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Migliaia di persone a causa della grave crisi economica sopravvivono raccogliendo materiali riciclabili

In Tunisia le vite invisibili dei “barbechas”

A ragpicker rummages through a garbage bin to salvage plastic in the Ariana region near Tunis on ...
02 agosto 2025

di Costanza Santillo

Ogni giorno, una parte di Tunisi si sveglia prima del resto della città, pronta a muoversi nelle strade ancora addormentate per svolgere un lavoro che richiede molto al livello fisico e mentale. I barbechas, in arabo tunisino, sono coloro che da qualche anno a questa parte hanno fatto della raccolta dei rifiuti la loro professione. La parola letteralmente significa “rovistatori di spazzatura”, ed è su questo principio che si basa il loro lavoro: radunare l’immondizia che si trova per strada per venderla e trarne un ricavo sufficiente per mantenersi. La scelta è dettata dalla precaria condizione economica della Tunisia, che ha obbligato molti a intraprendere lavori secondari per garantirsi il sostentamento. Tutti i giorni, l’attività dei barbechas inizia intorno alle quattro del mattino per poter raccogliere quanti più rifiuti possibile prima dell’arrivo dei netturbini ufficiali.

Si occupano di raccogliere rifiuti di ogni genere, tra plastica, cartone e qualunque cosa si possa riciclare, dai cassonetti così come dalle strade.

Camminano in giro per la città con i propri figli, portando con sé carriole in cui raccogliere ciò che trovano. Tra i 25 mila barbechas della Tunisia, circa il 40% lavora nella capitale, in particolare nei quartieri popolari a nord di Tunisi come Bhar Lazreg e Ettadhamen. Il lavoro è lungo e faticoso: dalle quattro di mattina fino a notte fonda solcano le vie della città con pesanti sacchi sulle spalle o spingendo carretti malmessi.

Come se non bastasse, quello del barbech è anche un lavoro pericoloso: bisogna stare molto attenti a dove si mettono le mani quando si rovista tra tutto quello che la gente butta nei cassonetti. Tra i pericoli che affrontano ci sono malattie, pezzi di vetro rotto, siringhe usate, oggetti appuntiti di ogni genere. Tutti pericoli particolarmente gravi per chi non ha alcuna forma di tutela sanitaria e si trova ai margini della società. Il loro lavoro termina con la pesa dei sacchi di immondizia differenziata sulle enormi bilance industriali nei punti di raccolta. Un chilo di bottiglie di plastica destinate ad essere riciclate viene venduto generalmente tra i 500 e i 700 millim di dinari tunisini, che equivalgono a meno di 20 centesimi di euro. Infine questi enormi sacchi verranno venduti nuovamente alle industrie che si occupano di riciclo.

La crescita esponenziale del numero dei barbechas che affollano ormai le strade della Tunisia è in parte riconducibile anche all’incremento dei flussi migratori che attraversano il Paese. I subsahariani che arrivano in Tunisia con l’obiettivo di raggiungere l’Europa, spesso non trovano altro lavoro che quello di raccogliere plastica, vetro e cartone per guadagnare quanto basta a finanziare il proseguimento del viaggio. La convivenza tra tunisini e migranti subsahariani, tuttavia, non è priva di tensioni. Negli ultimi anni, la migrazione è stata sempre più rappresentata in termini negativi, soprattutto in seguito alle dichiarazioni del presidente Kais Saied, secondo cui la presenza di migranti subsahariani costituirebbe una minaccia per l’equilibrio demografico nazionale. Queste affermazioni, ampiamente diffuse sui social media, hanno contribuito a rafforzare un clima di ostilità nei confronti delle comunità africane non tunisine, spesso percepite come una concorrenza indesiderata. Tale ostilità si manifesta anche nei centri di raccolta, dove alcuni gestori rifiutano di accettare i sacchi conferiti dei subsahariani. Sulle cause dell'aumento dei raccoglitori di rifiuti inizia ad interrogarsi anche la società civile tunisina, che attribuisce il fenomeno non tanto alla pur importante crisi migratoria, quanto alla fragile situazione economica della Tunisia.

Tra i fattori economici più rilevanti c'è infatti l’insostenibile aumento del costo della vita e, se prima erano solo i disoccupati a svolgere questo lavoro, da due anni a questa parte a esercitare questa attività sono anche operai, donne delle pulizie e pensionati. Quest’anno il tasso d’inflazione in Tunisia si è attestato al 5,4%, mentre povertà e disoccupazione sono entrambe salite al 16%.