· Città del Vaticano ·

Prima di tutto la speranza

 Prima di tutto la speranza  QUO-178
02 agosto 2025

di Paola Ugaz

Quando nel 1985, l’allora giovane sacerdote Robert Prevost, oggi Papa Leone XIV, si trasferì a vivere a Chulucanas, nella regione di Piura, al nord del Perú, si trovò di fronte a una situazione molto diversa da quella attuale: oggi si può arrivare tramite una strada asfaltata e ci sono un maggiore accesso ai servizi pubblici e una rete di sviluppo agrario che permette di esportare mango e mirtilli in tutto il mondo i quali, uniti al consumo di limoni e riso, contribuiscono alla crescita della gastronomia peruviana.

Chi arriva a Chulucanas dopo l’elezione dell’agostiniano più illustre di oggi, troverà nella piazza principale una mostra fotografica dell’allora sacerdote Robert Prevost durante la sua permanenza in Perú e una lavagna con pennarelli colorati dove scrivere su di lui. Come parte di un dono speciale per “padre Prevost”, i bambini della zona si esercitano in gruppo per imparare i passi della cumbia del Papa composta dal famoso cantante Donnie Yaipén, che in un passaggio del testo dice: «Anche se il Papa è nato a Chicago, il meglio lo ha vissuto in Perú, pregava santa Rosita e il prigioniero di Monsefú… perché il Papa è più peruviano del ceviche e di questa canzone...».

Ancora oggi, nonostante la ricchezza che proviene dall’agroesportazione, Chulucanas è una delle località più povere del Paese. L’arrivo dei missionari della provincia agostiniana di Chicago, in collaborazione con la provincia di San Tommaso da Villanova in Pennsylvania, ha segnato un punto di svolta positivo nella sua storia. La decisione degli agostiniani di venire nel nord del Perú fu una risposta all’appello di Papa Giovanni XXIII (1958-1963) a inviare missionari per incrementare le vocazioni in America Latina. Fu per questo motivo che nel 1964 venne istituita la prelatura di San Juan de Sahagun, la quale nel 1988 fu elevata a diocesi.

Nel 1961, Papa Roncalli, «lanciò un appello agli Ordini e alle Congregazioni nordamericane invitandoli a inviare religiosi e religiose in America Latina». Secondo quanto riportato dall’agostiniano Ricardo Mullen, Giovanni XXIII chiese che il 10 per cento dei membri delle congregazioni fosse inviato in America perché c’era «carenza di vocazioni nel ministero».

La missione iniziale comprendeva la regione di Piura e le provincie di Morropón (la cui capitale è Chulucanas), Ayabaca e Huancabamba. Quest’area, di circa 13.500 km quadrati, è ricca di terre agricole e di risorse idriche. Il territorio si trova tra i 120 e i 4000 metri sul livello del mare. Confina al nord con l’Ecuador. In seguito gli agostiniani si recarono anche a Trujillo, nella regione di La Libertad, dove venne istituita una scuola di formazione di religiosi dell’ordine.

L’atterraggio a Lima

Ma ancor prima di avviare la missione nella regione di Piura, fu fondata una chiesa a Lima nell’urbanizzazione di Club de Villa, al sud della capitale, che a quel tempo era considerata fuori città ed era un’area ancora non edificata. Inoltre, grazie al buon lavoro dell’allora provinciale, padre Francis Cavanaugh, insieme al cardinale peruviano Juan Landázuri Ricketts e ai membri del Governo di Fernando Belaúnde Terry, si ottenne un terreno per costruire una chiesa nella zona residenziale di Monterrico a Lima. Fu così che il 4 marzo 1964, Papa Paolo VI eresse la prelatura Nullius de Chulucanas e la affidò alla Provincia di Nostra Signora del Buon Consiglio di Chicago, nominando come vescovo l’agostiniano John Conway McNabb, che all’epoca aveva 38 anni.

