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Simul currebant - Nel mondo dello sport
A tu per tu con Armand Duplantis

Scavalcando palazzi
per cercare la felicità

 Scavalcando palazzi per cercare la felicità  QUO-194
25 agosto 2025

di Giampaolo Mattei

Non sai mai quando è il giorno buono per l’intervista ad Armand Duplantis. Il rischio (fondato) è che poche ore dopo sia “bruciata” perché ti piazza uno dei suoi record del mondo nel salto con l’asta: ne ha realizzati 13 dal 2020 e 3 nel 2025. L’ultimo il 12 agosto scorso a Budapest (6.29 metri).

Ventisei anni a novembre, nato negli Stati Uniti d’America ha la nazionalità sportiva svedese (terra di origine di mamma Helena, ex pallavolista e eptatleta). Armand — detto “Mondo” fin da bambino e a lui il soprannome piace tantissimo — ha vinto tutto e più volte. Meglio: non ha (quasi) mai perso. Due ori olimpici, 6 mondiali, 4 europei. Vanta 78 gare e 117 salti oltre i 6 metri che è la misura d’élite.

La domanda è a cosa “Mondo” possa ancora puntare. «In qualche modo lo stipendio va portato a casa... A parte gli scherzi, amo quello che faccio. Dimentico in fretta ogni vittoria, ogni record ma anche le sconfitte. Guardo sempre avanti. Sono molto competitivo con me stesso e voglio migliorare sempre e in tutto». A dirla tutta «non cerco la perfezione, ma la migliore versione di me stesso come atleta».

Insomma, c’è sempre qualcosa da migliorare: «Sì, sicuramente l’esperienza e la velocità». Rincorsa ancora più veloce, chiedendoci quale possa essere il limite per il salto con l’asta: «Non so rispondere, eppure è la domanda che mi viene rivolta più spesso. Non ho in mente una misura limite. Come anche per altre discipline. Oltretutto non sono fissato con le statistiche». Ma, insiste, «i veri confronti si fanno solo con se stessi».

Forse è proprio questo il segreto dei record a raffica. «Nei salti — dice — ci sono primatisti mondiali che resistono da tantissimi anni». Asta a parte. Nel lungo Mike Powell (8.95 nel 1991), nell’alto Javier Sotomayor (2.45 nel 1993) e nel triplo Jonathan Edwards (18.29 nel 1995).

Per “Mondo” la scintilla per saltare con l’asta, specialità particolare, è scattata quando aveva appena tre anni: «Nello sport ai ragazzi va data carta bianca: facciano quello che più amano. Meglio ancora se sono sport di squadra, si impara di più...». Ma l’asta è una disciplina solitaria. «Sì, è un esercizio piuttosto individuale ma... neppure troppo! Sono sempre stato attirato dall’asta, sicuramente perché era lo sport di mio padre: saltava 5.80. E dopo i miei fratelli maggiori Antoine e Andreas, che si è poi dedicato al baseball, ora salta anche mia sorella Johanna. Però mai siamo stati forzati. La mia è stata una scelta personale, non sono un esperimento scientifico».

Il salto con l’asta è un brivido verso l’alto, in un gioco di equilibri perfetti: «In pedana — racconta — l’obiettivo è l’asticella da superare ma il riferimento più semplice, e anche più divertente, sono i piani di un palazzo. A volte penso che con un salto si potrebbe superare un fiume». Ridendo aggiunge: «Chissà... se fossi in prigione potrei scavalcare il muro di cinta: ci penso spesso!».

Insomma, quell’asticella diventa il tetto di un palazzo, la riva di un fiume, il muro di un carcere. Obiettivi di fantasia applicati all’esperienza sportiva al massimo livello. «In un certo senso sì, ma non esiste la perfezione nello sport. Esiste solo sulla carta. Lo sport richiede impegno e lavoro, tanti allenamenti fisici e mentali. E resta un privilegio».

Sembra proprio che i rapporti tra i saltatori con l’asta siano tessuti di rispetto solidale. Anche durante Olimpiadi e Mondiali ci sono incitamenti e consigli a vicenda, nonostante siano in ballo medaglie pesanti. «Sì, è così. Con alcuni ci conosciamo da sempre, altri li ho incontrati lungo la strada. Passiamo tanto tempo insieme con una rivalità positiva che ha una forma di cameratismo».

Una delle parole che “Mondo” pronuncia più spesso è “felicità”: «Aggiungerei anche serenità, easy. Forse perché ho una famiglia felice di essere unita — i miei genitori sono i miei allenatori — o perché ho imparato a gestire le difficoltà e a fare scelte senza dare la colpa sempre gli altri. Forse sono solo stato fortunato nel fare sport cominciando con la libertà di giocare con gli amici. In fin dei conti il senso di ogni mio salto, come di ogni gesto della vita, è proprio la felicità».

E ora obiettivo Mondiali: dal 13 settembre a Tokyo.