cristo. San Charles de Foucauld parlava di “apostolato della bontà”.
Certo, i nostri mezzi sono più limitati. Dobbiamo accettare di vedere il numero delle nostre opere o delle nostre parrocchie diminuire e cercare di accompagnare al meglio questa transizione, evitando decisioni amministrative rigide e poco rispettose delle persone. Ma, come ci mostra l’esperienza, le comunità si rinnovano e nuovi poli missionari stanno nascendo. La vita fraterna e la solidarietà, soprattutto con le persone più ferite e i migranti, stanno diventando realtà (non è d’altronde unendo le azioni alle parole che risponderemo meglio all’individualismo dilagante?). La bellezza della liturgia, senza cercare il lusso o l’ostentazione, è a sua volta un elemento essenziale per l’evangelizzazione. E l’accoglienza dei catecumeni (in costante aumento nel nostro Paese) si realizza attraverso un accompagnamento e un’iniziazione attenti.
Un’altra sfida è il numero molto basso di vocazioni sacerdotali o religiose. È anche vero che possiamo rallegrarci delle maggiori responsabilità affidate ai battezzati, e in particolare alle donne. Ciò esige però una riflessione seria sul ruolo indispensabile del ministero ordinato, come pure sull’approfondimento della sinodalità. Del resto, ben prima che iniziasse l’attuale Sinodo, la sinodalità si era già aperta un cammino tra noi, favorendo nelle nostre diocesi l’ascolto, il discernimento e la corresponsabilità. Incoraggiati da Papa Francesco, dobbiamo comunque proseguire su tale cammino. Il che implica anche un investimento importante nella formazione di tutti i battezzati e dei ministri della Chiesa. A questi ultimi bisogna altresì assicurare un accompagnamento di qualità, sia umano che spirituale.
Ma non tutto può essere pianificato. Fortunatamente, lo Spirito può anche sorprenderci, come vediamo attraverso i percorsi spesso inattesi che conducono catecumeni alla fede o giovani a bussare alle porte delle nostre chiese. L’arrivo di Papa Francesco in Belgio sta suscitando grande entusiasmo, al punto che non è possibile accogliere nei diversi luoghi della sua visita tutti quelli che lo vorrebbero. Non è che, anche in questo caso, lo Spirito verrà a sorprenderci?
di Luc Terlinden
Arcivescovo di Mechelen-Brussel