· Città del Vaticano ·

A colloquio con il cardinale Semeraro sulla prossima canonizzazione di Frassati e Acutis

I santi della strada

 I santi della strada  QUO-203
04 settembre 2025

di Benedetta Capelli

Due santi pieni di vitalità con il cuore infiammato dall’amore per Cristo, vissuti nel mondo ma non del mondo. Il cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle cause dei santi, racconta la santità giovane di Pier Giorgio Frassati (1901-1925) e di Carlo Acutis (1991-2006) che Leone XIV canonizzerà domenica, 7 settembre, in piazza San Pietro.

Giovani diversi per età — il primo morì a 24 anni, il secondo a quindici — simili nella dedizione ai poveri e nel nutrimento quotidiano dell’Eucaristia. «C’è sempre qualcosa di sorprendente nei santi — afferma il porporato —, molti di loro si assomigliano e d’altra parte l’esercizio delle virtù cristiane non è mai un esercizio isolato, è sempre accompagnato dall’esercizio di molte altre virtù». Si potrebbe dire che la santità è una sinfonia ma il cardinale Semeraro preferisce richiamare l’immagine del poliedro, usata da Papa Francesco nell’esortazione apostolica post-sinodale Christus vivit quando disegnava la Chiesa. «Essa — scriveva Papa Bergoglio — può attrarre i giovani proprio perché non è un’unità monolitica, ma una rete di svariati doni che lo Spirito riversa incessantemente in essa, rendendola sempre nuova nonostante le sue miserie».

«Pier Giorgio Frassati — afferma il prefetto del Dicastero delle cause dei santi — incarna il modello del fedele laico offerto dal Concilio Vaticano II. È colui che, impegnato nella vita, ha una particolare esperienza in diverse realtà del mondo, è quella che il Concilio chiama l’indole secolare del fedele laico che ha vissuto in piena consonanza con il Vangelo, incarnandolo in ogni aspetto».

Per il cardinale Semeraro che ha scritto il libro Pier Giorgio Frassati, Alpinista dello spirito (Edizioni Messaggero Padova 2025, pp. 184, euro 18), l’agire nel nascondimento del giovane torinese ricorda quanto scritto nella Lettera agli Efesini di sant’Ignazio di Antiochia: «meglio essere cristiani in silenzio che chiacchierare, dirlo e non esserlo».

Quel fare il bene senza gridarlo che si manifesterà poi in una corposa presenza ai funerali di Frassati di persone povere, diseredate, gente ai margini che lui aveva aiutato sempre nel nascondimento. Un’umanità che squarcia il velo sugli occhi della famiglia, ignara della dedizione del figlio verso gli ultimi. «La sua morte è stata un’epifania»: sottolinea il porporato per il quale «Frassati è andato dai poveri perché aveva incontrato Cristo».

Anche al funerale di Carlo Acutis parteciparono tanti poveri e anche la sua famiglia non sapeva. «Acutis è stato una scoperta anche per i suoi genitori, ha fatto quello che ha fatto con le sue possibilità di adolescente, con le sue possibilità di giovane». Carlo è espressione della «santità di un ragazzo, pronto ad aprirsi alla vita avendo come punto di riferimento l’Eucaristia, la sua autostrada per il cielo».

«Queste santità diverse dovrebbero indurci a riflettere sul senso delle età della vita». Il riferimento del cardinale è a Romano Guardini e alla sua opera: Le età della vita appunto.

«Frassati ci mostra un’età della vita particolare, Acutis quella del mondo adolescenziale che oggi forse è la fase della vita più critica». Giovani comunque comuni che profumano di una santità «da porta accanto», come amava ripetere Papa Francesco.

Due figure che lo stesso Leone XIV ha proposto come modello per le nuove generazioni durante il recente Giubileo dei Giovani.

«Ci sono dei santi — afferma il prefetto del Dicastero vaticano — che come sottolineava la mistica Madeleine Delbrêl crescono nei vivai perché sono in un istituto religioso, sono consacrati. Ce ne sono altri come Acutis e Frassati che sono stati nel mondo, i santi della strada».