Uno sguardo diverso

di Sara Costantini
Non rassegnarsi allo spopolamento e all’abbandono dei piccoli centri ma valorizzare le potenzialità locali. Sostenere le comunità con politiche coraggiose e durature, promuovere speranza, resilienza e coesione sociale attraverso l’impegno condiviso di istituzioni e comunità. Questo è il messaggio centrale e i valori elencati nella lettera Uno sguardo diverso, destinata al governo e al Parlamento, sottoscritta da 139 tra cardinali, arcivescovi, vescovi e abati al termine del convegno di Benevento sulle aree interne d’Italia.
Il congresso si è concluso con le parole del presidente della Cei, cardinale Matteo Maria Zuppi, e un messaggio dell’arcivescovo di Benevento, monsignor Felice Accrocca. «La lettera — spiega Accrocca — è un contributo che offriamo al governo e al Parlamento, perché non possiamo e non dobbiamo rassegnarci a sancire la morte di una parte significativa della nazione. Ne sortirebbe un danno per tutti. Noi crediamo che, accanto alle criticità, che pure ci sono, le aree interne possono vantare grosse potenzialità, che devono però essere valorizzate in un progetto organico che richiede tempi anche lunghi. Una sfida che la politica deve saper cogliere se non vuole assistere al proprio fallimento. Noi siamo già presenti sul campo e siamo disponibili a offrire il nostro contributo».
Il documento si apre con una constatazione netta: «Nella difficile fase in cui siamo immersi è indubbio che nel Paese si stia allargando la forbice delle disuguaglianze e dei divari, mentre le differenze non riescono a diventare risorse, tanto da lasciare le società locali — e in particolare i piccoli centri periferici — alle prese con nuove solitudini e dolorosi abbandoni».
Con parole decise i firmatari contestano la prospettiva delineata dal Piano strategico nazionale delle aree interne, che arriva a descrivere lo spopolamento come un processo ormai irreversibile, da accompagnare più che da contrastare. Una visione che nel documento viene definita «un invito a mettersi al servizio di un suicidio assistito di questi territori», quasi a sancire la fine delle comunità locali invece che sostenerne la rinascita. Per questo nella lettera si chiede un cambio di sguardo e di linguaggio: «Chiediamo che venga esplorata con realismo e senso del bene comune ogni ipotesi d’invertire l’attuale narrazione delle aree interne, sollecitando politiche non rassegnate ma coraggiose, capaci di ridurre le distanze e di restituire voce e futuro alle comunità».
Accanto alla denuncia, il testo offre proposte concrete: «Si favoriscano esperienze di rigenerazione coerenti con le originalità locali e in grado di rilanciare l’identità rispetto alla frammentazione sociale; s’incoraggi il controesodo con incentivi economici e riduzione delle imposte, soluzioni di smart working e co-working, innovazione agricola, turismo sostenibile, valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici, piani specifici di trasporto, recupero dei borghi abbandonati, co-housing, estensione della banda larga, servizi sanitari di comunità e telemedicina».
Nel documento viene ricordato che la comunità ecclesiale resta uno dei pochi presìdi capillari rimasti in queste zone: parrocchie, Caritas e associazioni sono quotidianamente impegnate nell’accompagnare le persone e nel promuovere coesione sociale. «Come vescovi e pastori di moltissime comunità fragili e abbandonate — sottolineano — non possiamo e non vogliamo rassegnarci alla prospettiva adombrata dal Piano strategico; risuonano anzi ancor più forti, dentro di noi, le parole del profeta: “Figlio dell’uomo, ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele”». In questo senso, anche le esperienze concrete sostenute con l’8xmille — dalle reti di infermieri di comunità ai servizi di taxi sociale, fino ai progetti per i giovani — diventano segni di speranza da custodire e valorizzare.
Nella parte conclusiva della lettera, i firmatari lanciano un invito al confronto: «Ci auguriamo che queste nostre riflessioni, frutto di esperienze maturate sul campo, siano fatte oggetto di attenta riflessione da parte del governo e del Parlamento. Per questo, saremmo lieti di poter esporle in un dialogo sereno e costruttivo, qualora ciò si ritenesse opportuno».