· Città del Vaticano ·

Le parole del Papa al Meeting indicano quale sia la vera strada della missione

Leone e la testimonianza
dei martiri di Algeria

 Leone e la testimonianza dei martiri di Algeria  QUO-193
23 agosto 2025

di Andrea Tornielli

Nel messaggio inviato al Meeting per l’amicizia fra i popoli in corso a Rimini, Leone XIV ha citato la mostra sui martiri di Algeria, nei quali «risplende la vocazione della Chiesa ad abitare il deserto in profonda comunione con l’intera umanità, superando i muri di diffidenza che contrappongono le religioni e le culture, nell’imitazione integrale del movimento di incarnazione e di donazione del Figlio di Dio». Il Papa ha sottolineato come «questa via di presenza e di semplicità» sia «la vera strada della missione». Un’indicazione preziosa e particolarmente significativa, non soltanto per il popolo radunato a Rimini, ma per tutta la Chiesa. La missione, infatti, si legge ancora nel messaggio, non è mai «un’auto-esibizione, nella contrapposizione delle identità, ma il dono di sé fino al martirio di chi adora giorno e notte, nella gioia e fra le tribolazioni, Gesù solo come Signore».

Commuove, seguendo il percorso della mostra sui martiri di Algeria, vedere come si siano spesi per quel popolo, semplicemente condividendone in tutto e per tutto la vita, offrendo una testimonianza di fraternità, amicizia, vicinanza, aiuto concreto. Senza protagonismi, senza curarsi dei numeri, senza confidare nelle strategie a tavolino. È quanto emerge da un’omelia del vescovo martire Pierre Claverie, che nel 1996, poco prima di essere ucciso dai fondamentalisti islamici, rispondendo alla domanda sul perché continuasse a vivere in Algeria sapendo di rischiare ogni giorno la vita, aveva detto: «Dov’è casa per noi? Siamo lì a causa di questo Messia crocifisso. Per nessun altro motivo, per nessun’altra persona! Non abbiamo interessi da difendere, nessuna influenza da mantenere… Non abbiamo alcun potere, ma siamo lì come al capezzale di un amico, di un fratello malato, in silenzio, stringendogli la mano, asciugandogli la fronte. A causa di Gesù, perché è lui che soffre, in quella violenza che non risparmia nessuno, crocifisso di nuovo nella carne di migliaia di innocenti».

E continuava: «Dove dovrebbe essere la Chiesa di Gesù, che è essa stessa Corpo di Cristo, se non innanzitutto lì? Io credo che essa muoia proprio per il fatto di non essere abbastanza vicina alla croce di Gesù… Si sbaglia la Chiesa, e inganna il mondo quando si presenta come una potenza tra le altre, come un’organizzazione, anche umanitaria, o come un movimento evangelico spettacolare. Può anche brillare, ma non arde del fuoco dell’amore di Dio».

Un giudizio lucido e drammatico: la Chiesa muore quando non è abbastanza vicina alla croce di Gesù, quando si mondanizza trasformandosi in una Ong, quando insegue il potere politico ed economico, quando confida nei numeri, quando pensa che per evangelizzare basti ripetere il nome di Gesù Cristo in ogni occasione, invece di accettare la sfida di seguirlo nella concretezza della vita, nella radicalità delle scelte e nell’impegno in favore degli ultimi. La Chiesa muore quando trasforma l’annuncio della fede in show, quando pensa di poter brillare di luce propria, dimenticando che può soltanto riflettere la luce di un Altro.

La testimonianza dei martiri di Algeria, così lontani dal protagonismo auto-centrato di oggi, rappresenta una provocazione e un richiamo all’essenza del Vangelo, segno di contraddizione. È significativo che in chiusura del suo messaggio al Meeting, Leone XIV, abbia voluto ricordare Papa Francesco e il suo insegnamento: «l’opzione per i poveri è una categoria teologica prima che culturale, sociologica, politica o filosofica». Perché Dio «ha scelto gli umili, i piccoli, i senza potere e, dal grembo della Vergine Maria, si è fatto uno di loro, per scrivere nella nostra storia la sua storia. Autentico realismo è, allora, quello che include chi ha un altro punto di vista, vede aspetti della realtà che non si riconoscono dai centri di potere dove si prendono le decisioni più determinanti». Come hanno testimoniato, fino alla fine, mischiando il sangue cristiano a quello dei tanti musulmani vittime del fondamentalismo, i martiri di Algeria.