· Città del Vaticano ·

28 aprile 2024 - Papa Francesco a Venezia
L’incontro con le detenute della Giudecca

Non togliere la dignità
ma dare nuove possibilità

 Non togliere la dignità ma dare nuove possibilità  QUO-097
29 aprile 2024

Alle 6.32 di domenica mattina, 28 aprile, Papa Francesco è partito in elicottero dall’eliporto Vaticano per recarsi in visita pastorale a Venezia. All’arrivo in Laguna, alle 7.55, dopo l’atterraggio nel piazzale interno della Casa di Reclusione femminile della Giudecca, il Pontefice — alla presenza di monsignor Leonardo Sapienza, reggente della Prefettura della Casa Pontificia — è stato accolto dal patriarca Francesco Moraglia, dal ministro della Giustizia italiano Carlo Nordio, da tre donne dell’Amministrazione penitenziaria: Rosella Santoro, procuratore; Mariagrazia Felicita Bregoli, direttrice della struttura; e Lara Boco, comandante della Polizia penitenziaria. Incontrando le detenute, alla presenza anche del personale amministrativo, di agenti di custodia e alcuni volontari, il vescovo di Roma ha pronunciato il seguente discorso.

Care sorelle, cari fratelli!
Tutti siamo fratelli, tutti, e nessuno può rinnegare l’altro, nessuno!

Saluto con affetto tutti, e specialmente voi sorelle, detenute della Casa di Reclusione della Giudecca. Ho desiderato incontrarvi all’inizio della mia visita a Venezia per dirvi che avete un posto speciale nel mio cuore.

Vorrei, perciò, che vivessimo questo momento non tanto come una “visita ufficiale”, quanto come un incontro in cui, per grazia di Dio, ci doniamo a vicenda tempo, preghiera, vicinanza e affetto fraterno. Oggi tutti usciremo più ricchi da questo cortile — forse chi uscirà più ricco sarò io —, e il bene che ci scambieremo sarà prezioso.

È il Signore che ci vuole insieme in questo momento, arrivati per vie diverse, alcune molto dolorose, anche a causa di errori di cui, in vari modi, ogni persona porta ferite e cicatrici, ogni persona porta delle cicatrici. E Dio ci vuole insieme perché sa che ognuno di noi, qui, oggi, ha qualcosa di unico da dare e da ricevere, e che tutti ne abbiamo bisogno. Ognuno di noi ha la propria singolarità, ha un dono e questo è per offrirlo, per condividerlo.

Il carcere è una realtà dura, e problemi come il sovraffollamento, la carenza di strutture e di risorse, gli episodi di violenza, vi generano tanta sofferenza. Però può anche diventare un luogo di rinascita, rinascita morale e materiale, in cui la dignità di donne e uomini non è “messa in isolamento”, ma promossa attraverso il rispetto reciproco e la cura di talenti e capacità, magari rimaste sopite o imprigionate dalle vicende della vita, ma che possono riemergere per il bene di tutti e che meritano attenzione e fiducia. Nessuno toglie la dignità di una persona, nessuno!

Allora, paradossalmente, la permanenza in una casa di reclusione può segnare l’inizio di qualcosa di nuovo, attraverso la riscoperta di bellezze insospettate in noi e negli altri, come simboleggia l’evento artistico che state ospitando e al cui progetto contribuite attivamente; può diventare come un cantiere di ricostruzione, in cui guardare e valutare con coraggio la propria vita, rimuoverne ciò che non serve, che è di ingombro, dannoso o pericoloso, elaborare un progetto, e poi ripartire scavando fondamenta e tornando, alla luce delle esperienze fatte, a mettere mattone su mattone, insieme, con determinazione. Per questo è fondamentale che anche il sistema carcerario offra ai detenuti e alle detenute strumenti e spazi di crescita umana, di crescita spirituale, culturale e professionale, creando le premesse per un loro sano reinserimento. Per favore, non “isolare la dignità”, non isolare la dignità ma dare nuove possibilità!

Non dimentichiamo che tutti abbiamo errori di cui farci perdonare e ferite da curare, io anche, e che tutti possiamo diventare guariti che portano guarigione, perdonati che portano perdono, rinati che portano rinascita.

Cari amici e amiche, rinnoviamo oggi, io e voi, insieme, la nostra fiducia nel futuro: non chiudere la finestra, per favore, sempre guardare l’orizzonte, sempre guardare il futuro, con la speranza. A me piace pensare la speranza come un’ancora, sai, che è ancorata nel futuro, e noi abbiamo nelle mani la corda e andiamo avanti con la corda ancorata nel futuro. Proponiamoci di cominciare ogni giornata dicendo: “oggi è il momento adatto”, oggi, “oggi è il giorno giusto”, oggi (cfr. 2Cor 6, 2), “oggi ricomincio”, sempre, per tutta la vita!

Vi ringrazio di questo incontro e vi assicuro la mia preghiera per ognuna di voi. E voi pregate per me, ma a favore non contro!

E questo è il dono che vi lascio. Guardate, è un po’ la tenerezza della mamma, e questa tenerezza Maria l’ha con tutti noi, con tutti noi, è la madre della tenerezza. Grazie.

Dopo uno scambio di doni e il saluto rivoltogli da alcune detenute, il Papa si è così congedato:

E adesso mi cacciano via! Grazie, grazie tante, vi ricorderò! E avanti e coraggio, non mollare, coraggio e avanti!


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