Unrwa: «L’indifferenza

Oltre 300 morti per fame a Gaza
Tel Aviv, 26. Sale a 303 il numero totale di morti per fame nella Striscia, inclusi 117 bambini. Lo affermano i responsabili della sanità Gaza, citati da Al Jazeera, secondo cui altre tre persone sono morte di malnutrizione nell’enclave nelle ultime 24 ore. Continua, intanto, l’offensiva israeliana, che miete ancora vittime tra i civili. Sono almeno 24 i palestinesi rimasti uccisi negli attacchi dell’Idf in tutta la Striscia dall’alba di oggi. A Gaza City, riporta Al Jazeera, sarebbero state colpite quattro case, in particolare nei quartieri di Zeitoun e Sabra. Nella zona centrale sono stati uccisi due palestinesi, tra cui un bambino di due anni.
Nel frattempo, cresce l’ondata d’indignazione a livello internazionale, all’indomani dell’attacco dell’esercito israeliano all’ospedale Nasser di Khan Younis che ha prodotto oltre 20 morti tra cui cinque giornalisti. Ferma condanna dell’uccisione di reporter e operatori sanitari è arrivata da Paesi quali Regno Unito, Canada, Francia, Egitto, Italia e Cina.
«L’indifferenza e l’inazione del mondo sono scioccanti — ha commentato il commissario generale dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa), Philippe Lazzarini —, si stanno mettendo a tacere le ultime voci rimaste che raccontano dei bambini che muoiono silenziosamente in mezzo alla carestia». «La compassione deve prevalere — è l’appello di Lazzarini —, dobbiamo porre fine a questa carestia artificiale aprendo i valichi senza restrizioni e proteggendo giornalisti e operatori umanitari e sanitari. Serve volontà politica. Non domani, adesso».
Parole di disappunto sono state espresse su X anche dal direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus: «Mentre la popolazione di Gaza soffre la fame, il suo già limitato accesso all’assistenza sanitaria viene ulteriormente paralizzato dai ripetuti attacchi. Stop agli attacchi all’assistenza sanitaria. Cessate-il-fuoco ora!». Thibaut Bruttin, direttore generale di Reporter senza frontiere (Rsf) ha fatto presente che «dieci anni dopo l’adozione della risoluzione 2222 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che protegge i giornalisti in tempo di conflitto, l’esercito israeliano ne ignora l’applicazione». Ha chiesto dunque una riunione d’urgenza del Consiglio di sicurezza «per garantire che questa risoluzione venga finalmente rispettata e che vengano adottate misure concrete per porre fine all’impunità per i crimini contro i giornalisti, proteggere i giornalisti palestinesi e consentire a tutti i giornalisti di accedere all’enclave».
Da parte sua, il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha espresso su X «profondo rammarico per il tragico incidente all’ospedale Nasser nella Striscia di Gaza» e ha comunicato che «le autorità militari stanno conducendo un’indagine approfondita». Indagini che, ha auspicato l’Onu, «devono portare a risultati», ha detto ai giornalisti a Ginevra il portavoce dell’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani, Thameen Al-Kheetan: «Ci deve essere giustizia. Non abbiamo ancora visto risultati o misure di responsabilità», ha aggiunto.
Ieri il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, commentando alla Casa Bianca la notizia del bombardamento sull’ospedale di Khan Younis, non si è detto «contento». Trump ha azzardato però «che entro le prossime due o tre settimane» potrebbe esserci «una buona conclusione, piuttosto chiara e definitiva» della guerra a Gaza.
Intanto i parenti degli ostaggi, ancora nelle mani di Hamas, si sono riuniti oggi a Tel Aviv per una nuova giornata di proteste per il rilascio dei loro cari e la fine dei combattimenti. Dopo 690 giorni di guerra «senza un obiettivo chiaro» — accusa Einav Zangauker, la madre dell’ostaggio Matan Zangauker — è diventato evidente che Netanyahu ha «paura di una cosa: la pressione pubblica».
Non si attenua, intanto, la tensione con la Siria, dove un attacco delle Idf ha ucciso un uomo nel villaggio di Taranja, nel sud del Paese. Ieri, inoltre, il ministero degli Esteri siriano ha espresso «la sua ferma condanna per l’incursione militare condotta dalle forze di occupazione israeliane nella zona di Beit Jinn, nella campagna meridionale di Damasco».
Sul fronte diplomatico, Israele ieri ha ritirato la sua richiesta di nominare un nuovo ambasciatore in Brasile, dopo che — afferma il ministero degli Esteri citato dal «Times of Israel» — il Paese sudamericano si è rifiutato di approvare il diplomatico Gali Dagan, dichiarando che i rapporti con Brasilia sono ora condotti «a un livello inferiore».