Francesco è tornato a Santa Marta

di Salvatore Cernuzio
«Grazie a tutti!». Eccolo il Papa, eccolo riapparire ai tremila fedeli riuniti dalla mattina di domenica 23 marzo nel piazzale del Policlinico Gemelli, che nei 38 giorni del ricovero ha visto una catena ininterrotta di preghiere per la sua guarigione. Poche parole dal balconcino del quinto piano, il volto provato, le mani sulle ginocchia che si sono alzate per benedire e tirare su i pollici. Un accenno di sorriso nel vedere e sentire la folla che grida: «Francesco, Francesco!», «ti vogliamo bene!», «siamo qui per te!».
«Grazie a tutti!», scandisce il Papa con voce flebile. Era previsto un gesto di saluto poco dopo mezzogiorno, ma Francesco ha voluto farsi ascoltare oltre che vedere. Lo sguardo è andato da una parte all’altra del piazzale; poi, come è tipico di lui, si è concentrato su un particolare: la signora Carmela Mancuso, 78 anni, calabrese, in prima fila diretta verso il balconcino, con in mano un mazzo di fiori gialli. È partita dalla stazione di San Pietro per recarsi al Gemelli. Lo ha fatto quasi ogni giorno da oltre un mese, ma lo aveva fatto anche tante volte durante le udienze generali del mercoledì.
«E vedo questa signora con i fiori gialli! È brava!», dice il Pontefice. Un applauso, un coro di «W il Papa!». La stessa Carmela che piega la testa verso il basso, tirata giù dal peso delle lacrime. «Non so che dire. Grazie, grazie, grazie, al Signore e al Santo Padre. Non pensavo di essere così “vista”», commenta subito dopo ai media vaticani. «Doveva dare la benedizione e invece ha visto il mio fascio di rose. Gli auguro di guarire subito e tornare come prima tra noi».
È l’augurio che esprimono infermiere, medici, studenti dell’Università Cattolica riuniti nel cortile. C’è il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri; ci sono fedeli di diverse nazionalità e c’è la Cooperativa Auxilium, che ha innalzato prima di mezzogiorno un grande cartellone con le bandiere di tutto il mondo e un appello per la pace. C’è un uomo che il giorno prima aveva compiuto 75 anni, il quale esibisce un cartello in cui affida Francesco alla intercessione del suo predecessore Giovanni Paolo ii. E c’è un gruppo che da piazza San Pietro ha imbracciato la croce del Giubileo — quella che viene usata per i pellegrinaggi verso la Porta Santa — ed è arrivata fino all’ospedale romano: «È importante essere qui». Ci sono Emanuela e Adam, con i loro tre figli, che dopo la messa «qui vicino» hanno voluto portare i bambini a salutare Francesco: «Abbiamo pregato ogni giorno a tavola per lui, era giusto che lo vedessero», dice il papà.
Poi c’è lei, suor Geneviéve Jeanningros, la religiosa angelo del Luna Park di Ostia, impegnata per la pastorale di rom e sinti, ma anche di omosessuali e persone transgender. Una vecchia conoscenza del Papa (la «enfant terrible», la chiama lui) che va a salutare ogni mercoledì all’udienza in piazza San Pietro o in Aula Paolo vi. «Non vedevo l’ora che Francesco si facesse vedere e uscisse», commenta ai media vaticani. «Non ce la facevamo più. Gli facciamo tanti auguri. Auguri buoni!».
Subito dopo che il Pontefice ha lasciato il balconcino, la folla si è spostata verso l’ingresso del Gemelli per catturarne l’uscita nella consueta e ormai nota Fiat 500L bianca. Ancora saluti e cori hanno accompagnato il passaggio del Papa in auto. La direzione è Santa Maria Maggiore, la basilica che mai una volta — dopo un viaggio internazionale o una operazione e un ricovero — Jorge Mario Bergoglio ha mancato di visitare per pregare la Salus Populi Romani e ringraziarla per la sua protezione. Il Papa ha consegnato dei fiori al cardinale Rolandas Makrickas, arciprete coadiutore della basilica Liberiana, da porre ai piedi dell’icona mariana. È il mazzo donato dalla signora Carmela.
Da Santa Maria Maggiore a Santa Marta, il Papa fa il suo ingresso al Perugino salutando i militari lì di presidio, la gente del vicinato, tra cui una donna col suo cane bianco, con la quale scambia alcune parole, e Piero Di Domenicantonio, coordinatore del mensile «L’Osservatore di Strada», che gli consegna una copia del giornale dell’amicizia sociale e della fraternità.
Prima di affacciarsi dal balcone dell’ospedale, Papa Francesco aveva voluto salutare brevemente in mattinata il personale e i vertici dell’Università Cattolica e della Fondazione Policlinico Gemelli, i quali si sono poi spostati, poco prima delle 12, nel piazzale. Gioia e devozione le esprime la rettrice dell’ateneo Elena Beccalli a nome di tutta la comunità del Gemelli che in una nota scrive al Pontefice: «Molte persone malate si sono rispecchiate in una sofferenza che Papa Francesco ha voluto condividere e non nascondere, a conferma della profonda umanità che contraddistingue tutto il suo Magistero».
«Se davvero la Chiesa è chiamata a essere ospedale da campo, come ha detto Papa Francesco, il Policlinico Gemelli e la Facoltà di Medicina e Chirurgia ad esso collegata non possono che rallegrarsi per aver potuto dare il proprio contributo alla guarigione del Santo Padre», afferma Beccalli.
Da qui, un sentito grazie a tutti i medici e gli infermieri che «hanno espresso in maniera esemplare la loro professionalità, dedizione ed umanità, nel segno di quella vocazione alla cura appassionatamente descritta dallo stesso Papa Francesco».
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