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Progetto Nagasaki

Doves fly during a ceremony marking the 75th anniversary of the atomic bombing of Nagasaki, at the ...
07 agosto 2025

di Paolo Affatato

Jacobo Hitoshi Kataoka, oggi frate minore, aveva nove anni e aveva appena finito di confessarsi nella chiesa di Urakami, a Nagasaki, quando la bomba atomica esplose, il 9 agosto 1945. Oggi porta la sua esperienza di sopravvissuto alla violenza delle armi nucleari e soprattutto all’odio predicando la pace, la relazione con Dio che guarisce le ferite, la fraternità. È una delle modalità con cui, dalla città di Nagasaki, s’irradia nel mondo intero un messaggio di pace nel nome di Francesco di Assisi, un santo che riesce ancora a scuotere le coscienze dell’umanità, spintasi su sentieri bellicisti, a tutte le latitudini. È questo l’obiettivo del “Progetto Nagasaki”, lanciato dai frati minori nel Paese del Sol Levante: si tratta di una fraternità francescana internazionale ideata già quindici anni fa con la missione precipua di essere un segno e una testimonianza vivente di pace e di riconciliazione. L’idea fu lanciata dall’allora ministro generale José Rodríguez Carballo OFM quando visitò Nagasaki nel settembre 2010. L’esperienza del luogo gli ispirò il sogno di una comunità formata da frati di diverse nazionalità e lingue con sede a Nagasaki, il luogo in cui, il 9 agosto 1945, venne sganciata la seconda bomba atomica.

Inoltre, nei secoli precedenti Nagasaki era stata luogo di persecuzione e di martirio e lì i cristiani sigillarono la loro fedeltà a Cristo sacrificando la vita, come i ventisei martiri del Giappone nel 1597: tra loro vi sono alcuni missionari francescani come Pedro Bautista e compagni. La provincia francescana dei santi martiri del Giappone ha aderito alla proposta di ospitare la comunità internazionale e nel 2018 i primi due frati francescani, fra Francis Furusato della provincia giapponese e fra Antonio Kim della Provincia coreana — anche questa scelta fu significativa, dati i rapporti storicamente ostili tra le due nazioni asiatiche — hanno avviato ufficialmente il “Progetto Nagasaki”.

Con l’arrivo di frati da altre nazioni, è iniziato il servizio dei francescani nella parrocchia, nella scuola materna, nella sensibilizzazione culturale e spirituale, con una vita fraterna fatta di contemplazione e predicazione del Vangelo della pace. Oggi, a ottant’anni da quel tragico evento, i francescani sostengono la campagna per la messa al bando delle armi nucleari e collaborano con altre realtà ecclesiali e sociali con cui ritrovano un terreno comune nel predicare “una pace disarmata e disarmante”, secondo le parole di Papa Leone XIV. Lo fanno condividendo, anche con i non cristiani, la vita, gli scritti e le preghiere di San Francesco di Assisi, uomo di pace, attraverso conferenze, ritiri e incontri. Questo anelito oggi va anche sui social media, dove è stato creato l’account Facebook “Nagasaki Franciscan”, uno spazio per comunicare la missione del Progetto Nagasaki.

Nella città esiste, poi, un altro segno potente che, già nella sua esistenza, porta il messaggio francescano di pace. Su una collina nel distretto di Hongouchi, nella prefettura di Nagasaki, un edificio resistette miracolosamente allo scoppio del 9 agosto: un convento francescano fondato da fra Massimiliano Kolbe, che era arrivato in Gieppone nel 1930 sentendosi chiamato a espandere la missione verso Est. Avuto il permesso dal vescovo di Nagasaki, Kolbe acquistò un terreno sulle pendici del Monte Hikosan, poco fuori città. Il convento, chiamato “Mugensai no Sono” (“Il Giardino dell'Immacolata”), divenne il quartier generale dell'opera missionaria di Kolbe nell’Asia orientale. Qui il frate lanciò una versione in lingua giapponese della rivista “MI” (Milizia dell’Immacolata) chiamata “Seibo no Kishi”, e intorno a quell’apostolato editoriale si formò una piccola comunità religiosa. Nel 1939, quando scoppiò la seconda guerra mondiale, padre Kolbe, a causa del peggioramento della sua salute, dovette tornare dal Giappone alla sua nativa Polonia, ma continuò a sostenere i suoi confratelli giapponesi. E nel 1945, mentre gran parte di Nagasaki venne cancellata dall’atomica, il convento di Mugensai no. Rimase intatto grazie alla sua posizione dietro una cresta montuosa che lo protesse dall’impatto diretto dell’esplosione. Oggi quel monastero — al cui interno i frati conventuali hanno allestito un piccolo museo sull’opera di Massimiliano Kolbe in Giappone — continua a irradiare un messaggio di fraternità e di pace, ospitando la versione giapponese della rivista "Milizia dell’Immacolata" e accogliendo pellegrini da ogni parte del mondo 

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