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Hic sunt leones

La guerra russo-ucraina in Africa

  La guerra russo-ucraina  in Africa  QUO-183
08 agosto 2025

di Giulio Albanese

La guerra russo-ucraina sta producendo anche in Africa i suoi effetti collaterali sul piano politico-militare. Nei suoi messaggi ai governi africani, l’esecutivo di Kyiv si è presentato come vittima del colonialismo russo, una narrazione volutamente protesa ad enfatizzare l’azione invasiva di Mosca negli Stati africani postcoloniali. «La Russia è un colonizzatore che vuole distruggere il nostro stato. Non dimenticate che molti dei vostri antenati hanno vissuto questa esperienza», ha dichiarato il presidente Volodymyr Zelensky ai media africani nell’agosto 2022. Successivamente, l’allora ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, ha intrapreso un’azione diplomatica a tappeto, visitando diverse capitali africane con l’obiettivo di cercare di espandere i legami dell’Ucraina con un continente tendenzialmente restio ad aderire agli sforzi occidentali per isolare la Russia, importante fornitore di energia, fertilizzanti e materie prime alimentari come il grano.

Nell’aprile di quest’anno, il presidente ucraino Zelenskyy si è recato per una visita lampo in Sud Africa per incontrare il suo omologo sudafricano Cyril Ramaphosa che detiene la presidenza del G20 nel 2025. Il presidente ucraino ha, in questa occasione, ribadito la necessità di intensificare gli sforzi diplomatici a livello globale, precisando che gli «attacchi devono essere fermati immediatamente e senza condizioni». «Contiamo anche sul sostegno nelle questioni umanitarie, nel ritorno dei nostri prigionieri e dei bambini ucraini rapiti dalla Russia», ha aggiunto. Dal canto suo, il presidente Ramaphosa ha sottolineato il sostegno passato offerto dell’Ucraina durante la lotta di liberazione del Sud Africa e ha espresso l’impegno a rafforzare le relazioni bilaterali tra i due Paesi.

Negli ultimi tre anni, il fronte della guerra russo-ucraina si è esteso ben oltre l’Europa, raggiungendo la Siria, il Sudan e il Mali. Mentre la Russia mira a consolidare la sua decennale influenza in Africa e Medio Oriente, l’Ucraina si sta impegnando per sfidare tale predominio, sia sul piano diplomatico sia, ove possibile, su quello militare. Tuttavia, rispetto alla Russia, l’Ucraina dispone di una presenza diplomatica ed economica molto più limitata in Africa. Il governo di Mosca ha impiantato un vasto sistema estrattivo delle risorse minerarie e dispone di 40 ambasciate nel continente africano, quasi quattro volte quelle ucraine prima del 2022. Inoltre, la Russia ha dimostrato di saper utilizzare con abilità l’arte della diplomazia a proprio vantaggio, valorizzando il proprio ruolo di membro fondatore dei Brics (l’aggregato economico dei Paesi emergenti) e del cosiddetto Global South (Sud Globale). Nonostante la sua minore influenza diplomatica, l’Ucraina ha compiuto passi da gigante. Dal 2022, ha aperto in Africa otto nuove ambasciate in Paesi come la Mauritania, la Costa d’Avorio e la Repubblica Democratica del Congo, portando il numero totale delle proprie rappresentanze diplomatiche in Africa a 18. Il governo di Kyiv si è offerto di addestrare soldati mauritani e ha consegnato aiuti alimentari ai rifugiati in fuga dalle forze armate sostenute dalla Russia nel vicino Mali. Il principale inviato dell’Ucraina in Africa, Maksym Subkh, ha dichiarato recentemente: «L’Ucraina è pronta a continuare ad addestrare ufficiali e rappresentanti delle forze armate mauritane, per condividere le tecnologie e i risultati ottenuti dall’Ucraina».

