
di Rosario Capomasi
«Ho chiesto al Santo Padre di non stancarsi mai di pregare per la pace, il cui raggiungimento sarebbe un miracolo. Tutto il mondo ha bisogno di miracoli». Antonietta Raco, 67 anni, di Francavilla in Sinni in provincia di Potenza, ha gli occhi che brillano di una luce speciale mentre — nella cornice di piazza San Pietro dove stamane ha partecipato all’udienza giubilare del sabato — racconta di come abbia sperimentato su di sé la misericordia di Dio. Affetta da sclerosi laterale primaria, una malattia neurodegenerativa che a tutt’oggi non ha cure, il 5 agosto 2009, giorno in cui si festeggia la Madonna delle Neve legata al miracolo della basilica papale di Santa Maria Maggiore, si era immersa in una delle vasche del santuario di Lourdes; uscendone, aveva constatato la remissione della patologia. «La Vergine Maria — esorta Antonietta — è una madre amorevole che ci insegna a non perdere mai la speranza. La vita va vissuta comunque, fino alla fine».
Su questo stesso sentiero si sono incamminati i frati cappuccini del Centro Italia che dallo scoppio della guerra in Ucraina si prendono cura, in sinergia con i confratelli del Paese dell’est Europa, delle donne vedove o che hanno perso i figli nel conflitto. «A Kyiv è stata aperta la “Casa Padre Pio” dove diamo loro non solo aiuti materiali — spiega fra Carlo Maria Chistolini, vicario provinciale, presente all’udienza con 40 assistite —, ma anche e sopratutto quel sostegno psicologico che permetta loro di superare il trauma del lutto per trovare una nuova ragione di vita, amicizie, condivisione delle proprie esperienze». Il progetto, aggiunge il religioso, ha avuto un successo insperato. «Visto il gran numero di donne che si sono rivolte a noi, finora circa 500, abbiamo inaugurato da poco una seconda “Casa” a Vinnytsia per estendere questa catena ininterrotta di solidarietà».
Tra i doni consegnati stamattina al Pontefice, un quadro raffigurante la colomba della pace realizzato dai detenuti della Casa circondariale di Cuneo, una delle tante realtà seguite dalla Formedil, ente di edilizia attivo in tutta Italia tramite corsi di formazione volti a ridare dignità a persone ai margini, soprattutto migranti, con la collaborazione anche dei Salesiani per il sociale Don Bosco. «Uno dei progetti — precisa Elena Lovera, presidente dell’ente — riguarda proprio la realtà carceraria. Siamo convinti che attraverso l’insegnamento di tecniche edili, pittoriche e musive, è possibile riconsegnare alla persona un’immagine positiva di sé e nei confronti degli altri, perché imparando a costruire oggetti si impara anche a costruire ponti di fratellanza».