L’alba nuova nel cielo oscuro

Storie di rinascita in una terra devastata
Pubblichiamo la prefazione al libro «Un maestro per Samir» (Libreria Editrice Vaticana, 2025, pagine 192, euro 17) di Andrea Avveduto, che sarà presentato durante la prossima edizione del Meeting di Rimini (22-27 agosto).
di Andrea Tornielli
Ricordo molto bene il giorno in cui questo libro ha in qualche modo avuto inizio. Era settembre del 2024, Andrea Avveduto e io ci trovavamo a Salerno, invitati insieme ad altri ospiti, per iniziativa delle associazioni laicali cattoliche della diocesi, ad approfondire in una tavola rotonda il tema della guerra. Lui aveva alle spalle numerosi viaggi in quel Medio Oriente che resta la ferita del mondo. E portava nel cuore, in particolare, la Siria straziata da lunghissimi anni di conflitto. Ascoltandolo, come mi era già accaduto altre volte in passato, l’ho trovato assai capace nel restituire con la parola e la voce il dramma assurdo delle guerre viste di persona. Io, invece, ero impegnato a raccontare l’impegno, fatto di parole e di gesti, dei Pontefici del Novecento che hanno intessuto un magistero multiforme della pace di cui Papa Francesco e Papa Leone XIV sono gli ultimi, autorevoli interpreti.
Quando, ad un certo momento del suo intervento, Andrea Avveduto ha raccontato l’episodio di Basel e Butrus, che troverete diffusamente descritto nelle pagine che seguono, l’uditorio si paralizzò di colpo: la rievocazione di un gesto che più evangelico di questo non si può — dare la vita per un altro — fece breccia tra i partecipanti a quell’incontro pubblico. Ho ben presente ancor adesso, mentre scrivo queste righe, la sensazione che tutti noi in sala quella sera percepimmo: il silenzio nel quale il racconto di Avveduto si dipanava aveva qualcosa di sovraumano.
E anch’io ne sono rimasto scosso, fortemente: perché toccare con mano che vi sono uomini e donne che incarnano il Vangelo in maniera così netta e nitida, soprattutto in situazioni così difficili e scomode come la Siria sotto il giogo dell’Isis, lascia senza parole. O meglio, con un senso di gratitudine forte per quei testimoni che ci fanno capire che la pace di Cristo non è un’utopia a perdere, bensì una realtà che scende ancora nei cuori e nei giorni degli uomini se vi sono persone che accettano la croce come metro di giudizio sulla vita e sulla storia.
Andrea, da attento giornalista qual è, in queste pagine ha raccolto storie di vita. Colum McCann, scrittore di gran vaglia, irlandese trapiantato in America, con diversi romanzi al suo attivo — Apeirogon il suo capolavoro, dedicato a due padri, uno israeliano e uno palestinese —, al Giubileo del mondo della comunicazione nel gennaio 2025 ha ricordato a migliaia di operatori dei media, venuti a Roma per incontrare il Papa e vivere il loro momento giubilare, l’importanza decisiva di raccontare storie: «Anche il racconto di storie possiede qualità emergenti e, in questi tempi turbolenti, condividere le nostre storie e ascoltare quelle degli altri potrebbe essere una delle poche cose in grado di salvarci. Raccontare storie è un invito all’azione. Ascoltare storie è una forma di preghiera». I racconti di vita che troverete in queste pagine sono proprio questo: atti di ringraziamento di fronte al mistero della vita. Un mistero che si palesa con incontri imprevisti, piccoli ribaltamenti di vita, veri e propri miracoli, per chi può leggere con lo sguardo della fede i nostri giorni. O comunque fatti inspiegabili e significativi per chiunque non voglia anestetizzarsi di fronte al mondo che incombe su di noi, con la sua bellezza e il suo dolore.
E così in questo libro troviamo storie solo apparentemente “piccole” che però sono veramente “grandi” e aprono il cuore, colpiscono, commuovono. C’è Omar, il ragazzino che fa il ciabattino e subisce angherie durante la sua adolescenza, e qualcuno che lo strappa da quel vicolo cieco, offrendogli una possibilità. C’è Myriam, la madre cui la guerra uccide in un sol colpo i due figli: come scrivevano gli antichi greci, proprio in questo — i genitori che sopravvivono ai figli — sta la brutalità assurda della guerra. E anche per questa madre può sorgere un’alba nuova, nonostante il dramma. E c’è il Samir del titolo, cui un maestro di quelli veri, George il suo nome, restituisce un domani. Di Butrus e Basel ho accennato qualche riga sopra. E in ogni storia raccontata da Avveduto vi è qualcosa che ha a che fare con una parola spesso abusata, “sacro”. Si chiederà il lettore: cosa c’è di sacro in un racconto di guerra in Siria, in un dialogo tra sventurati in Medioriente, nella vicenda di un bambino tra le macerie di Aleppo?
Vorrei rispondere con le parole di un grande teologo del Novecento, Karl Rahner, che molto ha riflettuto sul rapporto tra parola umana, nelle sue diverse forme — poesia, romanzo, letteratura... e aggiungerei anche il giornalismo — e la Parola di Dio. Ecco Rahner: «C’è un cristianesimo anonimo, esistono uomini che ritengono soltanto di non essere cristiani, ma che sono nella grazia di Dio. Allo stesso modo esiste una realtà umana pervasa dalla grazia in modo anonimo, che ritiene di essere pura umanità. Noi cristiani possiamo capirla meglio, questa stessa realtà. Se la fede dice che anche la morale umana nelle sue dimensioni intramondane ha bisogno della grazia di Dio per potersi mantenere a lungo, per noi cristiani una simile realtà umana, allorché realmente essa si mostra ed esiste al di fuori della cristianità esplicita, è dono della grazia di Dio e lode della redenzione, anche se essa non ne è cosciente. E perché non dovremmo amare questa realtà? Disprezzeremmo la grazia di Dio e passeremo accanto ad essa indifferenti».
Tanti dei personaggi dei racconti di Andrea Avveduto — si badi bene: racconti veri, non inventati, per quanto l’immaginazione resti un valore, di cui esser grati a romanzieri e scrittrici — non sono cristiani, e non vorremmo certo “battezzarli” a distanza. Ma la loro umanità piena, la struggente bellezza che emana dal loro vissuto, l’indomita positività del reale che da essi traspare ci parla in qualche modo del Vangelo, come Rahner ci ha ricordato nelle righe citate sopra. «La gloria di Dio è l’uomo vivente» scriveva Ireneo di Lione nel III secolo dopo Cristo. Per questo, dobbiamo dire grazie ad Andrea Avveduto: perché in queste persone “viventi” che punteggiano il cielo oscuro della Siria recente noi possiamo scorgere quella grazia di Dio di cui il nostro tempo ha così disperatamente bisogno. «Prima di essere credenti, siamo chiamati a essere umani» ha detto Leone XIV all’udienza generale del 28 maggio 2025 in riferimento alla parabola del Buon Samaritano. Nelle prossime pagine troverete pagine che raccontano chi ha risposto pienamente a questa chiamata.