
Razzi sul centro di Tripoli, sette morti e diversi feriti. Questo l’ultimo bilancio dell’offensiva, ieri, delle forze del generale Haftar contro la capitale libica per spodestare il governo di unità nazionale, riconosciuto dalle Nazioni Unite e guidato da al-Serraj.
La controffensiva è scattata questa mattina: le forze filogovernative libiche hanno annunciato la presa della base aerea di al-Watiya, circa 130 chilometri a sud-ovest di Tripoli, strategica postazione delle milizie del generale Haftar. «Il generale Osama al-Juwaili, capo della sala operazioni congiunte: le nostre forze eroiche hanno preso il controllo della base aerea di al-Watiya» si legge sull’account Facebook dell’Operazione “Vulcano di rabbia” delle forze che difendono il governo del premier al-Serraj dall’attacco del generale.
Due giorni fa almeno due persone sono morte e sei sono rimaste ferite in un altro attacco su Tripoli. Un centro profughi è stato bombardato dalle forze di Haftar: le persone del rifugio di Fornaj provengono principalmente dal vicino distretto di Ain Zara. Secondo le forze del governo di unità nazionale, l’attacco è stato sferrato dopo che l’aviazione della capitale aveva distrutto una contraerea nella base militare di al-Watiya.
Le Nazioni Unite hanno dichiarato il mese scorso che la maggior parte delle vittime civili nella guerra civile libica durante i primi tre mesi del 2020 erano attribuibili all’Lna, l’esercito di Haftar, sostenuto dagli Emirati Arabi Uniti, Egitto e dalla Russia.
Il conflitto e la pandemia stanno mettendo a dura prova la popolazione mettendone a rischio salute e sicurezza. Circa 400.000 libici sono stati sfollati dall’inizio del conflitto 9 anni fa, circa la metà dei quali nell’anno passato, da quando l’attacco alla capitale, Tripoli, è cominciato.
Di qui l'appello di Unhcr, Oms, Oim, Unicef, Ocha, Unfpa e Wfp, che in una dichiarazione congiunta hanno chiesto la fine dei combattimenti in Libia e la protezione dei civili: «Nonostante gli appelli ripetuti per un cessate il fuoco umanitario, anche dal segretario generale delle Nazioni Unite, le ostilità continuano senza sosta, impedendo l’accesso e la consegna di aiuti umanitari fondamentali» si legge in una nota congiunta. «Gli operatori umanitari affrontano sfide significative ogni giorno per portare avanti la loro missione. A marzo 2020, i partner umanitari hanno riportato un totale di 851 restrizioni di accesso ai movimenti di personale e aiuti umanitari all’interno e verso la Libia».
Sul piano diplomatico, la situazione è in stallo. Da segnalare, due giorni fa, un colloquio telefonico tra il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, e il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. Tra i temi affrontati — riporta una nota della presidenza turca citata dall’agenzia di stampa Anadolu — la necessità di una soluzione politica per la Libia. Il segretario generale della Nato ha ribadito a Erdogan che l’Alleanza atlantica è «disponibile ad aiutare il Paese a ricostruire le sue capacità di difesa e sicurezza».