La testimonianza del beato Alfredo Cremonesi al centro dell’udienza del Papa alla diocesi di Crema

«Il meraviglioso lavoro
di vedere le anime
che si convertono»

 «Il meraviglioso lavoro di vedere le anime che si convertono»  QUO-092
20 aprile 2023

La testimonianza luminosa di un missionario italiano che settant’anni fa in Birmania, nonostante i pericoli di una guerra, è rimasto accanto alla sua gente fino al dono della sua stessa vita. E la sete di pace del Myanmar di oggi, da due anni in ginocchio per un nuovo sanguinoso conflitto. Sono stati i due elementi — tra loro strettamente collegati — che hanno scandito sabato 15 aprile, nell’Aula Paolo vi, l’incontro tra Papa Francesco e un folto gruppo di duemila pellegrini della diocesi di Crema, la terra natale del beato Alfredo Cremonesi, missionario del Pime morto martire in Myanmar e beatificato nella città lombarda il 19 ottobre 2019.

Guidato dal vescovo monsignor Daniele Gianotti, il pellegrinaggio è stato l’occasione per sottolineare la memoria viva di questo grande testimone del Vangelo e l’amicizia profonda tra la Chiesa di Crema e quella del Myanmar. A renderla visibile è state anche la presenza all’incontro del superiore generale del Pime, padre Ferruccio Brambillasca, accompagnato da un gruppo di seminaristi birmani che proprio a causa delle condizioni in cui il Paese si trova stanno proseguendo i loro studi in Italia nel seminario teologico dell’istituto a Monza.

Il Myanmar è «una terra tormentata che porto nel cuore e per la quale vi invito a pregare, implorando da Dio il dono della pace», ha detto Papa Francesco rivolgendosi ai pellegrini. Ma proprio i quasi trent’anni trascorsi da padre Cremonesi nell’allora Birmania fino alla sua morte violenta offrono uno sguardo di fede anche sulle ferite di oggi. «Colpisce — ha sottolineato il Pontefice — la tenacia con cui ha esercitato il suo ministero, donandosi senza calcoli e senza risparmio per il bene delle persone a lui affidate, credenti e non credenti, cattolici e non cattolici. Un uomo universale, per tutti. Ha esercitato la carità specialmente verso i più bisognosi — ha proseguito il Papa — ritrovandosi più volte senza nulla, costretto lui stesso a mendicare. Si è speso per l’educazione dei giovani e non si è lasciato intimidire né scoraggiare da incomprensioni e opposizioni violente, fino alla raffica di mitra che lo ha stroncato. Ma anche questa estrema violenza non ha fermato il suo spirito e non ha zittito la sua voce».

«Noi missionari non siamo davvero nulla — aveva scritto padre Cremonesi in una delle sue lettere —. Il nostro è il più misterioso e meraviglioso lavoro che sia dato all’uomo non di compiere, ma di vedere: scorgere delle anime che si convertono». Parole in cui Papa Francesco, rivolgendosi ai fedeli di Crema durante l’udienza, ha invitato a scorgere le caratteristiche importanti della missione in ogni contesto: «L’umile consapevolezza di essere un piccolo strumento nelle grandi mani di Dio — ha detto —, la gioia di svolgere un meraviglioso lavoro facendo incontrare fratelli e sorelle con Gesù, lo stupore davanti a quello che il Signore stesso opera in chi Lo incontra ed accoglie. Umiltà, gioia e stupore — ha concluso il Pontefice — tre bellissimi tratti del nostro apostolato, in ogni condizione e stato di vita».

di Giorgio Bernardelli