Il governo di Mosca — tradizionalmente attivo sui mercati globali soprattutto nel settore delle commodity (materie prime) — per l’Africa ha elaborato un disegno integrato incentrato sul “brain circulation” e il “brain exchange”, modalità attuative che dovrebbero caratterizzare la futura cooperazione tra la cosiddetta Eurasia e il continente africano. L’essenza di questi due concetti multidimensionali descrive due distinti percorsi formativi. La “brain circulation” si riferisce a quegli studenti o lavoratori africani che si trasferiscono in Russia per perfezionarsi e successivamente ritornano nel proprio paese di origine, mettendo a frutto le esperienze accumulate al fine di trovare condizioni di lavoro migliori. La “brain exchange”, invece, implica il trasferimento di esperti russi in Africa per condividere sul posto i loro saperi direttamente e per promuovere le cosiddette “best practice” in un continente con grandi potenzialità. Mosca, in sostanza, intende investire nel capitale umano da istruire nei paesi africani - dalle classi dirigenti ai quadri, dagli impiegati agli operai – con l’intento di avviare una governance concreta e funzionale. D’altronde, è bene ricordare che la Federazione Russa e l’Africa, insieme, detengono il 60% delle risorse naturali del nostro pianeta. Il problema fondamentale, allora, per ambedue, è da una parte di evitare lo sfruttamento rapido e a basso costo di tali ricchezze naturali, promuovendo dall’altra una industrializzazione, almeno in parte condivisa, sul versante manifatturiero, senza escludere il terziario. Naturalmente, come spesso accade, vi sono delle zone d’ombra in questo partenariato afro-russo. Ad esempio, il fatto che Mosca, prima ancora dei proclami di Sochi, abbia già attivato in Africa una discreta cooperazione militare. La dicono lunga anche i rapporti di partenariato già siglati con Egitto, Sudan, Repubblica Centrafricana ed Angola con l’obiettivo di ristabilire una sfera di influenza che sembrava essere svanita dopo la dissoluzione dell’ex Unione Sovietica. Sta di fatto che le accuse di Kyiv nei confronti di Mosca sono dure e pesanti.

Secondo Serhii Kuzan, presidente del Centro ucraino per la sicurezza e la cooperazione ed ex consigliere del ministero della Difesa ucraino: «I russi in Africa perseguono diversi interessi. Principalmente, si tratta di denaro e flussi finanziari illeciti», precisando che i mercenari russi sono attivi nel continente, estraendo risorse dal 2018 e alimentando l’instabilità in cambio dell’accesso alle miniere d’oro e ad altre ricchezze naturali. Le autorità ucraine sostengono che l’oro insanguinato proveniente dall’Africa stia contribuendo a finanziare la guerra imperialista russa in Ucraina. Tuttavia, Irina Filatova, professoressa emerita presso l’Università di KwaZulu-Natal (Sud Africa), ritiene che sia «quasi impossibile per l’Ucraina sfidare il potere della Russia nel continente in modo aggressivo». L’analista è convinta del fatto che «nonostante molti africani abbiano studiato e ricevuto addestramento militare in Ucraina, per loro l’Urss era Mosca, non Kiev», precisando che «la più grande debolezza dell’Ucraina ai loro occhi è il fatto che ha lasciato l’Urss ed è ora un alleato dell’Occidente».

Ma le rivalità diplomatiche sono solo metà della storia. L’agenzia di intelligence della difesa ucraina (Hur) ha iniziato a contestare le posizioni russe in Africa e Medio Oriente. In Sud Africa, agenti dell’intelligence ucraina hanno interrotto diversi trasferimenti di armi alla Russia nel 2022, tra cui quelli a bordo della Lady R, una nave cargo russa attraccata a un molo della base navale di Simon’s Town per imbarcare materiale bellico. Nel 2023, Kyiv ha anche preso in considerazione l’idea di colpire la nave scuola della marina russa, Smolny, ormeggiata a Città del Capo, ma alla fine si è deciso di non effettuare l'operazione. In Sudan e in altri Paesi della macroregione subsahariana, agenti ucraini avrebbero preso di mira mercenari russi della società Wagner e altre unità filorusse. Nel luglio dello scorso anno, gli insorti Tuareg hanno teso un’imboscata alle truppe della Wagner e ai soldati maliani, uccidendo 84 combattenti russi e 47 soldati locali. Secondo fonti della società civile, le forze speciali ucraine avrebbero addestrato i separatisti all’uso di droni d’attacco e fornito informazioni per pianificare l’attacco. Va rilevato che alcuni gruppi all’interno della comunità Tuareg sono stati ripetutamente coinvolti in attività jihadiste, spesso legate a movimenti più ampi nel Sahel. Tutto questo in netto contrasto con gli interessi occidentali.

Una cosa è certa: a quattro anni dall’invasione russa su vasta scala, il fronte della guerra tra Russia e Ucraina si estende ora ben oltre i confini di entrambi i Paesi e certamente rappresenta l’ennesimo fattore destabilizzante per l’intero continente africano.