Le chiese siano luoghi

Il messaggio di Leone XIV e la prolusione del cardinale Parolin
di Benedetta Capelli
«La liturgia nutre e vivifica la speranza»: è il titolo della prolusione tenuta dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin nel Duomo di Napoli, dove sono state esposte le reliquie di San Gennaro, nel pomeriggio di ieri, lunedì 25 agosto, al termine dei Vespri celebrati in occasione dell’apertura della 75ª Settimana liturgica nazionale, in programma fino a giovedì 28 agosto.
Incentrato sul tema «Tu sei la nostra speranza. Liturgia: dalla contemplazione all’azione», l’appuntamento prevede la partecipazione di circa 500 persone tra studiosi e liturgisti.
A precedere l’intervento del porporato, la lettura di un messaggio di Leone XIV, che ha rivolto il suo saluto a relatori e a partecipanti e auspicato che i lavori della Settimana «favoriscano una partecipazione sempre più attiva dei fedeli all’azione liturgica della Chiesa, suscitando rinnovata consapevolezza del carattere evangelizzante delle celebrazioni sacra». «Possa il simposio incoraggiare la riflessione ed elaborare linee pastorali operative — ha scritto il Pontefice — affinché i fedeli riscoprano le chiese come luoghi di culto, dove si celebra la fede, si incontra il Signore presente e operante nei Sacramenti, si vive la comunione fraterna».
Speranza, contemplazione, azione e pace: sono le parole chiave della riflessione offertadal cardinale Parolin che ha ricordato come la fede in Cristo, «nostra speranza», cantato nel Te Deum, e il Giubileo in corso siano «realtà che celebriamo e viviamo nella liturgia», all’interno della quale l’uomo, «appesantito dalle proprie fatiche, dalle proprie fragilità e dal proprio peccato, non può far altro che abbandonarsi all’amore di Dio confidando nella sua misericordia».
Ma perché la liturgia sia nutrimento della fede e della speranza è necessario — ha sottolineato il porporato — «fare esperienza di Dio nella celebrazione», allenarsi alla sua presenza attraverso la contemplazione, che non è un «nutrire gli occhi», ma accade «dentro» ognuno di noi e, uscendo «fuori», trova un «Altro». «La contemplazione — ha proseguito il segretario di Stato — è l’atteggiamento di colui che riconosce il dono di Dio nella liturgia, ossia il Mistero pasquale di Cristo. Ne riconosce la presenza nei sacramenti, in particolare nel sacrificio eucaristico, nella Parola, nel ministro, nell’assemblea». Di qui l’invito a cogliere «la bellezza della liturgia», «bellezza dell’amore salvifico di Dio, manifestato in Gesù Cristo, morto e risorto», come si legge nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium di Papa Francesco.
La contemplazione suscita lo stupore, «un lasciarsi nutrire dalla speranza che viene dal Mistero contemplato e celebrato», che mette in moto — ha evidenziato ancora Parolin — la vita spirituale e fa aprire le braccia per cogliere il dono ricevuto. È necessario però che la liturgia sia inclusiva, «capace di suscitare stupore nel bambino, nel ragazzo, nel giovane, nell’adulto, nell’anziano, nel disabile, nel migrante; in tutti coloro che sentono fame di Dio, del suo amore e lo mendicano — ha proseguito il cardinale — nelle nostre liturgie e nelle nostre comunità quale segno di speranza dell’uomo nei confronti di Dio, ma anche segno di speranza per la Chiesa, nella quale abbiamo ancora ricercatori di Dio».
La liturgia «invita a guardare al cielo, ma nella concretezza della vita» e solo unendo «il rito alla vita, la celebrazione — ha rimarcato il segretario di Stato — può essere fonte di speranza». Questo collegare liturgia e vita, contemplazione e azione, rende gli uomini «artigiani di unità» e solo così, conservando il rapporto tra sacramentalità e umanità, «saremo in grado di rispondere a chi ci domanda ragione della speranza che è in noi».
Ancora, il richiamo del cardinale Parolin alla necessità di una liturgia sempre più «luogo» di prossimità, di speranza, libertà, ospitalità e di rifugio. A volte — ha evidenziato — essa è l’unico luogo ospitale perché non lacera e in essa il popolo si riconosce come comunità. Quindi, il riferimento alla parrocchia della Sacra Famiglia di Gaza City, colpita dai bombardamenti lo scorso 17 luglio, in cui hanno perso la vita tre persone, che «resta — ha sottolineato il porporato — uno dei rari (se non l’unico) segno di speranza di quella terra devastata, dentro la quale non solo pregano, ma hanno trovato rifugio e dimorano, presso il tempio di Dio, circa 500 cristiani». «La casa di preghiera diventa la dimora e il rifugio del popolo di Dio e di qualsiasi persona perseguitata e oppressa, segno di sicura speranza», ha ribadito il cardinale Paolin.
C’è dunque bisogno — ha aggiunto — di una liturgia «inclusiva, interculturale e ospitale» nelle parrocchie italiane ad oggi sempre più multiculturali; una liturgia che sia la manifestazione più alta di «sinodalità». Il cardinale Parolin ha ricordato, inoltre, che nelle città sono molte le persone giunte da altri continenti, le quali hanno percorso le rotte della speranza, una vera e propria “Via Crucis” in cui non è mancata la preghiera per chiedere salvezza. Per questo, ha esortato a pensare non solo al loro sostentamento materiale, ma anche alla loro sete di spiritualità, alla fame di speranza che viene dalla loro fede in Dio.
L’essenza della liturgia è «la pace — ha affermato — in quanto dono del Risorto; non è un segno, ma è pace autentica, comunione vera». La pace infatti è frutto della celebrazione e «si sperimenta — ha messo in luce il cardinale Parolin — già nella celebrazione; speranza di una pace che, se vera, da lì si estende al mondo intero e della quale, per primi, ci facciamo portatori». Se la liturgia viene dunque celebrata nella verità anche interiore, si diventa testimoni di speranza e di pace.
Sarebbe bello, ha concluso il segretario di Stato, se entrando in chiesa si leggesse: «Nutritevi della speranza, voi che entrate», perché la speranza è Cristo vivo e operante nella liturgia.