· Città del Vaticano ·

L’appello del Festival Giornalisti del Mediterraneo

Coltivare la speranza
per Ucraina e Palestina

 Coltivare la speranza  QUO-205
06 settembre 2025

dalla nostra inviata a Otranto
Beatrice Guarrera

Bambini che muoiono di fame, di sete, di caldo, sotto le bombe. Con un faro acceso sulla drammatica condizione dei minori di Gaza si è dato il via ieri, venerdì 5 settembre, alla terza serata del Festival Giornalisti del Mediterraneo a Otranto, la cui conclusione è prevista questa sera. Padre Ibrahim Faltas, francescano della Custodia di Terra Santa, nell’ambito del panel “Sotto le macerie: i racconti tra Palestina e Ucraina” ha descritto l’estrema sofferenza che vivono gli abitanti della Striscia, dopo quasi due anni di guerra in cui Israele ha causato massicce devastazioni e 60mila morti.

«Circa 20mila bambini — ha continuato Faltas — sono rimasti orfani», oltre ai tanti altri minori feriti che hanno bisogno di cure. «Il 1° settembre abbiamo inaugurato l’inizio dell’anno scolastico in Terra Santa, ma a Gaza non c’è scuola, non c’è possibilità di studiare», ha spiegato il francescano, che è anche responsabile delle scuole gestite dalla Custodia di Terra Santa. «Ricordiamo anche —ha dichiarato Faltas ai media vaticani — la situazione dei cristiani in tutta la Cisgiordania, che stanno andando via». Ne è un esempio la città di Betlemme, da cui, dopo il 7 ottobre, hanno deciso di andarsene 185 famiglie cristiane. «Sono ormai 700 giorni di questa maledetta guerra e tutti stanno male: cristiani ebrei musulmani». Si tratta di un conflitto difficile da raccontare anche perché, come ha ricordato Roberto Cetera, inviato per «L’Osservatore Romano», «questa guerra non si vede», visto che non è stato concesso l’accesso ai giornalisti stranieri nella Striscia. Davanti a una narrazione del conflitto così polarizzata, è fondamentale invece «l’ascolto della gente» che vive in Terra Santa e coltivare uno sguardo che possa includere tutte le complessità di una società poliedrica come quella israeliana. «È importante — ha detto Cetera — raccontare storie di speranza, che poi si trovano, parlando con le persone».

«In questo scenario distruttivo il ruolo della Chiesa è quello di non farci rubare la speranza», ha dichiarato Francesco Neri, arcivescovo di Otranto. «L’uomo è capace delle peggiori atrocità» e ci sono decine di conflitti dimenticati, dunque, «la Chiesa ha il ruolo di non farci smettere di sperare che un mondo più umano sia possibile». Parlando ai microfoni dei media vaticani, il presule ha citato un’espressione di Nietzsche, che definisce i giornalisti i “servi del giorno”, frase con cui si trova in disaccordo: «I giornalisti ci raccontano il momento presente che scaturisce dal passato e porta verso il futuro. Il mondo è intrinsecamente complesso, quindi non si può non essere presenti nel giorno per capire quello che sta accadendo». È fondamentale in questo senso «allargare lo sguardo, come qui ad Otranto, la porta d’Oriente». Così è detta infatti perché è la città italiana più orientata a est, «una caratteristica essenziale che ci ricorda costantemente che dobbiamo essere aperti all’altro — ha sottolineato Neri —. L’apertura naturalmente implica dei rischi, ma è meglio aprirsi, perché aprendosi si cresce e si costruisce fraternità e amicizia».

In particolare l’arcidiocesi di Otranto in questo momento ha come priorità l’attenzione verso i giovani. «Stiamo concludendo il Giubileo della speranza, ma la speranza significa la previsione di un bene davanti a noi. E questo bene va costruito — ha continuato il presule —. Don Tonino Bello, salentino, insegnava che bisogna “organizzare la speranza”». Una delle ferite aperte sul territorio è proprio la fuga dei giovani, che si spostano a vivere altrove: «Si va fuori a studiare per l’università e questo può essere un bene perché appunto allarga gli orizzonti ma spesso non si torna. E bisogna dunque fare in modo che il lavoro sia inventato qui nel Salento perché i giovani, che sono la nostra ricchezza, abbiano la possibilità di costruire il loro futuro nella terra da cui provengono».

Tornando al racconto dei conflitti, sul palco di Otranto Nello Scavo, inviato di «Avvenire», ha offerto la sua testimonianza. «La guerra in Ucraina — ha spiegato ai media vaticani — ormai volge verso il suo 5º inverno. Siamo tutti molto preoccupati di quello che potrà accadere ancora ed è una guerra che rischia di finire fuori dai riflettori. Però, quello che sta accadendo in Ucraina sta determinando anche gli assetti geopolitici globali e ci sono una serie di punti interrogativi su come uscirne». Il prezzo della condizione di stallo corrente lo pagheranno ancora una volta i civili ucraini, specialmente i bambini. «Ricordiamo la missione importante della Santa Sede sul fronte della cosiddetta “diplomazia umanitaria” — ha aggiunto Scavo — che ha permesso di favorire lo scambio di centinaia e centinaia di prigionieri e il ritorno in Ucraina di tanti dei bambini che erano stati forzatamente spostati». È urgente fermare la guerra, dunque, che significa anche «dare una chance alla pace nel mondo perché i grandi interessi si scontrano in Ucraina e riuscire a trovare un equilibrio li può portare a un punto di equilibrio mondiale».

Al termine della serata, padre Ibrahim Faltas e Nello Scavo sono stati insigniti dei Premi Caravella 2025, per il loro impegno nella difesa della libertà, della pace e dei diritti umani. Il riconoscimento verrà consegnato questa sera anche ad altre figure, nell’evento conclusivo del Festival.