
Nasce precocemente la rappresentazione iconografica dell’episodio della “venuta dei magi”, così com’è narrato nel vangelo di Matteo (2, 1-12), a cominciare dalla sintetica scena dipinta nella Cappella Greca delle catacombe romane di Priscilla, da riferire ancora al
Il tema dell’adorazione dei magi trova una estrema fortuna nella plastica funeraria romana e provenzale e, spesso, si intreccia con l’episodio dei tre giovani ebrei di Babilonia, condannati dal re Nabucodonosor al vivicomburium, per essersi rifiutati di adorare l’idolo, che raffigurava il tiranno. Questa contaminazione è dovuta dal numero ternario dei fanciulli e dei magi, quando questi sono ridotti a tre, in seguito alla specie dei doni (oro, incenso e mirra) e all’ambientazione orientale dell’episodio narrato da Daniele, che si aggancia alla regione di provenienza dei magi.
Quest’ultimo contatto nutre la più matura fortuna iconografica della “venuta dei magi”, così come si può osservare nella decorazione di due monumentali arche marmoree della fine del
Il fianco sinistro mostra, su uno sfondo urbano, la scena canonica dell’adorazione, mentre quello destro rappresenta la scena — poco raffigurata — dell’incontro dei tre magi con Erode, in perfetta coerenza con la narrazione di Matteo: «Allora Erode, chiamati segnatamente i magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme esortandoli: “Andate e informatevi accuratamente del Bambino e, quando l’avete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo”». Il brano evangelico prosegue con il momento dell’adorazione e termina, in maniera lapidaria: «Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada, fecero ritorno al loro paese».
Ebbene, anche in questo caso, la scena si sviluppa contro uno sfondo urbano. In primo piano, si snoda una teoria di sei personaggi, tra i quali si riconosce il re stante e in armi, assistito da due militi, mentre leva la destra, per esprimere il gesto dell’adlocutio verso i tre re, vestiti all’orientale, che indicano la stella. Sullo sfondo, si intercetta il busto del monarca, sistemato su un pilastrino, come per agganciarsi all’episodio del rifiuto dei tre fanciulli di Babilonia di adorare l’idolo di Nabucodonosor, istituendo quell’intreccio tra le due economie testamentarie, di cui abbiamo detto.
Con piccole varianti, la scena ritorna anche nel sarcofago di Gorgonio ad Ancona, sempre riferibile alla fine del
Nel maestoso arco trionfale, si incontra, innanzi tutto, il “faccia a faccia” tra Erode, definito da una didascalia, e i magi, in udienza alla corte del re, mentre il tema dell’Epifania viene sviluppato anche in un altro quadro musivo, laddove la scena dell’adorazione è arricchita da un’enigmatica figura ammantata, considerata, dagli studiosi, come Maria, Rachele, Anna, la madre di Maria, Anna la profetessa, Eva, l’Ecclesia, la Sibilla. Singolare appare anche la collocazione del Bambino in un ampio trono gemmato, vigilato da una guardia di ben quattro angeli, mentre una stella brilla sulla complessa figurazione.
Il drammatico colloquio tra Erode e i magi, che prelude alla violenta strage degli innocenti, trova fortuna e sostanza a partire dall’ultimo scorcio del
di Fabrizio Bisconti