Corsa contro il tempo

di Federico Piana
Adesso la preoccupazione maggiore è il tempo che passa. Più trascorrono le ore e più aumenta il rischio che sotto le macerie si trovino sempre più cadaveri che feriti.
D’altronde, i soccorritori ce la stanno mettendo tutta ma spostarsi per le strade dell’est dell’Afghanistan, rese inservibili dalle tonnellate di macerie provocate dal terremoto dello scorso 31 agosto, è praticamente impossibile. Ad essere difficilmente raggiungibili sono soprattutto i villaggi delle zone montuose dove ancora non si conosce l’entità dei danni ed il numero delle vittime.
Sperare, quindi, che il bilancio aggiornato ad oltre 1.400 morti, più di 3200 feriti ed 8.000 abitazioni ed edifici distrutti non aumenti vertiginosamente nelle prossime ore rimane un’ illusione.
In una conferenza stampa a Kabul, capitale del Paese, la coordinatrice umanitaria delle Nazioni Unite in Afghanistan, Indrika Ratwatte, ha ammesso che potenzialmente «il numero delle persone colpite potrebbe arrivare addirittura a centinaia di migliaia. Non c’è dubbio che il tasso delle vittime sarà piuttosto esponenziale».
Quella di raggiungere le aree rimaste isolate è una sfida che i soccorritori stanno tentando di vincere utilizzando gli elicotteri ma non sempre è possibile: a complicare la situazione, in alcune zone, ci si mettono anche le avverse condizioni climatiche e l’impossibilità di atterrare nei terreni invasi da migliaia di metri cubi di detriti.
In alcune località sulle colline della provincia del Kunar, decine di sopravvissuti, in attesa dei soccorsi, hanno scavato per ore a mani nude e con pale di fortuna nella speranza di trovare in vita qualcuno. Molti genitori che riescono a tirare fuori dalle case crollate i corpi dei propri bambini preferiscono seppellirli avvolti semplicemente in un lenzuolo bianco anziché attendere l’arrivo dei soccorritori. Sarebbe troppo tardi anche per quell’ultimo addio.
Chi è riuscito a salvarsi ed ha avuto la fortuna di essere ricoverato in un ospedale ancora non può essere considerato fuori pericolo. «Queste persone — denuncia Ratwatte — devono fare i conti con strutture sovraffollate, carenza di sangue e medicinali, penuria di personale medico ed infermieristico». Una situazione sempre più drammatica che ha spinto un funzionario del governo talebano a lanciare un pubblico appello alla comunità internazionale: «In questo momento stiamo fornendo servizi di base ma l’aiuto ai sopravvissuti e la ricostruzione non possono essere gestite dal solo Emirato islamico. Abbiamo bisogno dell’aiuto concreto di tutte le altre nazioni».
Già prima di questo terribile terremoto, più di un quinto della popolazione afghana soffriva di sottoalimentazione mentre 3,5 milioni di bambini erano gravemente malnutriti: ora la situazione si è complicata, aggravata anche dal fatto che, con l’arrivo al potere dei talebani, molti donatori internazionali hanno smesso di sostenere con assiduità progetti umanitari e di sviluppo.
Nelle scorse ore, l’Unione Europea ha approvato lo stanziamento di un milione di euro per la gestione immediata delle emergenze: 130 tonnellate di aiuti che dovrebbero essere consegnati a Kabul con due voli in programma per l’inizio della prossima settimana. «Questa nuova assistenza — spiega un comunicato della Commissione europea — si aggiunge ai 161 milioni di euro di aiuti umanitari già stanziati nel 2025 per le organizzazioni umanitarie nel Paese. Gli aiuti umanitari dell'Ue in Afghanistan sono erogati esclusivamente attraverso partner umanitari». Sostegno che si è andato ad aggiungere alla promessa di invio di beni di prima necessità dell’Onu e di nazioni come Gran Bretagna, India, Cina, Pakistan, Iran, Emirati Arabi.
Con una nota ufficiale, anche il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, si è fatto prossimo al dolore di tutto l’Afghanistan e, esprimendo vicinanza alle famiglie delle vittime, ha auspicato che «che le operazioni di soccorso e l’afflusso di aiuti di emergenza nelle aree funestate dal sisma possano svolgersi senza impedimenti e con ogni possibile strumento».