· Città del Vaticano ·

L’affidamento a Dio caratterizza l’intera esistenza della madre di Agostino

La forza della preghiera

 La forza della preghiera   QUO-196
27 agosto 2025

di Tiziana Campisi

Modello di donna credente: così conosciamo santa Monica, nata a Tagaste nel 331 e, data in sposa al pagano Patrizio, funzionario municipale, a 23 anni madre di Agostino, vescovo di Ippona, padre della Chiesa. Di razza berbera, la sua era una benestante famiglia cristiana che le permise di studiare, per questo la giovane Monica ebbe modo di leggere la Sacra Scrittura. In lei si fondono un’intelligenza vivace, una personalità forte, una profonda sensibilità. «Muliebre l’aspetto, virile nella fede, vegliarda nella pacatezza, materna nell’amore, cristiana nella pietà», la descrive il figlio nelle Confessioni (IX, 4, 8).

Potrebbe sorprendere il fatto che Monica sia divenuta moglie di un non credente, ma i matrimoni misti, nell’Africa del IV secolo, non erano insoliti, poiché molti pagani non erano ostili al cristianesimo e tolleravano che le loro mogli credenti vivessero la loro fede e vi educassero i figli.

Oltre Agostino, Monica ne ebbe altri due da Patrizio: Navigio e una femmina il cui nome non è noto. Consorte amorevole, con il marito sapeva trovare i momenti opportuni per il dialogo e il confronto, aspettando con pazienza che si placasse la collera, non rara nel carattere irascibile del coniuge. La preghiera di Monica, la sua amabilità e bontà e anche le sue virtù di sposa, sappiamo che guadagnarono alla fede cattolica anche Patrizio morto nel 371, poco dopo avere ricevuto il battesimo.

E proprio la fede ha nutrito l’esistenza di questa donna così energica che, rimasta vedova all’età di 39 anni con tre figli da crescere, non si perse mai d’animo, e per loro si spese totalmente. Chi le dava più preoccupazioni era il diciassettenne Agostino, esuberante, di acuta intelligenza e giovane promettente, che aveva iscritto tra i catecumeni, ma che non fece battezzare. «Conoscendo i flutti delle tentazioni che già in gran numero e misura si profilavano minacciosi» (Confessioni X, 11, 18) pensò, infatti, di rimandare il sacramento.

Monica volle che continuasse gli studi, dopo i tanti sacrifici di Patrizio per mandarlo a Madaura perché apprendesse «letteratura ed eloquenza», e si prodigò per sostenerlo a Cartagine. Come il marito, ambiva a una brillante carriera per il primogenito, convinta, inoltre, che l’istruzione e la scienza lo avrebbero aiutato ad arrivare a Dio. Nella metropoli portuale, appena diciannovenne, però, Agostino abbandona la Chiesa cattolica e aderisce al manicheismo, un misto di cristianesimo, teorie scientifiche e cosmologia mitologica, e si lega anche a una donna di ceto inferiore al suo, perciò da poter tenere al suo fianco come concubina. Ebbe anche un figlio da lei, Adeodato, e così le necessità economiche aumentarono.

Decise allora di tornare a Tagaste per avviarvi, come insegnante, una scuola secondaria di retorica. Monica, però, non volle accoglierlo in casa, sdegnata e adirata: non era facile per lei accettare le scelte del figlio, un eretico in pratica, avendo abbracciato la setta dei seguaci di Mani; convivente con una giovane che non poteva portare all’altare; padre di un pargolo cui provvedere. Ma la preghiera e la fede guidarono Monica a una prima conversione. Copiose lacrime bagnarono il suo volto davanti all’altare del Signore; implorava che Agostino si ravvedesse. Non accadde, ma Monica mutò d’animo, perché la fede le insegnò a rispettare i tempi di Dio.

Un «sogno consolatore» (Confessioni III, 11, 19-20), poi, la spinse ad accettarlo in casa: si era vista «ritta sopra un regolo di legno», accanto «un giovane radioso e ilare» che le andava «incontro sorridendole» e che, vedendola afflitta, le chiedeva «i motivi della sua mestizia e delle lacrime». Aveva risposto che causa del suo affanno era la perdizione del figlio e il giovane l’aveva tranquillizzata esortandola «a guardarsi attorno», perché su quel regolo dov’era lei si trovava anche il figlio. Agostino cercò di interpretare a modo proprio il sogno quando ne fu edotto, invitando la madre a non disperare perché un giorno anche lei avrebbe condiviso le sue scelte. Ma Monica «subito, senza un attimo di esitazione, esclamò» che le era stato detto: «Là dove sei tu sarà anche lui» e non il contrario.

Trascorsero anni e Monica non smise di pregare e versare ancora lacrime per il figlio, preoccupandosi sempre di trovare il modo per farlo ravvedere. Chiese pure a un dotto vescovo (12, 21) di trattenersi con il figlio, perché confutasse i suoi «errori» e lo dissuadesse dai «principi errati». Quel presule le consigliò di lasciarlo dov’era, aggiungendo: «Prega soltanto il Signore per lui. Scoprirà da sé stesso, leggendo, dove sia il suo errore e quanto sia grande la sua empietà». Ma Monica non si rassegnò e insistette «ancor più con implorazioni e lacrime copiose» e fu congedata con una frase giunta anche a noi, nelle Confessioni: «Non può essere che il figlio di tante lacrime perisca».

Ancora una volta dovette imparare a perseverare nella fede, ad accettare la sconosciuta volontà di Dio e a mettere da parte l’urgenza che la spingeva per affidarsi, invece, alla Provvidenza. E lo stesso fece quando Agostino, tornato a Cartagine per fare carriera come insegnante, maturò l’idea di trasferirsi a Roma. Monica se ne disperò, rivolse a Dio nuove preghiere e cercò di dissuadere il figlio, che raggiunse l’Urbe di nascosto, mentendole. Pianse tanto e tornò a invocare l’Onnipotente, ma riprese poi la sua quotidianità, continuando a vivere la sua fede e accettando la lontananza del figlio. Lo raggiungerà, poi a Milano, dove aveva ricevuto l’incarico di professore di retorica.

Qui Agostino informò la madre di non essere più manicheo; lei «non sobbalzò di gioia» (VI, 1, 1), «da tempo era tranquilla» e «nessuna esultanza scomposta commosse dunque il suo cuore», tanto che «con assoluta pacatezza» e fiduciosa disse: «Credo in Cristo che prima di migrare da questo mondo ti avrò veduto cattolico convinto».

Nella diocesi di Milano, Monica trovò nel vescovo Ambrogio, le cui predicazioni avevano aperto il cuore di Agostino, una nuova guida; si inserì nella comunità locale e si fortificò di più nella fede, convinta che il figlio ormai avrebbe potuto contrarre un matrimonio cristiano, per il quale si prodigò. L’epilogo è ben noto: Agostino giungerà alla conversione e deciderà di consacrarsi totalmente a Dio. Monica ne gioì enormemente: «Cominciò a benedirti — narra il vescovo di Ippona (VIII, 12, 30) — perché puoi fare più di quanto ti chiediamo e comprendiamo». E noi posteri non possiamo che trarre da lei un grande insegnamento.