
«Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15, 13). Durante la seconda guerra mondiale la famiglia Ulma adottò proprio questo atteggiamento evangelico decidendo di nascondere otto ebrei. Józef e Wiktoria e i loro sette figli pagarono questa scelta con la vita il 24 marzo 1944.
Non hanno esitato ad aiutare otto persone di origine ebraica, tra cui Saul Goldman e i suoi quattro figli, Lea Didner con la figlia di cinque anni Reszla e Golda Grünfeld. A quel tempo, nella Polonia occupata — in base agli ordini della Germania nazista — tutti coloro che aiutavano e nascondevano gli ebrei erano minacciati con la pena di morte. Loro lo sapevano perché nella zona erano già stati uccisi alcuni polacchi che stavano aiutando gli ebrei. Non possiamo dimenticare che — dopo l’assassinio della famiglia Ulma e degli ebrei nel villaggio di Markowa — altre famiglie in questa località hanno salvato 21 persone di nazionalità ebraica.
Questo è accaduto quasi 80 anni fa, ma tragedie simili stanno accadendo anche nel nostro tempo e sotto i nostri occhi, durante la “terza guerra mondiale a pezzi”, come sottolinea Papa Francesco. Sembra che non abbiamo imparato nulla da questa storia.
Il sacrificio della famiglia Ulma dimostra che anche nell’abisso del male si può scegliere la via del buon Samaritano che viene in aiuto dell’uomo ferito. Józef e Wiktoria decisero di amare “sino alla fine”, guidati dalla fede cristiana che era parte essenziale della loro vita e che volevano trasmettere ai loro figli. Gli Ulma hanno dimostrato che la misura dell’amore è l’amore senza misura.
Gli Ulma incarnano la santità, che può essere un esempio per tutti. È la santità vissuta in modo semplice e comunitario, dove tutta la famiglia nella sua casa trasmette la fede.
La seconda Guerra mondiale ha portato allo sterminio di milioni di persone. Il ricordo di questi terribili eventi ci ispiri tutti ad operare per la giustizia e la pace. Ci spinga ad aiutare le persone oggi perseguitate che fuggono dalla guerra in vari Paesi del mondo.
Questa beatificazione ci renda più sensibili verso il prossimo bisognoso. Ci mobiliti ad andare con sollecitudine in soccorso di coloro che oggi sono nel bisogno materiale e spirituale, e specialmente di coloro la cui vita è minacciata.
di Stanisław Gądecki
Arcivescovo metropolita di Poznań, Presidente della Conferenza episcopale polacca
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