
Non è solo una crisi politica. È anche e soprattutto una crisi umanitaria quella che sta vivendo il Sudan da tre giorni a questa parte, a causa dei violenti scontri tra l’esercito e le forze paramilitari guidate da generali rivali. Nella capitale, Khartoum, comincia a scarseggiare il cibo e davanti ai panifici si snodano lunghe file di persone.
Save the children lancia l’allarme: «Il Paese sta affrontando la sua peggiore crisi umanitaria di sempre, con conflitti, disastri naturali, epidemie e degrado economico che hanno portato 15,8 milioni di persone, ovvero circa un terzo della popolazione e la metà dei bambini, ad avere bisogno di sostegno umanitario».
Parole che fanno eco a quelle di Martin Griffiths, coordinatore Onu degli aiuti di emergenza: «Il nuovo scontro non fa che aggravare una situazione già fragile, costringendo le agenzie delle Nazioni Unite e i nostri partner umanitari a chiudere temporaneamente molti dei nostri oltre 250 programmi in tutto il Sudan». Le conseguenze di questa sospensione sono facilmente immaginabili, ha aggiunto, «in un Paese in cui circa 4 milioni di bambini e donne in gravidanza e in allattamento sono gravemente malnutriti». Per questo, l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) chiede «una risoluzione pacifica», poiché la violenza ostacola «la risposta umanitaria» in tutto il Paese.