· Città del Vaticano ·

DONNE CHIESA MONDO

5DomandeA...

Giulia Minoli: la prima scuola per operatrici antiviolenza nasce per riconoscere
un sapere

 Giulia Minoli: la prima scuola per operatrici antiviolenza nasce per riconoscere un sapere  DCM-008 ...
06 settembre 2025

Formare chi ogni giorno sostiene le donne che subiscono violenza. Nasce con questo obiettivo la prima Scuola nazionale per operatrici dei Centri Antiviolenza, ideata dalla Fondazione italiana Una Nessuna Centomila. Gratuita, partirà a ottobre e sarà ospitata dalla Casa Internazionale delle Donne, storico spazio di diritti femminili a Roma. Ne abbiamo parlato con Giulia Minoli, presidente della Fondazione.

Da dove siete partite per immaginare la scuola?

Dall’intuizione di Lella Palladino, la nostra vice presidente, forte della sua esperienza trentennale nei Centri Antiviolenza. Abbiamo raccolto le istanze emerse dall’ascolto delle operatrici dei Centri, che sono partner della Fondazione, ed è maturata la consapevolezza di un bisogno diffuso: sistematizzare i saperi e le pratiche che i Centri hanno costruito sul campo.

Obiettivi?

Istituzionalizzare un sapere che spesso è banalizzato da chi pensa di poterne parlare senza competenza. Vogliamo costruire strumenti e metodi più efficaci, fondati su un approccio culturale e politico alla violenza di genere, anche attraverso la definizione di un codice etico dei Centri. Sempre partendo dal valore delle operatrici, capaci di affrontare l’imprevedibile e di lavorare in rete.

Come è organizzata la scuola?

Si svolge in modalità mista, con la teoria online e i laboratori in presenza. È articolata in otto moduli su femminismi, violenza di genere, aspetti normativi, lavoro nei Centri, minori, tratta, prevenzione e lavoro di rete. È guidata da un Comitato Scientifico che cura i contenuti. Le docenti sono esperte dei Centri, accademiche, avvocate, psicologhe e attiviste.

Quale è lo stato di salute dei Centri?

C’è un problema di risorse e precarietà, molte operatrici sono costrette a lavorare da volontarie, nonostante si tratti di un’attività altamente specializzata. Centri e operatrici sono poco valorizzati anche nel dibattito pubblico. Quando i media parlano di violenza sulle donne, raramente danno voce a chi lavora nei Centri, come invece andrebbe fatto per valorizzare le competenze e le differenze tra territori.

Accanto alla Fondazione però ci sono decine di artisti, forse qualcosa sta cambiando?

Anche gli artisti sentono il bisogno di formarsi su questi temi. Non sono testimonial, ma parte attiva di un cambiamento culturale. Promuovono iniziative, fanno laboratori, sono “artisti-attivisti”. Ecco, come Fondazione guardiamo ai modelli europei, puntiamo su una filantropia della fiducia e collaboriamo sempre più con il mondo della cultura.

di Carmen Vogani