
Il Dio che si fa uomo, s’incarna, illumina il mondo, dialoga con la cultura del popolo e si fa uno con l’umanità senza perdere la sua divinità, è il fulcro del Natale. Il cristianesimo non è una filosofia né un’ideologia perché non parte da un Dio concettuale o ideologico, bensì da Gesù che si concretizza e si fa uno di noi. Si lascia vedere, toccare e si muove a partire da una genesi spaziale primigenia fino a un kronos storico specifico, per proiettarsi in un kairos da una parusia che si prolunga a un infinito pieno del suo regno di pace. Ai tempi della prima lettera dell’apostolo Giovanni, quando il tempio di Gerusalemme era stato distrutto e nessuno dei dodici apostoli era più in vita, venti di mode filosofiche, ideologiche e teologiche minacciano i principi sopramenzionati. In questa lettera, discorso od omelia il discepolo amato comincia affermando che: «Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita» (1 Giovanni, 1, 1). Affrontando quei falsi profeti “cristiani” che condizionano la luce della natività, ossia l’incarnazione in Cristo con i loro pensieri gnostici e docetisti, testimonia in prima persona l’umanità di Dio, fondamento del suo annuncio evangelico.
Questa tensione teologica, filosofica e cosmica che ha continuato a esistere, in tentativi più o meno dissimulati, di disumanizzare Gesù e con lui la fede cristiana, generando una pericolosa dissociazione tra la sfera mondana e quella divina, è messa in luce dal teologo Hans Küng in Essere cristiani quando scrive che: «Questo Dio è, così, trascendente e immanente, lontano e vicino, sovramondano e intramondano, futuro e presente. Dio è orientato verso il mondo: non c’è Dio senza mondo. E il mondo è riferito interamente a Dio: non c’è mondo senza Dio. Pertanto, la contraddizione non risiede, come per i greci, tra il Dio spirituale e il mondo materiale in sé, bensì tra Dio e un mondo peccatore che si è allontanato da Lui. E la redenzione che si attende non è il superamento del dualismo platonico Dio-mondo, spirito-materia, ma la liberazione del mondo dalla colpa, dalla miseria e dalla morte, e la comunione con Dio».
L’incarnazione del Verbo porta con sé la luminosità della sua presenza che si fa cammino in mezzo all’oscurità. «Questo è il messaggio che abbiamo udito da lui e che noi vi annunciamo: Dio è luce e in lui non c’è tenebra alcuna» (
Dobbiamo vivere questo Natale in tempi di silenzi, oscurità e domande. Che la luce vera che ci ricorda il presepe di Betlemme ci aiuti a non lasciarci eclissare dalla confusione e dall’oscurità e a vivere la speranza della luminosità del Signore della storia, di tutte le storie umane.
Il terzo concetto di queste riflessioni natalizie ha a che vedere con un Dio che si è fatto cultura, per dialogare con essa, nutrirsi di essa e influenzarla senza assoggettarla, amandola fino a inculturarsi come parte della stessa. Papa Francesco ha affrontato in diverse occasioni il rapporto tra incarnazione cristiana in dialogo con le culture, come nella Evangelii gaudium, quando ha asserito che: «Non renderebbe giustizia alla logica dell’incarnazione pensare a un cristianesimo monoculturale e monocorde» (n. 117). «Questo criterio è legato all’incarnazione della Parola e alla sua messa in pratica: “In questo potete riconoscere lo Spirito di Dio: ogni spirito che riconosce Gesù Cristo venuto nella carne, è da Dio” (
Il rapporto tra evangelizzazione, incarnazione e inculturazione è molto presente nel pensiero e nell’opera del teologo Juan Carlos Scannone, che viene in nostro aiuto affermando che «sebbene l’inculturazione (che è l’altra faccia dell’evangelizzazione della cultura ) ponga l’enfasi su ciò che è proprio e particolare di ognuna, lo fa senza perdere di vista l’aspetto umano universale della cultura e dell’uomo in quanto tali, non considerati — chiaro — in modo univoco e astorico, bensì analogico e storico, e, sebbene accentui la relazione organica e costitutiva tra fede e cultura, preserva la trascendenza della prima e l’autonomia dell’ultima, secondo il modello dell’incarnazione» (in Evangelizzazione, cultura e teologia).
In questo Natale così diverso e complesso, che questi concetti di incarnazione, illuminazione e inculturazione ci umanizzino in amore, risplendano in speranza e benedicano la nostra cultura. Perché «sappiamo anche che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato l’intelligenza per conoscere il vero Dio. E noi siamo nel vero Dio, nel Figlio suo Gesù Cristo: egli è il vero Dio e la vita eterna» (
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