· Città del Vaticano ·

Diario da Dubai

Ora il mondo ha uno strumento contro la crisi

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13 dicembre 2023

«Il pacchetto approvato a cop28 è ambizioso e tiene conto di un processo di transizione giusta, ordinata ed equa, che peraltro riconosce alla tecnologia nucleare un valore strategico per il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050».

Così l’inviato italiano per il clima Francesco Corvaro commenta a caldo la votazione appena avvenuta ad Expo City di quel Global Stocktake che tanto ha fatto tremare il mondo nelle ultime 24 ore.

Proprio quando la partita delle fonti fossili sembrava ormai persa, la presidenza di Sultan Ahmed Al Jaber è riuscita a far approvare dall’assemblea un testo che, per quanto di forte compromesso, segna un passo avanti storico nella lotta al cambiamento climatico. Per la prima volta infatti una Conferenza delle parti giunge alla conclusione condivisa, a livello planetario, che la transizione energetica è urgente e deve approdare inevitabilmente all’eliminazione delle fonti fossili.

Siamo di fronte ad un passaggio decisivo senza il quale non ci sarebbe mai stata alcuna speranza di risolvere la crisi climatica. Su questo punto anche l’inviato presidenziale per il Clima degli Stati Uniti, John Kerry, non ha alcun dubbio: «Questo documento manda un messaggio molto forte al mondo e ci permette di affrontare finalmente il problema dei combustibili fossili».

Nelle prossime ore gli analisti di tutto il mondo metteranno bene in luce i limiti del compromesso raggiunto, che già a prima vista mostra chiaramente quale scappatoia sia stata offerta alle energie di transizione e in particolare al gas. Ma resta il fatto che fino a poche ore fa un risultato di questa importanza non era nemmeno immaginabile, e che oggi l’umanità dispone di uno strumento di lavoro molto concreto che pone come obiettivo comune la riduzione delle emissioni.

Dunque, per la prima volta in 28 conferenze delle parti è stato centrato il vero obiettivo di queste assemblee planetarie. Triplicare le energie rinnovabili e raddoppiare l’efficienza energetica entro il 2030; accelerare la riduzione del carbone; produrre energia in modo pulito entro il 2050; ridurre in modo sostanziale le emissioni di biossido di carbonio a partire da quelle di metano; eliminare gradualmente i sussidi alle fonti fossili; ridurre le emissioni derivanti dal trasporto stradale.

Sono queste le principali linee di azione indicate dall’accordo di Dubai che ha però nel suo cuore due elementi centrali capaci di spiegare meglio di tutti gli altri il compromesso raggiunto: il primo è «l’abbandono delle fonti fossili di energia entro il 2050» — che dà soddisfazione ai tanti Paesi fermamente schierati sul fronte delle energie pulite — e il secondo è il «riconoscimento che i combustibili transitori (leggi gas) possono svolgere un ruolo importante nel facilitare la transizione garantendo al tempo stesso la sicurezza energetica» — che offre un’importante contropartita ai paesi produttori di combustibili fossili.

Passare dalle parole ai fatti con un testo che lascia ancora tanto spazio all’interpretazione sarà la partita dei prossimi anni. Ma quella che abbiamo davanti è senza alcun dubbio una vittoria generale che afferma come dato acquisito, a livello globale, l’urgenza di uscire da questa grave crisi.

di Pierluigi Sassi