«Una nuova opportunità

di Chibi Natacha Dato
Il 13 luglio è quasi la vigilia della partenza di Maxime, 15 anni, in vacanza. Se sembra impaziente di rivedere i suoi genitori, ha anche già nostalgia di questi mesi trascorsi nell’affettuosa atmosfera instaurata da colei che considera “la sua seconda mamma”, suor Adelaide Tognizin, responsabile del centro Siloé di Djanglanmey, situato a circa 83 chilometri da Cotonou, la capitale economica del Benin.
Originario di un villaggio nel comune di Klouékanmè (sud-ovest), quando è arrivato in questo centro, all’età di 5 anni, Maxime era totalmente disperato. «Sono nato cieco» aveva sospirato, non senza una smorfia di tristezza. «Prima di venire qui al centro Siloé nel 2015, pensavo che la mia vita fosse finita, a causa della mia cecità», ha dichiarato colui che, grazie all’accompagnamento delle suore, ha ottenuto nel luglio 2025 il suo Brevetto di studi del primo ciclo (Bepc). Si meraviglia anche di aver potuto, a Siloe, «imparare l’informatica, parlare e leggere il francese ed essere iscritto a scuola». Inoltre, esulta l’adolescente: «Il centro mi ha dato una nuova opportunità di vivere».
In Benin, infatti, nonostante i miglioramenti legislativi degli ultimi anni, la situazione delle persone con disabilità visive non è nel complesso ancora brillante. «Si tratta spesso di persone lasciate indietro nelle famiglie e che sono considerate “sotto-persone”», si rammarica madre Nadine Adjagba, superiora generale delle suore Ancelle della luce di Cristo. È dunque in questo contesto che, con l’appoggio di monsignor Robert Sastre, allora vescovo di Lokossa, suor Maria Agbovon, Figlia della carità del Sacro Cuore di Gesù, ha fondato il 3 gennaio 1983 il centro Siloé.
Nel 1993, quando monsignor Sastre ha affidato il centro Siloé alle suore Ancelle della luce di Cristo, l’obiettivo era chiaro: farne «uno spazio in cui i pensionanti — ipovedenti e ciechi — possano non solo ricevere una formazione adeguata, ma anche sviluppare la loro autonomia». Così, il centro accoglie bambini con disabilità visive a partire dai 6 anni. Qui, spiega madre Nadine, vengono proposte due opzioni: «coloro che possono ancora andare a scuola e studiare sono iniziati al braille; dall’altro lato, coloro che non possono più riprendere le lezioni perché troppo anziani imparano dei mestieri».
Dalla sua creazione, più di 300 ospiti sono già passati per il centro, ha assicurato suor Adelaide Tognizin. Nella fila di questi ex pensionanti, ha citato insegnanti, maestri e maestre di botteghe artigiane. «Ce ne sono anche in formazione universitaria all’estero, in Francia» sottolinea la suora.
Nonostante questi motivi di gioia e di speranza, le religiose devono affrontare varie difficoltà. Oltre a non poter vedere nulla intorno a loro, i pensionanti sono per la maggior parte spesso ansiosi per il loro futuro. «La più grande sfida per me è trovare opportunità per andare molto lontano nei miei studi e avere un lavoro che corrisponda alla mia disabilità e alle mie competenze», ha confidato Jean, un altro pensionante. Infatti, ha spiegato madre Adjagba, «il problema principale rimane il loro inserimento professionale; non è facile per loro trovare lavoro nel Paese».
Inoltre, le Ancelle della luce di Cristo a volte si trovano a dover affrontare da sole le responsabilità relative alla presa in carico di questi bambini. «Molti genitori non si informano più dopo aver affidato il loro bambino al centro» si rattrista, addolorata, suor Tognizin. Allo stesso modo, «quando il centro li manda in vacanza, i genitori non sono sempre pronti ad accoglierli». Allora i carichi si accumulano, «a volte mancano i mezzi per soddisfare adeguatamente i loro bisogni nutrizionali, i bisogni di salute e di abbigliamento, un peso considerevole». Eppure, conclude suor Tognizin, «la nostra più grande gioia e consolazione è vedere questi bambini crescere e fiorire in vista di un futuro luminoso».
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