«A real gringo»

Assumere l’incarico di Chulucanas era una sfida così grande che fino all’ultimo momento il nunzio apostolico di allora, monsignor Romulo Carboni, chiese a McNabb se l’accettava o meno. La prima messa fu celebrata nella piazza e a McNabb fu dato un testo in spagnolo per l’omelia che lui lesse con difficoltà. Ricordando quei giorni, McNabb raccontò che fu chiaro a tutti che era arrivato «A real gringo». Così la Santa Sede, nel maggio 1964, nominò l’agostiniano McNabb, primo prelato Nullius. Tre anni dopo fu ordinato vescovo.

Il sacerdote agostiniano John Lydon, che ha vissuto quarant’anni in Perú e fu compagno e collega dell’attuale Pontefice, ha ricordato che l’arrivo degli agostiniani in Perú non fu affatto facile: «Arrivammo quando la riforma agraria non era stata ancora attuata nel Paese (fu fatta nel 1968) ed era tutto molto diverso. Le famiglie che vivevano nelle haciendas non avevano accesso all’istruzione ed è per questo che la prima cosa che si fece fu una scuola femminile e un programma di borse di studio affinché i professori potessero recarsi a Lima per migliorare la propria formazione».

John Lydon è un religioso e accademico nato in Canada che ha studiato alla Villanova University e si è laureato nel 1977. Lo stesso anno si è laureato nella medesima università Robert Prevost.

Lydon ha studiato Scienze politiche e, come Leone XIV, mostra con grande orgoglio la sua carta d’identità peruviana.

Nuovo incontro a Chulucanas

Lydon ricorda di aver rincontrato Prevost nel 1985 a Chulucanas, dove era arrivato nel 1983, anche se svolgevano incarichi diversi: mentre lui si dedicava al lavoro pastorale e all’accompagnamento dei laici, all’allora sacerdote Prevost fu affidato il compito di preparare la documentazione necessaria affinché la prelatura di Chulucanas fosse elevata a diocesi. Un incarico difficile, soprattutto per la burocrazia da gestire con il ministero degli Affari esteri, con sede a Lima, ma anche perché a quel tempo il Perú stava entrando in una crisi economica e stava già subendo gli attacchi di gruppi terroristici come Sendero Luminoso, d’ispirazione maoista, e il movimento rivoluzionario Túpac Amaru, d’ispirazione guevarista.

Prevost rimase a Chulucanas dal 1985 al 1986, periodo durante il quale raccolse tutta la documentazione necessaria per elevare la prelatura di Chulucanas a diocesi. Nel 1989, Giovanni Paolo II concesse a Chulucanas il titolo di diocesi, e John McNabb fu confermato come vescovo.

Il ritorno di Prevost in Perù nel 1987

Nel 1987, racconta padre Lydon, si decise di creare uno spazio di formazione per gli agostiniani e fu scelta la città di Trujillo, capitale di La Libertad.

Nel 1988, il sacerdote agostiniano Daniel Turley invitò Prevost a far parte del progetto della casa di formazione insieme a padre John McKniff.

A Trujillo i compiti affidati a Robert Prevost spaziavano dal reperire terreni e progettare costruzioni, al formare gli agostiniani, svolgere l’attività pastorale, lavorare con i laici per aprire nuove sedi religiose e rispondere alle urgenti necessità di Chulucanas.

Una volta giunto a Trujillo, gli incarichi per Prevost si moltiplicarono, perché l’allora vescovo della città, Manuel Prado Pérez, gli chiese di assumere anche il ruolo di vicario giudiziale, viste le sue conoscenze di Diritto canonico. Fu inoltre nominato rettore degli studi del seminario San Carlos e San Marcelo, nonché docente di Diritto canonico e di Patrologia. Tra gli “altri” compiti all’interno della comunità ci furono quelli di autista del pullmino per accompagnare e riprendere gli studenti del seminario, professore d’inglese e d’informatica, supervisore della costruzione della casa di formazione e maestro di “concentrazione” negli studi.

Il vicario agostiniano di Trujillo Ramiro Castillo, ricorda che una volta Robert Prevost gli consigliò di accendere una candela nella sua stanza per ritrovare la concentrazione necessaria per superare gli esami nel seminario. Si dedicò anche “de pico y patas”, come si dice in Perú, alla costruzione di due chiese, Santa Rita da Cascia e Santa Maria, a Monserrate, che al tempo si trovavano nella periferia di Trujillo. Ma questa è un’altra storia.

