· Città del Vaticano ·

L’appello delle Nazioni Unite affinché il rapporto dell’Ipc, che ha dichiarato lo stato di insicurezza alimentare acuta nell’enclave palestinese, favorisca iniziative per evitare ulteriori perdite di vite umane

Agire ora
contro la carestia a Gaza

Palestinian women and children hold out their empty pots in front of a charity kitchen in Khan Yunis ...
23 agosto 2025

Tel Aviv, 23. «Il momento per agire non è domani, è ora. Servono un cessate-il-fuoco immediato, il rilascio immediato di tutti gli ostaggi e accesso umanitario completo e senza restrizioni». È l’appello lanciato dal segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, dopo la diffusione del rapporto dell’Integrated Food Security Phase Classification (Ipc), che ha dichiarato ufficialmente lo stato di carestia nella Striscia, sottolineando che l’insicurezza alimentare acuta a Gaza è arrivata al livello 5, il più alto, ed è «interamente provocata dall’uomo».

Il documento del sistema globale di monitoraggio della fame, sostenuto dall’Onu, ha denunciato «condizioni catastrofiche, caratterizzate da fame, miseria e morte» in cui versano 500 mila persone nel governatorato di Gaza, che copre circa il 20% della Striscia. A rischio anche altri 1,4 milioni di palestinesi, esposti a una situazione in via di peggioramento, mentre, entro la fine di settembre, si prevede che la carestia ne colpirà altri 641 mila, estendendosi a Deir al-Balah e Khan Yunis. Almeno 132.000 i bimbi sotto i cinque anni che soffriranno di malnutrizione acuta entro giugno 2026.

Israele ha immediatamente respinto le accuse, tramite una dichiarazione del Coordinatore delle attività governative nei Territori (Cogat), secondo cui il documento dell’Ipc sarebbe «falso e tendenzioso», oltre che basato «su dati parziali di Hamas».

Il rapporto, di una gravità sconvolgente, ha, però, da subito provocato dure reazioni nella comunità internazionale.

La carestia a Gaza — ha dichiarato Guterres — è «un disastro provocato dall’uomo», «un fallimento dell’umanità stessa». «La carestia non riguarda solo il cibo, ma è il crollo deliberato dei sistemi necessari alla sopravvivenza umana. La gente muore di fame. I bambini muoiono. E chi ha il dovere di agire sta fallendo», ha aggiunto: «In quanto potenza occupante, Israele ha obblighi inequivocabili ai sensi del diritto internazionale, compreso il dovere di garantire il cibo e le forniture mediche alla popolazione. Non possiamo permettere che questa situazione continui impunemente».

Anche Samir Elhawary, vice direttore ad interim dei Programmi di Emergenza dell’Unicef, ha affermato che il rapporto dell’Ipc «deve generare un cambiamento e che le raccomandazioni per azioni concrete volte a evitare ulteriori perdite di vite umane sono pronte», e ha chiesto «una maggiore volontà» per attuarle.

«La carestia a Gaza City può essere fermata — si legge in un appello diffuso questa mattina su X dall’Unrwa, l’agenzia Onu per i palestinesi —. Invertire la catastrofe in corso: inondare Gaza con un massiccio aumento degli aiuti attraverso le Nazioni Unite, inclusa l’Unrwa. Solo i magazzini dell’Unrwa in Giordania ed Egitto sono pieni. Ci sono abbastanza cibo, medicine e prodotti igienici pronti per riempire 6.000 camion. Lo Stato di Israele deve permetterci di portare aiuti a Gaza».

Israele, da parte sua, ha messo in chiaro ancora una volta le sue condizioni per porre fine alla guerra: «Il rilascio di tutti gli ostaggi e il disarmo di Hamas», altrimenti — è la minaccia del ministro della difesa Israel Katz — per il movimento palestinese «si apriranno le porte dell’inferno» e Gaza city verrà distrutta. Intanto nella Striscia continuano i bombardamenti sui civili. Il bilancio degli attacchi israeliani da questa mattina all’alba è di almeno 34 morti palestinesi, tra cui, secondo fonti mediche citate da Al Jazeera, figurano anche alcuni minori, oltre che otto persone in cerca di aiuti umanitari.

Nel frattempo ieri il ministro degli Esteri olandese Caspar Veldkamp si è dimesso, dopo che una riunione di governo non è riuscita a trovare un accordo su una proposta di sanzioni contro Israele. I Paesi Bassi sono tra i 21 Paesi che hanno firmato giovedì una dichiarazione congiunta in cui condannano l’approvazione da parte di Israele di un importante progetto di insediamento in Cisgiordania, definendola «inaccettabile e contraria al diritto internazionale».