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Bailamme

Ogni guerra
è una guerra civile

 Ogni guerra è una guerra civile  QUO-204
05 settembre 2025

di Andrea Monda

«Gallia est omnis divisa in partes tres» è il famoso incipit del De bello Gallico di Giulio Cesare, come ricorda chiunque, dentro e fuori l’Italia, abbia studiato al liceo classico.

Quando si trattava di tradurre Cesare gli studenti erano più sollevati perché quel suo stile chiaro, sobrio ed essenziale, rendeva abbastanza semplice il compito. È stato un ottimo scrittore Cesare; come Churchill che ha vinto un Nobel per la letteratura, pure il condottiero romano avrebbe potuto conseguire riconoscimenti non solo per il genio politico-militare ma anche per quello letterario artistico. Come scrittore conosciamo le sue due opere principali, i due “commentari”, il primo che è appunto il De bello Gallico e il secondo, il De bello civili relativo alla lotta per il potere tra lui e Pompeo. I Galli infatti erano “in-civili”, cioè non cittadini romani, popolazioni “barbare”, i nemici per eccellenza.

Questa distinzione è rimasta nel linguaggio storiografico per cui una guerra interna allo stesso stato è denominata “civile”, un dettaglio lessicale che può rivelarsi uno spunto per un’utile riflessione: ogni guerra è una guerra civile. Tutti gli uomini sono infatti “cittadini”, non di Roma ma del mondo, appartenenti alla medesima famiglia umana, si potrebbe quindi dire meglio che sono tutti fratelli.

Ci si dovrebbe ricordare che l’altro è sempre un concittadino, un “con-terraneo”, uno che condivide la stessa terra, proprio come ha detto oggi Papa Leone parlando al Consiglio dei Giovani del Mediterraneo: «l’altro è sempre un fratello e mai un estraneo, o peggio, un nemico».

Se si trattasse allora ogni guerra non come una guerra “gallica” ma “civile” forse qualcosa, almeno a livello di sensibilità etica, spirituale, potrebbe cambiare. Finché l’altro è il nemico, quello che vive fuori dalle mura della città, il barbaro, il selvaggio, allora è meno doloroso combatterlo, ucciderlo.

Ma se l’altro è il concittadino, il vicino, che la pensa e agisce diversamente e in modo ostile ma non è il nemico, allora il dolore della guerra è maggiore, non è solo la sofferenza che si infligge all’altro ma anche quella che si prova nelle viscere perché si sta colpendo un membro del medesimo corpo, dello stesso organismo vivente, della stessa comunità di persone umane. Questo vale ad ogni latitudine e longitudine, l’ampiezza dell’applicazione di questa riflessione è grande quanto è grande la terra, per cui è guerra civile quella che si svolge in Ucraina come in Sudan, in Siria come in Palestina. È una questione di “civiltà”, di umanità.