«Il meraviglioso lavoro

La testimonianza luminosa di un missionario italiano che settant’anni fa in Birmania, nonostante i pericoli di una guerra, è rimasto accanto alla sua gente fino al dono della sua stessa vita. E la sete di pace del Myanmar di oggi, da due anni in ginocchio per un nuovo sanguinoso conflitto. Sono stati i due elementi — tra loro strettamente collegati — che hanno scandito sabato 15 aprile, nell’Aula Paolo vi, l’incontro tra Papa Francesco e un folto gruppo di duemila pellegrini della diocesi di Crema, la terra natale del beato Alfredo Cremonesi, missionario del Pime morto martire in Myanmar e beatificato nella città lombarda il 19 ottobre 2019.
Guidato dal vescovo monsignor Daniele Gianotti, il pellegrinaggio è stato l’occasione per sottolineare la memoria viva di questo grande testimone del Vangelo e l’amicizia profonda tra la Chiesa di Crema e quella del Myanmar. A renderla visibile è state anche la presenza all’incontro del superiore generale del Pime, padre Ferruccio Brambillasca, accompagnato da un gruppo di seminaristi birmani che proprio a causa delle condizioni in cui il Paese si trova stanno proseguendo i loro studi in Italia nel seminario teologico dell’istituto a Monza.
Il Myanmar è «una terra tormentata che porto nel cuore e per la quale vi invito a pregare, implorando da Dio il dono della pace», ha detto Papa Francesco rivolgendosi ai pellegrini. Ma proprio i quasi trent’anni trascorsi da padre Cremonesi nell’allora Birmania fino alla sua morte violenta offrono uno sguardo di fede anche sulle ferite di oggi. «Colpisce — ha sottolineato il Pontefice — la tenacia con cui ha esercitato il suo ministero, donandosi senza calcoli e senza risparmio per il bene delle persone a lui affidate, credenti e non credenti, cattolici e non cattolici. Un uomo universale, per tutti. Ha esercitato la carità specialmente verso i più bisognosi — ha proseguito il Papa — ritrovandosi più volte senza nulla, costretto lui stesso a mendicare. Si è speso per l’educazione dei giovani e non si è lasciato intimidire né scoraggiare da incomprensioni e opposizioni violente, fino alla raffica di mitra che lo ha stroncato. Ma anche questa estrema violenza non ha fermato il suo spirito e non ha zittito la sua voce».
«Noi missionari non siamo davvero nulla — aveva scritto padre Cremonesi in una delle sue lettere —. Il nostro è il più misterioso e meraviglioso lavoro che sia dato all’uomo non di compiere, ma di vedere: scorgere delle anime che si convertono». Parole in cui Papa Francesco, rivolgendosi ai fedeli di Crema durante l’udienza, ha invitato a scorgere le caratteristiche importanti della missione in ogni contesto: «L’umile consapevolezza di essere un piccolo strumento nelle grandi mani di Dio — ha detto —, la gioia di svolgere un meraviglioso lavoro facendo incontrare fratelli e sorelle con Gesù, lo stupore davanti a quello che il Signore stesso opera in chi Lo incontra ed accoglie. Umiltà, gioia e stupore — ha concluso il Pontefice — tre bellissimi tratti del nostro apostolato, in ogni condizione e stato di vita».
di Giorgio Bernardelli