· Città del Vaticano ·

A Dubai approvato l’accordo sul transito dai combustibili fossili, definito «storico» da alcuni Paesi.
Ma per altri si poteva fare di più

Cop28
Cambio di passo

FILE PHOTO: Local resident Tarusila Boseiwaqa walks along a sea wall  at Serua Village, Fiji, July ...
13 dicembre 2023

Dubai , 13. I lanci di agenzia arrivano poco dopo le 8 ora italiana: la cop 28, la Conferenza delle parti sul clima svoltasi a Dubai, ha approvato l’accordo — il cosiddetto global stocktake — che chiede di «transitare fuori dai combustibili fossili» e di accelerare «l’azione in questo decennio critico». È la prima volta che accade in un contesto globale. Un buon risultato, dunque, anche se nel testo definitivo dell’intesa non compare la dicitura (presente in una bozza precedente e auspicata da molti), del phase out, cioè dell’eliminazione graduale dei combustibili fossili.

Il presidente della cop 28, Sultan Al Jaber, parla di un’intesa «storica», così come i Paesi arabi che riferiscono di un «grande successo». Plauso arriva anche dal presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, secondo cui «l’accordo segna l’inizio dell’era post-fossile». Le fa eco il Commissario Ue al clima, Wopke Hoekstra che dice: «L’umanità ha speso trent’anni per arrivare all’inizio della fine dei combustibili fossili» e ora «ha messo un ponte e superato le divisioni».

Meno soddisfatto, invece, sembra essere António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite: «L’uscita dai combustibili fossili è inevitabile. Speriamo che non arrivi troppo tardi. Il mondo non può permettersi indecisioni o mezze misure», dichiara.

A livello dei singoli Paesi, si riscontrano posizioni più o meno ottimiste: secondo il presidente francese, Emmanuel Macron, l’accordo di Dubai è «una tappa importante, una novità. Acceleriamo». Stessa riflessione anche per il presidente del governo spagnolo, Pedro Sánchez, che parla di «un’ottima notizia», mentre dall’Italia, attraverso il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto, arriva la sottolineatura di «un compromesso bilanciato e accettabile, il miglior risultato possibile» nel contesto delle tensioni internazionali che «pesano sul processo di transizione». A Roma fa eco Amsterdam che sottolinea: «Una maggiore ambizione è sempre preferibile, ma l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C rimane in vista».

I piccoli Stati insulari, invece, più minacciati dalle conseguenze del cambiamento climatico, esprimono preoccupazione per un’intesa ritenuta insufficiente. Anche l’Australia evidenzia che «il risultato raggiunto non si spinge così lontano come molti di noi chiedevano, a cominciare dai Paesi più vulnerabili — dichiara il ministro per il Clima, Chris Bowen —. Ma il messaggio è chiaro: tutte le nazioni del mondo riconoscono che il futuro è nell’energia pulita e che l’era dei combustibili fossili finirà».

Una chiamata alla responsabilità globale arriva dal Brasile e dalla Cina: entrambi esortano i Paesi più sviluppati a guidare la transizione energetica. Brasilia accompagna l’esortazione anche con un appello a fornire «i mezzi necessari» alle nazioni in via di sviluppo, mentre Pechino garantisce che darà il suo «contributo al processo contro il cambiamento climatico».

Infine, gli Stati Uniti — Paese principale produttore di gas serra, insieme alla Cina — ritengono che ci siano motivi «per essere ottimisti, per essere grati e per congratularsi» per l’accordo raggiunto.


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di Pierluigi Sassi