«Habemus» casa in mezzo alla crisi

La casa di formazione degli agostiniani di Trujillo, sita a Santa Maria, fu inaugurata il 28 agosto 1990, con una messa presieduta dall’arcivescovo di Trujillo, monsignor Manuel Prado Pérez. La prima comunità era composta dall’attuale Papa Leone XIV, dal servo di Dio Juan McNiff e dal compianto sacerdote Gerardo Theis.

Tutto questo accadeva mentre il Perú affrontava una crisi economica senza precedenti: inflazione al 7000 per cento, scarsità di carburante e di beni alimentari di prima necessità. Nel 1990 l’allora presidente Alberto Fujimori decretò uno shock economico e la crisi divenne generalizzata, perché il gruppo terroristico Sendero Luminoso attaccò Trujillo lanciando bombe e provocando blackout, e una colonna terrorista entrò a Pacaipampa, nella provincia di Ayabaca.

La violenza era tangibile e il rischio che si correva a vivere a Trujillo in quei tempi era molto alto. I sacerdoti erano minacciati apertamente da Sendero Luminoso. Il 9 e il 25 agosto 1991 a Chimbote (Ancash) i sacerdoti cattolici Zbigniew Adam Strzalkowski e Michal Tomaszek, di nazionalità polacca, e Alessandro Dordi, di nazionalità italiana, «furono vittime della violazione del loro diritto fondamentale alla vita, commessa da membri del partito comunista del Perú, il PCP-SL (Sendero Luminoso)», secondo quanto riportato dalla Commissione per la Verità e la Riconciliazione (CVR).1

La regione di Ancash confina con il dipartimento di La Libertad, e dal 1989 Sendero Luminoso iniziò a uccidere religiosi della Chiesa cattolica, cosa che spinse i superiori degli agostiniani a predisporre un piano di evacuazione dal Paese, attraverso la frontiera dell’Ecuador, perché i sacerdoti di origine statunitense erano un bersaglio per i terroristi. Dal 1987 al 1992 furono assassinati 10 tra sacerdoti e suore della Chiesa cattolica, secondo la CVR.

Decisione difficile e accanto alla gente

In questa situazione pericolosa e difficile, negli Stati Uniti chiedono di elaborare un piano di evacuazione dal Paese attraverso la frontiera con l’Ecuador al fine di proteggere i seminaristi peruviani e trasferirli in comunità ecuadoriane. Fu allora che Lydon, parlò con Robert Prevost e Gerardo Theis sul da farsi: «decidemmo che quella non era una risposta adeguata, né la più evangelica. Dobbiamo accompagnare la gente nel tempo della croce, nel tempo dell’oscurità, come erano quegli anni, no?».

«Allora elaborammo un piano di accompagnamento della gente nel tempo della croce e lo presentammo argomentando che era più fedele a ciò che dovevamo fare come missionari e come Chiesa. E alla fine (i nostri superiori negli Stati Uniti) accettarono. Dissero che andava bene se era questo che volevamo, e quindi non insistettero», spiega.

Allora, come racconta Lydon, decisero insieme a Prevost e Theis di restare in Perú e di dire alla loro comunità che la Chiesa non l’avrebbe abbandonata e che avrebbero svolto il lavoro pastorale senza che nessuno corresse rischi inutili e in mezzo a blackout e al coprifuoco. Così i superiori negli Stati Uniti accettarono la loro decisione di non lasciare il Perú in tempi duri.

«L’importante era mantenere viva la speranza, non chiuderci nella paura e continuare a portare avanti il piano pastorale con la gente (nuova immagine della Parrocchia, dove i laici erano la nuova forza dell’organizzazione). Il nostro stile era il lavoro di squadra. Accanto al lavoro pastorale, organizzavamo mense popolari per la gente e cercavamo di mantenere viva la speranza», conclude Lydon.

A giudicare dai risultati, ha funzionato. Eccome!

1 Francescani conventuali i primi due e prete Fidei donum bergamasco il terzo, i tre sono anche noti come “i martiri di Chimbote” e sono stati beatificati insieme nella diocesi peruviana il 5 dicembre 2015 (ndr)