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Simul currebant - Nel mondo dello sport
A tu per tu con Oney Tapia

Se cominci a vedere
quando diventi cieco

 Se cominci a vedere quando diventi cieco  QUO-200
01 settembre 2025

«Io, vagabondo che son io / vagabondo che non sono altro / soldi in tasca non ne ho /ma lassù mi è rimasto Dio»: Oney Tapia — star dei lanci paralimpici, cubano divenuto italiano — sceglie per presentarsi il ritornello della leggendaria canzone dei Nomadi. Sia per il suo carattere estroverso da habanero — nel 2017 ha vinto il programma tv “Ballando con le stelle” — sia perché la canzone lo fotografa nel corpo e nell’anima: «Io un giorno crescerò / e nel cielo della vita volerò / ma un bimbo che ne sa / sempre azzurra non può essere l'età / poi una notte di settembre me ne andai...».

È nato, appunto, a La Habana. Classe 1976. Giocatore di baseball, si trasferisce in Italia (nel bergamasco, con puntate tra Lodi e Verona) aggiungendo il rugby e il mestiere di giardiniere. Il 25 maggio 2011 perde la vista proprio per un incidente sul lavoro. Nel 2013 inizia a praticare l’atletica paralimpica (categoria F11) e nel 2015 entra nel ranking internazionale nei lanci del disco e del peso. Tra le Paralimpiadi di Rio de Janeiro 2016, Tokyo 2021 e Parigi 2024 vince un oro, un argento e due bronzi. Aggiungendo un oro e un argento ai Mondiali e tre ori agli Europei. Con tanto di record del mondo.

Ma per conoscere davvero Oney non basta il pur straordinario palmarès sportivo. «Ho imparato a vedere solo dopo aver perso la vista» dice subito di se stesso. Come a dire: umanamente e sportivamente c’è un “prima” e un “dopo” quell’incidente: «Sono un cieco che ha imparato, che sta imparando, a vedere con occhi diversi». C’è molto di parabola evangelica.

Confida di aver ritrovato, con la perdita della vista, «la gioia di essere vivo» e di aver «capito la straordinaria opportunità che l’incidente — una benedizione! — mi ha dato: la possibilità di conoscermi meglio, di scoprire le mie potenzialità, di trovare un nuovo equilibrio interiore e sì, persino di vincere!».

Da non vedente, rilancia, «ho toccato con mano che nella vita tutto è possibile e i limiti li mettiamo noi per primi». E «ho imparato anche a non arrendermi mai: ogni ostacolo è un’opportunità». Sono tante, imprevedibili, le scoperte da non vedente: «L’importanza dell’ascolto come una seconda vita. Se sai ascoltare attentamente puoi fare qualsiasi cosa. Ho trovato una nuova serenità, difficilmente spiegabile e parole, e la voglia di mettermi sempre in discussione».

Ha raccolto la sua storia nelle pagine del libro intervista (a cura di Maurizio Boldrini) La luce oltre la siepe. Da Cuba all’Italia, dalla perdita della vista all’oro olimpico: Oney Tapia, campione di inclusione (edizione Opera di religione della diocesi di Ravenna, pagine 175, con audiolibro, euro 15,00). Sulla scia di “Più forte del buio” (2018, HarperCollins, pagine 240, euro 18,00).

«Rivivo attimo dopo attimo il momento in cui il tronco dell’albero, che stavo tagliando, mi colpì sul viso causandomi lo scoppio di entrambi i bulbi oculari. Poi la corsa in ospedale. Da quel momento... tutto totalmente buio» racconta. «Cresciamo con l’idea del paradiso e dell’inferno: per me, in quel momento, era come se fossi precipitato dritto nella bocca dell’inferno! Mi sono reso conto, invece, che nel buio ci può essere gioia, felicità e soprattutto crescita. Nel buio ci può essere anche l’amore, ma soprattutto la luce».

Del resto, rilancia Oney con la concretezza dello sportivo, «ci sono due alternative: o vivere al buio o vivere nel buio cercando di viverlo. Ho scelto questo seconda percorso. E mi sento di testimoniare — anche nelle scuole dove sto andando per incontrare i più giovani così come nei progetti sociali — che l’infortunio è stato davvero una benedizione: mi ha permesso di girare i riflettori verso il mio interno e di riuscire ad avere il coraggio di far partire il cuore e la mente per condurre questa grande carrozzeria che è il mio corpo ad affrontare la vita».

L’incidente, dunque, come «seconda possibilità nella vita per rettificare e anche per dire che il momento migliore è oggi!». Oney non si nasconde dietro giri di parole buoniste: «Il buio è la mia casa ma continua a essere soprattutto il mio trampolino di lancio. Ieri quel buio era una barriera da superare, una siepe da saltare mentre oggi è un’opportunità per superarmi giorno dopo giorno, trovando la mia dimensione personale».

Ecco spiegato il senso della parola “benedizione” legata alla disabilità: «Il buio è il mio grande maestro, la linea guida. L’infortunio mi ha permesso di aprire la porta a un universo che non pensavo ci fosse e nel quale invece, oggi, mi ritrovo dentro. Un universo che ho imparato ad accettare e che ho accolto. Piano piano entrambi, io e il buio, ci siamo reciprocamente adattati. La vita non è quello che ti succede ma quello che riesci a fare a prescindere da quello che è successo».

A dar senso “a tutto”, rilancia, c’è la fede: lo ha testimoniato, in particolare, al Giubileo delle persone con disabilità e partecipando al programma “Storie di sport. Athletica Vaticana racconta” su Radio Vaticana-Vatican News.

Oney ha applicato questa consapevolezza — non facile da costruire, tra paure e insicurezze da superare — all’atletica paralimpica. Nel percorso sportivo non sono mancate le cadute, la depressione e una squalifica («ingiusta!») per doping senza essere mai stato trovato positivo. Semplicemente non era a casa al momento del controllo.

Battuta pronta, ironia e autoironia a gogo, riservato solo nelle questioni familiari, Oney porta nello sport anche una proposta “politica”, nel senso più alto del termine: c’è scritto “pace” nella mascherina che indossa al momento di lanciare in pedana. E il fatto di sentirsi profondamente cubano e gareggiare con i colori italiani «sta a significare che non ci sono confini, che insieme siamo il grande popolo dell’umanità». E sì, conclude, «lo sport è questo: si cade e ci si rialza, si perde per poi vincere e, alla fine, ci si diverte». Prossimo appuntamento a New Delhi dal 27 settembre per i Mondiali di atletica paralimpica. (giampaolo mattei)