Domani la canonizzazione dei due giovani italiani
Un compagno di viaggio

di Silvia M. Correale*
e Roberto Falciola**
Amico, ispiratore, compagno di viaggio nel cammino di fede: per le nuove generazioni Pier Giorgio Frassati rappresenta tutto questo. Giovane laico morto esattamente cento anni fa a soli 24 anni, in lui il cristianesimo parla infatti con un linguaggio moderno e universale. La sua canonizzazione, presieduta da Leone XIV domenica 7 settembre alle 10 in piazza San Pietro, ne rende ancora più concreta la testimonianza di fede.
Pier Giorgio nasce a Torino il 6 aprile 1901. È figlio di Alfredo, fondatore e direttore del quotidiano «La Stampa», e di Adelaide Ametis, donna dal carattere forte e temperamento d’artista. Ha una sorella, Luciana, più giovane di un anno, inseparabile compagna di giochi e di studi. La famiglia appartiene all’alta borghesia, di stampo liberale, con il padre agnostico e la madre credente in maniera formale, da cui Pier Giorgio riceve i rudimenti di una fede che invece matura in lui in maniera inaspettata e diventa il fondamento della vita.
Frequenta la scuola pubblica «Massimo d'Azeglio» e poi l’«Istituto sociale» dei gesuiti: qui inizia a fare la Comunione tutti i giorni, cosa che farà per tutta la vita, ed entra nelle Conferenze di San Vincenzo.
Nel 1918 si iscrive al Politecnico di Torino: vuole diventare ingegnere minerario «per poter ancora di più servire Cristo tra i minatori». Entra nel circolo «Cesare Balbo» della Federazione universitaria cattolica italiana (Fuci), che diviene luogo privilegiato di formazione cristiana e di amicizia. Porta all’occhiello il distintivo della Società della gioventù cattolica italiana — di cui fa suo il motto: preghiera, azione, sacrificio— e che promuove contribuendo a fondare circoli e diffondendo il suo messaggio.
La sua fede profonda si nutre di Eucaristia quotidiana, preghiera, confessione frequente. È innamorato della Parola di Dio: nel suo tempo è riservata ai consacrati, ma lui si procura i testi per leggerli personalmente. Fidandosi totalmente delle parole di Gesù, vede nel prossimo la presenza di Dio, si considera «povero come tutti i poveri»: si prodiga in parole e gesti di carità fraterna, sia da solo che nella forma organizzata delle Conferenze di San Vincenzo, per le strade di Torino, nei quartieri poveri, al Cottolengo.
Nelle forti tensioni del primo dopoguerra è impegnato in un apostolato sociale, che lo vede presente anche nelle fabbriche. Convinto della necessità di riforme sociali, nel 1920 entra nel Partito popolare italiano che vede come mezzo per realizzare una società più giusta.
Nel medesimo periodo il padre è nominato ambasciatore in Germania. A Berlino Pier Giorgio visita i quartieri più miseri ed entra in contatto con i circoli dei giovani studenti e operai cattolici tedeschi. Nel settembre 1921 a Roma, durante una grande manifestazione della Gioventù cattolica, difende la bandiera del suo circolo dall’assalto delle guardie regie e viene arrestato.
Gli scritti di santa Caterina da Siena e gli accesi discorsi del predicatore rinascimentale Savonarola lo spingono ad entrare nel 1922 nel Terz’Ordine Domenicano con il nome di fra Girolamo. È iscritto a numerose associazioni ecclesiali, in cui riversa i tanti interessi della sua vita cristiana. Figlio del direttore della «Stampa», fa propaganda ai giornali cattolici.
Sin da prima della salita di Mussolini al potere, si schiera apertamente contro il fascismo.
È appassionato di montagna e di sport, iscritto al Club alpino italiano (Cai) e alla Giovane montagna. Organizza spesso gite con gli amici (la «Società dei tipi loschi») che diventano occasione di apostolato. Va a teatro, all’opera, visita i musei, ama la pittura e la musica, conosce a memoria interi brani di Dante.
Illimitata è la sua capacità di attenzione alle necessità degli altri, in particolare dei poveri e dei malati, ai quali dona tempo, energie, la vita stessa.
Due esami prima della laurea, la sua esuberante giovinezza viene stroncata da una poliomielite fulminante, contratta probabilmente nell’assistere i poveri. Muore a Torino il 4 luglio 1925. Due giorni dopo, la folla trabocchevole ai funerali inizia a rivelare alla famiglia e al mondo la grandezza della sua testimonianza cristiana. Comincia così il lungo cammino che porterà alla beatificazione del 20 maggio 1990 da parte di san Giovanni Paolo II.
A cento anni dalla morte, la fama della sua testimonianza cristiana continua a crescere e a diffondersi in ogni continente. Sono centinaia le realtà più varie a lui intitolate nel mondo e i giovani, insieme alle generazioni di tutte le età, non cessano di considerarlo come amico, ispiratore, compagno di viaggio nel cammino di fede. Il suo modo di vivere il cristianesimo parla infatti un linguaggio moderno e universale.
Nella sua storia sono presenti le dimensioni fondamentali dell’essere giovani, sia negli aspetti più belli sia in quelli più difficili: il rapporto con la famiglia, lo studio, il progetto di vita, l’interesse per la società, la spinta ideale per un mondo migliore, l’affettività, il tempo libero, lo sport... E tutto ciò vissuto nella fede genuina, profonda, entusiasta e seria, allo stesso tempo resa viva e pulsante nella quotidianità. L’amore per Gesù è riconosciuto come vivo e vero nella propria esistenza e ritrovato nei fratelli e nelle sorelle che la vita gli metteva accanto. La preghiera, la Parola di Dio, i sacramenti: tutto vissuto con naturalezza, senza patemi, senza barriere.
Il messaggio che la figura di Frassati diffonde nel mondo è che essere giovani cristiani non solo è possibile, ma che è anche il modo di vivere la propria età in pienezza e in totale armonia, godendone fino in fondo. Con la sua testimonianza dimostra che essere cristiani è la ricetta perfetta per la pienezza della vita e per una gioia di fondo che — radicata sulla consapevolezza quasi materiale dell’essere amati da Dio — permette di attraversare senza affondare anche le pene e i dolori dell’esistenza umana.
Emerge da Pier Giorgio una santità adatta al nostro mondo e al nostro tempo, avendo egli vissuto tutte le dimensioni che sono proprie della vita dei giovani di oggi e attraversato con coraggio e lucidità un tempo difficile, duro e provocatorio, testimoniando la fede e seminando speranza. Ai ragazzi di oggi, egli dice con la sua vita che lo Spirito fa cose meravigliose in coloro che lo lasciano agire dentro di sé, e cambia davvero il mondo, perché lascia apparire il regno di Dio.
Frassati inoltre aveva in sé il profondo senso cristiano della fraternità universale. Sentiva come cosa propria tutto ciò che accadeva lontano, in altri Paesi, in altre culture. I confini geografici non costituivano nessuna barriera per la sua spiritualità. La sua canonizzazione, offrendolo alla venerazione di tutti i credenti, in un certo senso darà compimento a quanto è già realtà in molte parti del mondo, e potrà far sì che ancora di più si diffonda la conoscenza della sua storia di fede, permettendo a tanti giovani (e non solo) l’incontro con una testimonianza cristiana che parla eloquentemente dell’amore di Dio e soprattutto avvicina a Lui.
*Postulatrice
**Vicepostulatore