· Città del Vaticano ·

A Palazzo Borromeo il convegno «Stato e Chiesa a 40 anni dalla firma del Concordato repubblicano»
L’intervento del cardinale Segretario di Stato Parolin, tra bilancio del passato e nuove prospettive per il futuro

La sfida di una laicità collaborativa

 La sfida di una laicità collaborativa  QUO-033
09 febbraio 2024

È urgente accettare la sfida di una laicità non ostile, ma collaborativa, sulla base di valori condivisi basati sulla responsabilità per i bisogni materiali e spirituali della persona. Lo ha sottolineato il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin parlando, giovedì 8 febbraio, a Palazzo Borromeo, sede dell’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede a Roma, al convegno promosso dalla Fondazione Craxi per celebrare l’anniversario della firma della revisione del Concordato del 1929 facente parte dei Patti Lateranensi.

Un’occasione preziosa, ha detto il segretario di Stato, per fare un bilancio di quarant’anni di storia, non solo italiana, e riflettere sulle prospettive future, sulla base di valori condivisi, nel riconoscimento della reciproca autonomia. Serve una peculiare forma di laicità, quella collaborazione fattiva e concreta in grado di portare vantaggio ai singoli e alla collettività.

Gli Accordi di Villa Madama visti “dall’alto”, ma anche da lontano, a quasi mezzo secolo di distanza, in un mondo profondamente cambiato, segnato da conflitti e problemi che a metà degli anni Ottanta del Novecento non potevano neanche essere immaginati. Per questo il panel di lavoro che aveva questo titolo, è stato seguito dalla tavola istituzionale «Oltre il Concordato». “Oltre” perché lo sguardo al passato della diplomazia non ha mai un intento puramente museale. «La speranza in soluzioni automatiche è molto meno forte di allora» ha osservato Giovanni Ursina (Luiss Guido Carli) moderatore della sessione che ha concluso la giornata di studi, ricordando la temperie culturale del 1984, il post Sessantotto, la crisi della politica che prende avvio negli anni Settanta, la speranza nell’efficacia del multilateralismo nel risolvere le controversie internazionali, oggi molto più scarsa di allora.

Ursina ha citato un discorso tenuto da Tony Blair ventiquattro anni fa a Tubinga: fede e ragione non si oppongono ma sono partner, le religioni possono essere un fattore importante nella promozione della pace.

La comunità globale può essere vista come un arazzo, i fili individuali formano una immagine unitaria. Temi validi anche adesso, in un mondo dove il processo di secolarizzazione è ancora più accelerato, le strutture istituzionali sono messe sotto pressione da processi sempre più vasti, gli Stati sono più vincolati a entità sovranazionali, la politica è sempre più volatile e frammentata.

Il cardinale Parolin, intervenuto all’inizio della tavola rotonda pomeridiana, ha ricordato le molteplici ricadute positive dell’istituzione del finanziamento attraverso l’8 per mille, ribadendo l’impegno della Chiesa di usare queste somme a beneficio della collettività, per finanziare progetti che contrastano la povertà in tutte le sue forme. I vecchi e nuovi conflitti in corso, in tutto il mondo, chiedono una rinnovata assunzione di responsabilità, congiuntamente allo Stato italiano, sul tema della pace.

«Solo la pace è giusta», ha aggiunto Parolin, ricordando le «disumane sofferenze che interi popoli subiscono a causa della guerra». In particolare, il segretario di Stato ha ricordato le guerre in Ucraina, Palestina e Isreale, sottolineando l’importanza di un comune impegno per soluzioni giuste e realistiche dei conflitti.

La diplomazia e la politica devono mirare alla costruzione di una pace non fondata sull’equilibrio fragile della deterrenza, con basi più solide. Decisioni supportate da politiche per il lavoro adeguate, che non censurano il fenomeno globale delle migrazioni. L’immigrazione è un tema in agenda da trattare con urgenza, ha continuato il porporato, che non può essere rimosso o gestito con disimpegno con misure “parziali, riduttive e quindi inadeguate”, ma deve essere affrontato garantendo il rispetto della dignità della persona e le esigenze delle comunità locali.

In questo campo «può svilupparsi fruttuosamente il lavoro tra Chiesa e Stato». Il cardinale Parolin ha anche ricordato la necessità di adeguate politiche di sostegno alla famiglia, cellula base della convivenza umana. Politiche che non dimentichino il problema della denatalità, sintomo di una società ripiegata su se stessa. Infine, il pensiero è andato al Giubileo del 2025; il modello è quello del 2000, quando furono impegnate «le migliori risorse da ambo le parti» e il risultato fu molto positivo. «A meno di un anno — ha affermato il segretario di Stato — resto fiducioso dello stesso risultato lusinghiero».

Di dinamiche interne ed esterne alla Chiesa ha parlato l’arcivescovo Giuseppe Baturi, segretario generale della Cei, intervenendo durante la sessione dedicata agli Accordi di Villa Madama. «Il radicale cambiamento del sistema di finanziamento per la Chiesa – ha proseguito Baturi — emerse nell’ultima fase della trattativa, quando la proposta incontrò l’incoraggiamento lungimirante dell’allora presidente della Cei» il cardinale Ballestrero. «Saranno proprio le funzioni normative e le specifiche attribuzioni conferite nell’Accordo che porteranno la Cei l’anno dopo a dotarsi di un nuovo statuto», ha ricordato il segretario generale della Conferenza episcopale italiana, che da allora viene dotata «in ambito canonico di una competenza di carattere generale a trattare con le autorità civili le questioni di carattere nazionale che interessano le relazioni tra la Chiesa e lo Stato in Italia». (silvia guidi)


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