· Città del Vaticano ·

In piazza San Pietro incontro giubilare dei ragazzi spagnoli con la messa dell’arcivescovo Argüello

«Vogliamo essere strumenti di pace!»

 «Vogliamo essere  strumenti di pace!»  QUO-178
02 agosto 2025

di Sebastián Sansón Ferrari

Con un’energia traboccante, nel pomeriggio di ieri 1 agosto, piazza San Pietro è stata inondata da oltre 25.000 ragazzi spagnoli provenienti da ogni angolo del Paese, per un incontro loro dedicato, nel contesto del Giubileo dei giovani. Bandiere multicolori e canti di gioia hanno scandito l’appuntamento, al grido di «Questa è la gioventù del Papa!», lo stesso che echeggiò nella capitale e in tutta la Spagna nell’agosto 2011 in occasione della Gmg di Madrid.

L’incontro di ieri nell’abbraccio del colonnato del Bernini si è aperto alle 18, con testimonianze e momenti di preghiera che hanno intessuto un racconto corale. Poi, poco prima delle 20, è iniziata la processione dei celebranti verso l’altare, sul sagrato della basilica Vaticana, dove monsignor Luis Javier Argüello García, arcivescovo di Valladolid e presidente della Conferenza episcopale spagnola, ha presieduto la celebrazione, insieme a molti vescovi e sacerdoti del Paese.

Nell’omelia, a partire dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani, il presule ha ribadito che «l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori» e ha invitato i giovani ad accoglierlo per vivere una fraternità che non nasce dalle ideologie, ma dallo Spirito. «La Chiesa — ha detto — è una scuola di comunione, di accoglienza. Vogliamo offrire questo “noi” ai nostri contemporanei, come un’alleanza di speranza. Che questo Giubileo sia l’occasione per suggellare questa alleanza».

Al termine, l’arcivescovo ha invitato i presenti a rinnovare il loro impegno missionario con un grido unanime che ha scosso la piazza: «Vogliamo la pace nel mondo! Signore, rendici strumenti della tua pace!».

Durante la preghiera dei fedeli, le intenzioni sono state elevate in spagnolo, basco, catalano e galiziano. Si è pregato in particolare per la Chiesa, perché continui a essere custode del piano di salvezza; per il mondo intero, affinché cerchi l’armonia della concordia, della verità e della pace; e per i sofferenti e gli afflitti, perché sperimentino nel loro cuore il dono della speranza cristiana e l’aiuto della carità.

Il primo blocco di testimonianze che ha preceduto l’Eucaristia, intitolato “Il dono della vita”, ha affrontato il tema dell’esistenza come vocazione. La giovane María Tagarro, della diocesi di Astorga, ha condiviso la propria storia di fede tra luci e ombre: dall’infanzia da credente alla notte buia dell’adolescenza. «Ho vissuto la mia prima crisi di fede cosciente prima di essere cresimata. Era difficile per me capire cosa mi stesse succedendo, ma oggi vedo quel momento come una purificazione. Il Signore continua a darmi amicizie nella Chiesa, dove posso vivere liberamente la mia fede».

Poi, il blocco “La gioia del perdono” ha dato luogo a una testimonianza sulla misericordia. José Tomás Cebrián ha descritto come, dopo essere stato lontano dalla fede per anni, Dio lo abbia aspettato pazientemente. «Durante un ritiro, ho trovato il perdono. Un cuore spezzato che Dio voleva guarire», ha detto.

La chiusura delle testimonianze, nel blocco “Io sono la porta che ti apre alla felicità”, è stata guidata da Quique Mira e María Lorenzo, coniugi attivi nel progetto di evangelizzazione Aute, i quali hanno raccontato come l’incontro personale con Cristo abbia trasformato la loro visione dell’amore in mezzo a un mondo segnato da superficialità, apparenza e paura mascherata da indifferenza.

Il loro matrimonio, hanno detto, non è solo un «Sì» detto sull’altare, ma un impegno quotidiano a scegliere l’altro, ad andargli incontro. «La nostra vita coniugale è missione», hanno sottolineato, incoraggiando i giovani: «Non abbiate paura di entrare dalla porta del Buon Pastore. La felicità sta nell’amare e nel lasciarsi amare».

Prima dell’incontro, alcuni dei presenti hanno condiviso con i media vaticani le loro emozioni. «Essere qui mi ha fatto capire che la Chiesa è giovane, gioiosa e universale», ha detto una ragazza. «Mi colpisce molto vedere che ci sono migliaia di giovani che non si vergognano di dire che credono» le ha fatto eco un coetaneo.

Tutti i ragazzi spagnoli si sono detti, infine, pronti a portare a casa la gioia di questi giorni, a raccontare quello che hanno vissuto, quello che hanno provato e come hanno incontrato Cristo a Roma.