
Giuseppe Del Colle, per tutto il mondo giornalistico Beppe, classe 1931, un maestro del giornalismo cattolico, è morto il 10 dicembre, colpito dal covid-19 e dopo un periodo di sofferenza vissuta con rigore e mitezza. Era un uomo semplice, essenziale, curioso e studioso. Semplice era la sua famiglia dove nacque alla fine del 1931 nel quartiere operaio torinese di Borgo San Paolo, dove i genitori erano sarti, come ricorda nel bel profilo Alberto Chiara, suo allievo a «Famiglia Cristiana».
Dentro la temperie del fascismo e poi della guerra, Del Colle ha la vocazione del cronista, del giornalista di razza; una penna raffinata e un gran signore come ha riconosciuto Marco Travaglio, che con tanti giovani era stato alla sua scuola. al settimanale culturale della diocesi di Torino «Il Nostro Tempo» tra gli anni Ottanta e Novanta. Del Colle si era formato giornalisticamente sulle pagine sportive del «Popolo Nuovo», il quotidiano della Dc torinese, diretto da Carlo Trabucco, occupandosi di pugilato e, all’occorrenza, di calcio: il suo era un cuore granata. Aveva la passione della scrittura che realizzava in tempi stretti, non prima di aver letto con grande profondità giornali, riviste, libri, documenti: un giornalismo passionale e documentato mai urlato e sempre approfondito. Non è un caso che sia passato negli anni nei giornali d’impronta laica come la «Gazzetta del popolo» e poi al quotidiano «Stampa Sera», apprezzato e richiesto dal direttore di allora Giulio De Benedetti, per poi tornare nell’editoria cattolica (di cui è stato una delle firme più autorevoli per oltre cinquant’anni). Ha fatto scuola a decine di giovani cronisti ed è stato soprattutto fedele allievo di due grandi preti giornalisti, monsignor Carlo Chiavazza, direttore fondatore de «Il Nostro Tempo», e don Giuseppe Zilli a «Famiglia Cristiana».
Nella Torino degli anni Sessanta e Settanta insieme a don Chiavazza e don Franco Peradotto, dal 1968 al timone del settimanale più popolare e ufficiale della diocesi «La Voce del Popolo», Del Colle è stato protagonista assoluto nella riflessione politica, sociale, economica e culturale. «La Voce del Popolo» nel corso delle direzioni di Peradotto, vicario generale della Chiesa audace e vivace dei cardinali Pellegrino e Ballestero, era lo strumento di pastorale e di informazione diocesana, locale, territoriale, inchiesta e palestra di giornalismo, «Il Nostro Tempo» con Chiavazza, e poi Domenico Agasso senior e infine Del Colle che lo ha guidato dagli anni Ottanta al 2014, il foglio culturale, di dialogo con il mondo senza mai perdere bussola e identità cristiana. Un punto di riferimento per la riflessione politica e sociale, della città e del Paese, laboratorio di idee. Del Colle formò un sodalizio unico con la condirettrice Maria Pia Bonanate, ospitando grandi firme: da Claudio Magris a Mario Pomilio. Fra il 1982 e il 2002 Del Colle ha collaborato assiduamente ad «Avvenire» come opinionista di politica estera. E come ricorda Marco Bonatti «le sue note politiche, negli anni di piombo e nei decenni successivi, rimangono un riferimento importante per comprendere l’evoluzione e le difficoltà della società italiana».
L’altra grande avventura professionale di Del Colle fu quella con «Famiglia Cristiana», un milione di copie tirate e quasi tutte distribuite. Nel 1970 diventa redattore capo del settimanale di cui sarà vicedirettore dal 1982. I Paolini gli devono molto, e la redazione che ancora oggi realizza il settimanale si è formata alla sua scuola. Era un appassionato cattolico-democratico, vicino ma critico nei confronti della Dc, e molto deluso dalla deriva politica degli ultimi trent’anni che incalzava con una saggezza e una sapienza che affondava le radici nel pensiero di Maritain e Mounier, fedele al Vaticano ii e alla dottrina sociale cristiana. Nel 2016 il ritiro, dopo la fusione dei due settimanali cattolici di Torino. Lunga e ampia la sua attività pubblicistica e bibliografica: con Olga e Gorbaciov ha vinto il Premio Anghiari Storia e il saggio Cattolici dal potere al silenzio. Come hanno fatto l’Italia e non vorrebbero disfarla (2010) con Pasquale Pellegrini è stato il suo testamento politico, profetico nel raccontare un mondo che era finito e non aveva saputo rispondere ai segni dei tempi.
Coerente e perseverante come la sua fede e l’amore per la sua famiglia, un uomo e un giornalista da ricordare e da cui trarre ispirazione.
di Luca Rolandi