Nel ricordo di madre Teresa di Calcutta il soccorso

di Paolo Affatato
In India la Giornata internazionale della carità, proclama dall’Onu per oggi, 5 settembre, e ispirata all’opera di madre Teresa di Calcutta, la si vive nel soccorso alle vittime dell’alluvione che ha devastato il Punjab indiano e i distretti del Kashmir. «La gente è sconvolta, è rifugiata sui tetti delle case, mentre tutto intorno è allagato. Tutto è perso, case, raccolti bestiame», raccontano i volontari della Caritas che stanno organizzando gli aiuti. Un impegno simile si registra dall’altra parte della frontiera, nel Punjab pakistano, ma anche in altre province del Pakistan come Sindh e Khyber: gli sfollati sono oltre due milioni in tutto il Paese e i cattolici si sono rimboccati le maniche per offrire un aiuto che si concretizza in accoglienza, nutrimento, protezione, consolazione. Più a est, in Cambogia, oltre trentamila persone delle province al confine con la Thailandia, dopo la guerra che ha diviso le due nazioni a partire dalla metà di luglio, pur dopo la tregua siglata ad agosto restano ancora in campi profughi, dove dipendono da aiuti umanitari. E le comunità cristiane hanno attivato la loro rete di solidarietà per confortare e dare un sostegno concreto ai più vulnerabili. Sono alcune delle esperienze che punteggino, in Asia e in altri continenti, la Giornata della carità che, a partire dal 2012, le Nazioni Unite hanno voluto intitolare alla santa di Calcutta, la suora dal sari bianco, nel giorno della sua morte, avvenuta il 5 settembre 1997, per sensibilizzare persone e organizzazioni a promuovere azioni caritatevoli e sostenere i più poveri e indigenti.
«È un riconoscimento dell’impegno di madre Teresa nel servire i poveri e gli emarginati. Ed è importante che sia arrivato dalle Nazion Unite», commenta John Dayal, intellettuale e giornalista cattolico indiano, spiegando come le comunità cattoliche sparse dei diversi Stati della federazione vivono l’evento, «con gesti e iniziative speciali di carità e beneficenza, o coinvolgendo i fedeli in attività di volontariato».
Una parte importante è anche l’attività di formazione e di sensibilizzazione, rivolta soprattutto a giovani, ragazzi e bambini, che si svolge nelle scuole: «Cerchiamo di informare, far riflettere, educare all’importanza di aiutare gli altri», spiega Theodore Mascarenhas, vescovo della diocesi di Daltonganj, nello Stato indiano del Jharkhand, un pastore che dedica molto del suo tempo a visitare, ascoltare catechizzare i ragazzi nelle scuole. Questa sensibilizzazione, spiega «sfocia in azioni concrete», sicché scuole, associazioni e movimenti ecclesiali e comunità parrocchiali si mobilitano: «In primis bisogna accorgersi delle necessità e della presenza dei più emarginati e bisognosi in un dato territorio, per poi farsene carico e attivarsi per rispondere a quei bisogni, con spirito di carità, senza interessi né discriminazioni. Questo — ricorda il presule — è quello che ha insegnato Madre Teresa, questo è l’esempio che ci ha lasciato». Il fatto che oggi la religiosa sia «una fonte di ispirazione per la comunità internazionale- osserva – ci ricorda la forza del bene, la bellezza della carità, il cuore del messaggio cristiano, che esprime la pienezza e la gioia del Vangelo».
Patrona del volontariato, proclamata beata da Giovanni Paolo II nel 2003 e poi santa da Papa Francesco nel 2016, in occasione del Giubileo della misericordia, madre Teresa, grande maestra del servizio agli ultimi, ha consacrato la propria vita al servizio dei più poveri tra i poveri. Quell’impegno, ha ribadito all’agenzia Fides suor Mary Joseph, superiora generale della congregazione delle missionarie della carità, fondata da madre Teresa, non è un semplice «servizio sociale», ma significa mettere in pratica la parola di Gesù «Quando avevo fame, mi avete dato da mangiare, quando avevo sete, mi avete dato da bere. Lo facciamo per carità. La nostra priorità — ha spiegato la superiora — è praticare la carità in senso concreto, il nostro apostolato è portare la presenza di Dio all’umanità sofferente». E, attraverso le opere di carità, «siamo chiamati a crescere nella vita di Gesù, a sperimentare il suo mistero pasquale, nella relazione con Lui. Con la nostra presenza, diamo testimonianza dell’amore di Cristo», ha ricordato suor Mary.
In questa prospettiva, e recuperando lo spirito puramente evangelico che animava la madre e che oggi anima le sue seguaci, la giornata promossa dall’Onu diventa, allora una via di evangelizzazione.