· Città del Vaticano ·

DONNE CHIESA MONDO

InFondo

Madre Teresa
e la notte dell’anima

Mutter Teresa, lachend, Dezember 1985
06 settembre 2025

Un giorno Dio ti chiama, lascia nella tua anima un’impronta d’amore che ti accende di Lui e ti porta – nel Suo nome e per il Suo amore – a operare in India. Quella luce è la tua forza, ti permette di seminare consolazione là dove più aspro è il dolore. Una forza che sposta le montagne.

Ma è proprio quando cominci a operare che Dio sparisce. Lo cerchi e non risponde, l’invochi e non compare. Al posto della Sua luce c’è adesso una tale terribile oscurità da darti l’impressione che, dentro di te, tutto sia morto. «Signore mio Dio (…) la figlia del tuo amore, è ora diventata come la più odiata, quella che hai gettato via come non voluta e non amata (…). La solitudine del cuore che vuole amore è insopportabile».

Abitata da una tale oscurità, che fai? Vacilli? Ti ritiri? No, c’è un’opera da perseguire, e dunque avanti, seminando gioia, sorridendo là dove di sorrisi, come di cibo e medicine, c’è una gran fame. «Sorridere tutto il tempo. Le sorelle (…) pensano che l’intimità con Dio e l’unione con la Sua volontà assorbano il mio cuore. Se solo sapessero… e come la mia gioia è il mantello con cui nascondo il vuoto e la miseria».

Un tormento spirituale di cui mai avremmo immaginato preda Madre Teresa. Quando pensavamo a lei, vedevamo la sua figura di suorina che parlava coi potenti e s’inginocchiava davanti agli umili; limpida di sguardo e serena nell’agire, sprigionava la forza dello Spirito che tutto può. Solo dopo la sua morte – avvenuta il 5 settembre 1997 – avremmo scoperto, grazie alla pubblicazione di lettere private, che nel 1950, dopo aver fondato a Calcutta le Missionarie della carità, venne colta da un senso di abbandono spirituale con cui convisse per quasi cinquant’anni. Un vuoto che sapeva di tradimento, che conteneva l’eco di quel «Perché mi hai abbandonato?» gridato da Gesù sul Calvario. Grido che, anni dopo, si farà luce di comprensione: la notte del suo cuore è la condivisione della Passione di Gesù, perciò potrà amare l’oscurità come parte integrante della sua vocazione.

Nonostante il gelo interiore, fonda a Calcutta nel 1952 la Casa dei Morenti, trasformando un ex rifugio per pellegrini – il Nirmal Hriday – in un luogo in cui gli agonizzanti possono morire con dignità. «Per prima cosa cerchiamo di far capire loro che gli vogliamo bene, che si rendano conto che c’è realmente qualcuno che li ama, almeno nelle poche ore che hanno ancora da vivere».

Ed è proprio lì, in quella sofferenza, che il vuoto di Dio si fa amore che cura, preghiera ininterrotta, scelta di credere anche senza consolazione.

di Tea Ranno
Scrittrice. Gli stralci delle lettere sono tratti da “Sii la mia luce”, di Madre Teresa, a cura di Brian Kolodiejchuk, M. C. Rizzoli 2008