· Città del Vaticano ·

In dialogo
Concilio Vaticano II, Barth ed ecumenismo latinoamericano oggi

Sincerità dell’incontro

 Sincerità dell’incontro  QUO-045
24 febbraio 2021

Che incidenza continua ad avere oggi il concilio Vaticano ii sul movimento ecumenico mondiale e in particolare su quello latinoamericano? Qual è la situazione attuale del cammino interconfessionale tra cattolici ed evangelici nel continente del Papa? È importante rileggere alcune riflessioni di teologi riformati conciliari alla luce della crescita delle Chiese evangeliche in quel continente? In questo breve articolo, come presbitero protestante, cercherò di riflettere su tali interrogativi alla luce del libro Gespräche (K. Barth, 1964-1968, E. Busch, Zürich, Theologischer Verlag, 1997), che contiene una serie di riflessioni, dialoghi, interviste e conversazioni del teologo protestante Karl Barth contemporanee al concilio Vaticano ii. Quei documenti, che quando uscirono suscitarono clamore e persino controversie, oggi possono apparire profetici e di grande aiuto per rileggere e riorientare il ruolo dell’ecumenismo a partire da una prospettiva riformata nel “nuovo continente” o nel “continente della speranza”.

Possiamo dire — anche a rischio di semplificare troppo — che l’ecumenismo latinoamericano, in questi ultimi tempi, ha dato vita a due movimenti in costante e dinamica tensione. Da un lato, troviamo il lavoro delle Chiese riconosciute come “figlie dirette della riforma europea” che, in armonia con il Consiglio mondiale delle Chiese, hanno elaborato nel continente una dialettica e una prassi in sintonia con lo sguardo ecumenico del pontificato di Francesco. Barth, che non aveva potuto assistere come osservatore ufficiale al concilio per motivi di salute, ma aveva comunque seguito il suo svolgimento, in uno dei suoi documenti rifletté definendolo «un movimento inquietantemente forte. Sì, dico inquietante; ma potrei anche dire un movimento meravigliosamente forte […] volto alla parola del Vangelo». Allo stesso modo, nell’auspicare che il Consiglio ecumenico delle Chiese «potesse parlare come ha parlato Paolo vi », senza saperlo stava profeticamente anticipando il bel dialogo che sarebbe nato tra quel consiglio e Papa Francesco. Un Papa latinoamericano ed «ecumenicamente profeta nella sua terra» è stato un vento fresco che ha fatto sì che molte denominazioni protestanti issassero le loro vele nella stessa barca interconfessionale. Lo hanno fatto con lo sguardo volto all’ecologia, alla giustizia sociale, all’opzione preferenziale per i poveri e a un’ecclesiologia vicina al popolo sofferente della nostra patria grande. Il teologo protestante svizzero si soffermò sull’immagine nota della barca con Gesù all’inizio del racconto evangelico, osservando riguardo alle diverse confessioni cristiane che «si trovano tutte sulla stessa barca, salpando verso nuovi lidi».

Dall’altro lato, attualmente alcune Chiese evangeliche, in genere non ecumeniche, hanno scorto un’opportunità politica per concordare agende comuni su temi morali affini, in una sorta di ecumenismo senz’altro innovativo, ma più vicino a una cobelligeranza religiosa. Pur non escludendola direttamente, speriamo nel kairos della storia ecumenica latinoamericana che queste unioni in apparenza circostanziali rimuovano il dannoso concetto della competenza tradotta in proselitismo religioso. Appare allora fondamentale recuperare il documento di Barth, dove profeticamente affermò che «i cattolici devono essere buoni cattolici e gli evangelici buoni evangelici […] tutti partendo dallo stesso punto e perseguendo la stessa meta che è Gesù Cristo […] anelando e uscendo lentamente dall’illusione della divisione». È necessario riconoscere che tali principi di teologia morale, in base ai quali queste Chiese evangeliche hanno riscoperto quella cattolica come sorella lungo il cammino, non hanno avuto un’eco nella maggior parte delle altre. Pertanto la categorizzazione di questi due movimenti in tensione non si realizza a partire da uno sguardo valutativo né critico, bensì obiettivo e descrittivo.

Il concilio Vaticano ii continua a chiedere ancora oggi una rilettura in chiave ecumenica per poter comprendere e forse riorientare questi due opposti in tensione affinché possano produrre un movimento che li trascenda. Senza trascurare le differenze e riconoscendo molte di esse come fondamentali per la necessaria diversità nella dinamica ecumenica, Barth sostenne: «Mi sembra che sia molto più importante riflettere sulla possibilità che all’improvviso la dottrina della giustificazione per sola fede sia predicata a Roma con maggiore purezza che nella maggior parte delle Chiese evangeliche. E allora noi che facciamo? Dov’è la Riforma? Dov’è avvenuto il ritorno alle fonti? Questo è una questione di fatti e non una questione di forme di dottrina. Anche noi siamo disposti a compiere una conversione, come quella che loro si dispongono a compiere?». Seguendo le sue letture ecumeniche alla luce conciliare, Barth nelle sue affermazioni insistette sulla sincerità, l’identità e la cultura dell’incontro, come per esempio quando rammentò che «voi state parlando di cose che noi non possiamo assecondare bene e noi di altre che voi non potete accettare. Per me, più importante che prendere questa differenza così terribilmente sul serio è parlare gli uni agli altri: che dite voi? Che dobbiamo dire noi?».

Il teologo protestante più influente del xx secolo dichiarò nell’opera sopracitata che «il rinnovamento è conseguenza di processi e di evoluzioni costanti proseguiti per lungo tempo […] attraverso la sottolineatura della Scrittura come elemento determinante nella Chiesa». Quindi evidenziò «la necessaria e dovuta apertura ad altre Chiese, al mondo, alle religioni». Nell’orizzonte pieno di speranza del kairos ecumenico, Barth ammise che «non ci sarà dato contemplare la meta di questo cammino. Al limite più estremo dell’orizzonte diverrà finalmente verità che tutti di fatto siamo uno. Ciò appartiene allora alla vita nella luce. È ciò che speriamo. Ciò che aspettiamo». Con umiltà, e a partire da uno sguardo profetico, riflettendo sull’importanza del concilio Vaticano ii per le Chiese riformate e la situazione e la proiezione dell’ecumenismo in America Latina, oso unirmi con un amen a questa fiduciosa ammissione di Karl Barth.

di Marcelo Figueroa