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L’omelia di Leone XIV per l’apertura del Capitolo generale degli agostiniani

Il tripode spirituale:
ascolto, umiltà, unità

 Il tripode spirituale:  ascolto, umiltà, unità  QUO-203
04 settembre 2025

di Josef Sciberras*

L’omelia pronunciata da Leone XIV il 1° settembre nella basilica di Sant’Agostino in Roma, in occasione dell’apertura del capitolo generale degli agostiniani, è una riflessione teologicamente densa e orientata pastoralmente che attinge al magistero patristico, in particolare al Dottore di Ippona, per offrire una guida sicura ai religiosi riuniti nel 188o capitolo generale.

Leone XIV apre la sua riflessione richiamando l’immagine della Pentecoste, ripresa da Didimo il Cieco, come «sopravvento abbondante e irresistibile dello Spirito». Questa scelta non è casuale: per sant’Agostino la Pentecoste rappresenta non soltanto il momento fondativo della Chiesa, dove la diversità delle lingue non è impedimento all’unità evangelizzatrice, ma è anche la forza dirompente della carità che rende possibile l’ideale evangelico del cor unum et anima una che per l’Ipponate è modello della comunità fraterna e di ogni comunità cristiana. Il Santo Padre sviluppa magistralmente questo tema, mostrando come la glossolalia pentecostale trovi oggi la sua realizzazione nell’universalità ecclesiale. Particolarmente significativa è la citazione del Sermo 269 di Agostino: «In un primo momento ogni fedele … parlò tutte le lingue. Ora l’insieme dei credenti parla in tutte le lingue». Per il vescovo di Ippona il miracolo della Pentecoste è la realtà permanente della Chiesa che annuncia ovunque il Vangelo, in tutte le lingue, con tutti i mezzi della comunicazione. Leone XIV applica questo principio al Capitolo dei suoi confratelli, mostrando come i religiosi presenti, diversi gli uni dagli altri per provenienza geografica e culturale, per età e formazione, costituiscano già un segno spirituale e profetico di unità nella molteplicità: in pluribus unitas, scrive Agostino ne La Città di Dio (12, 20).

Il Santo Padre articola la sua omelia intorno a tre elementi indispensabili per il buon esito dei lavori capitolari.

L’ascolto, anzitutto, collocato in una prospettiva agostiniana. Lo Spirito Santo parla nei penetralia cordis, espressione cara ad Agostino, che indica l’intimità più profonda dell’anima dove Dio parla all’uomo. L’omelia richiama quella potenza penetrante dello Spirito che il santo agostiniano Tommaso da Villanova acclama «voce potente, che scuoti le profondità della nostra mente e accendi nelle nostre viscere una fiamma di fuoco» (Predica 183, 3). Questa dimensione interiore dell’ascolto, la schola cordis, si completa con l’ascolto esteriore, degli altri e delle circostanze della vita, che richiede non meno raffinatezza di mente e di cuore.

Il secondo è l’umiltà, fondato teologicamente sull’imperscrutabilità dell’agire divino. Leone XIV richiama la riflessione di Agostino sulla varietà dei modi in cui lo Spirito Santo si manifesta nella storia, invitando i capitolari a «farsi piccoli» di fronte alla libertà di Dio. Questa prospettiva riflette la teologia agostiniana della grazia: l’iniziativa appartenga sempre a Dio e solleciti dall’uomo umile accoglienza della verità della condizione umana, creata buona, infragilita dal peccato, redenta da Cristo.

Il terzo pilastro è la centralità del progetto divino dell’unità — già richiamata in precedenza — presentata non solo come obiettivo “esterno” da raggiungere, ma come vero e proprio criterio di verifica o di discernimento dell’autenticità dell’azione capitolare in ogni sua forma. L’impostazione riflette profondamente l’ecclesiologia agostiniana, per la quale la Chiesa è essenzialmente comunione, donata da Dio, costruita dal suo amore. Il Santo Padre, citando ancora il Sermo 269, afferma che il vero miracolo permanente non è più il dono delle lingue, ma la capacità di mantenere l’unità dei cuori nella diversità attraverso la carità e la comunione dei beni spirituali e materiali.

Un ulteriore elemento da rilevare nell’omelia è il richiamo alla contrapposizione agostiniana tra «uomini spirituali» e «uomini carnali»: «Come infatti gli uomini spirituali godono dell’unità, quelli carnali cercano sempre i contrasti». Questa distinzione è come un monito ai capitolari: l’orientamento verso l’unità o la divisione diventa criterio di discernimento di ogni azione, sia quello elettivo sia quello deliberativo.

L’omelia si conclude con una preghiera che sintetizza tutto il percorso che i capitolari hanno di fronte a loro: l’invocazione dello Spirito Paraclito come guida «a tutta la verità» indica che la verità non si possiede, ma si raggiunge nel cammino fatto insieme, illuminati e fatti nuovi nel cuore e nella mente dallo Spirito Santo. Leone XIV, memore dell’esperienza personale come priore generale, presenta ai capitolari una sfida: il Capitolo generale non sia un momento meramente amministrativo, ma un vero evento spirituale, attraverso il discernimento comunitario che, nell’ascolto umile, porti all’unità nella pluralità verso il centro e la meta di tutta l’esistenza: Dio, nostro unico e sommo bene.

Leone XIV mostra, in modo semplice e diretto, come il magistero intramontabile del Dottore di Ippona e la tradizione secolare dell’ordine agostiniano possano illuminare efficacemente le sfide contemporanee. Ma come comprenderanno i capitolari se è lo Spirito a guidare il loro lavoro? Ci viene in aiuto di nuovo Tommaso da Villanova: «Questo influsso viene da noi percepito in molteplici modi: cioè nel fervore della devozione, nella chiarezza dell’intelligenza, nell’ineffabile dolcezza della mente, nella dilatazione del cuore, nel desiderio dell’anima che anela, nella mirabile facilità dell’operare; per mezzo di questi segni, come indizi, si manifesta la presenza dello Spirito, la quale sarebbe assai meglio sperimentare che dire, possedere che spiegare» (Predica 183, 3).

Nella sua omelia, Leone XIV testimonia dunque una conoscenza matura del magistero teologico agostiniano e del patrimonio spirituale dell’ordine, offrendo ai religiosi capitolari non solo indicazioni pratiche, ma una vera teologia del discernimento comunitario radicata nella più autentica tradizione ecclesiale e agostiniana.

*Segretario dell’Institutum Historicum Augustinianum (IHA)