Tacciano le armi!
Con un richiamo forte e sentito alla pace e alla speranza, il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, legato pontificio in Giordania, ha presieduto stamani, 10 gennaio, la messa per la consacrazione della nuova chiesa del Battesimo di Gesù, situata sul fiume Giordano (Al-Maghtas), nel luogo in cui Giovanni Battista battezzò il Figlio di Dio.
Nella sua omelia — pronunciata in lingua araba da un lettore — il porporato ha sottolineato come la propria presenza odierna nel Paese, voluta dal Papa, rappresenti «un segno tangibile della vicinanza di tutta la Chiesa alle comunità cristiane del Medio Oriente». Una prossimità — ha aggiunto — espressa «in molti modi in questi ultimi mesi, mesi dolorosi e di guerra, soprattutto attraverso le parole di Francesco».
Al riguardo, il segretario di Stato ha fatto riferimento alla lettera che il Pontefice ha inviato ai cattolici del Medio Oriente il 7 ottobre 2024 e nella quale ha messo in luce la loro vocazione ad «essere un seme di speranza, un seme piccolo, un seme circondato dal buio, ma un seme che porta frutto». Per questo, il cardinale Parolin ha esortato tutti a «non lasciarsi vincere dalle gravi difficoltà di questo momento, nella fiducia che Dio governa la storia degli uomini, anche se questa porta i segni della violenza, del peccato e della morte».
Pur nella consapevolezza dell’attuale momento storico che la regione sta vivendo, tra tanti «sconvolgimenti seri», il porporato ha al contempo ribadito l’importanza che «anche i cristiani possano dare il loro contributo a una società giusta e pacifica». Di qui, il suo sguardo si è rivolto «al di là del Giordano» e guardando in quella direzione che Parolin ha chiesto «che tacciano le armi, che si liberino prigionieri ed ostaggi, che sia garantito il diritto umanitario, che il cuore dei responsabili delle nazioni si lasci convincere a cercare la pace e la convivenza tra i popoli». Perché, ha rimarcato, «non deve essere la violenza a determinare il nostro futuro!».
Soffermandosi, poi, sulla specificità geografica del sito del Battesimo di Gesù, che rappresenta «il luogo più basso della terra», nel quale si avverte «tutta la sofferenza dei conflitti e della disumanità e del peccato», il legato pontificio ha affermato che tuttavia è proprio da questo luogo in cui «si è aperto il cielo» che viene invocato «il dono della pace, quella vera, che nasce nei cuori e si diffonde in tutto il tessuto sociale».
Il porporato ha ricordato anche alcune tappe fondamentali per la costruzione del nuovo tempio: l’identificazione del luogo del Battesimo di Gesù, avvenuta negli anni ’90 del secolo scorso per opera del francescano archeologo Michele Piccirillo; il 25° anniversario del sito come «luogo di pellegrinaggio» e la benedizione della prima pietra, avvenuta per mano di Benedetto xvi nel corso della sua visita in Terra Santa nel 2009. Perciò, ha aggiunto il cardinale Parolin, bisogna rendere grazie a Dio non solo per la nuova chiesa, ma anche per il suo essersi «fatto uomo ed essere passato in mezzo a noi, proprio in questa regione della terra, in questa Terra Santa».
«Siamo cristiani perché siamo battezzati — ha aggiunto il segretario di Stato —. Nel Battesimo il dono dello Spirito santo ci purifica dal male, ci fa figli di Dio, ci trasforma interiormente, ci permette di avere in noi la vita di Dio. Il nostro Battesimo è in noi l’inizio della vita immortale. Anche per i Padri della Chiesa, proprio il passaggio del popolo eletto attraverso il Giordano è simbolo del nostro passaggio alla vita eterna attraverso l’acqua del battesimo».
In quest’ottica, il porporato ha auspicato che il nuovo santuario possa divenire «un luogo privilegiato per ogni fedele per rinnovare il proprio battesimo, la propria adesione a Cristo morto e risorto, non solo con le parole, ma con tutta la vita». Il pensiero del celerante è andato quindi al Giubileo della speranza, appena iniziato: «Un anno di perdono e di misericordia — ha osservato —, è occasione propizia per il pellegrinaggio» alla nuova chiesa.
Infine, ha ringraziato, anche a nome di Papa Bergoglio, la Casa reale, specialmente il re Abdullah ii , e il governo della Giordania «per la cura» che hanno avuto per il sito del Battesimo sin dalla sua identificazione. «Insieme a questo, altri posti nel Regno hashemita testimoniano la presenza di Cristo e della prima Chiesa e di essi sarà oggetto la mostra che a febbraio si svolgerà in Vaticano — ha ricordato inoltre il cardinale Parolin —; così si esprime il legame profondo tra la Giordania e la Santa Sede». Un ulteriore ringraziamento lo ha espresso al benefattore Nadim Muasher, il cui contributo è stato fondamentale per il completamento della nuova chiesa, così come ai Padri del Verbo Incarnato che se ne prendono cura.
La mostra ricordata dal cardinale Parolin è intitolata Giordania: l’alba del cristianesimo. Organizzata dal ministero del Turismo e delle antichità e dall’Ente del turismo della Giordania, essa coincide con il 30° anniversario delle relazioni diplomatiche tra Giordania e Santa Sede e con l’anniversario della visita di san Paolo vi nel 1964 nel Paese mediorientale. Saranno esposti oltre 80 reperti che risalgono al i secolo d. C. e che attraversano l’epoca bizantina, islamica e hashemita.
Il patriarca Pizzaballa all'inizio della celebrazione
di Isabella Piro