· Città del Vaticano ·

Un raffinato intellettuale
e teologo
che ha testimoniato
il Vangelo incarnandolo

 Un raffinato intellettuale e teologo  che ha testimoniato il Vangelo incarnandolo  QUO-176
31 luglio 2025

di Fortunato Morrone*

John Henry Newman sarà dottore della Chiesa. Finalmente! Dopo la canonizzazione del beato cardinale, proclamata da Papa Francesco il 13 ottobre 2019, si attendeva che la Chiesa, nella persona del Santo Padre Leone XIV, riconoscesse in lui uno dei suoi dottori (da notare che nel 1879 era stato Leone XIII elevarlo alla porpora). Immagino, tuttavia, un Newman in qualche modo imbarazzato e sorpreso davanti a tali riconoscimenti da parte della Chiesa.

Cosciente dei suoi limiti caratteriali e culturali, ma anche delle sue notevoli possibilità intellettive e morali, Newman, avanti negli anni, in una corrispondenza, dopo aver elencato una serie di qualità e di doti specifiche necessarie che il teologo deve presentare, confidava: «Questo io non lo sono, né sarò mai. Come S. Gregorio di Nazianzo preferisco camminare per la mia strada e disporre del mio tempo [...] senza pressanti impegni» (LD XXIV, 213).

In tal senso Newman è stato anzitutto un pastore e predicatore di rara finezza linguistica e comunicativa e un credente di notevole cultura e di raffinata intelligenza che — nella contingenza della polemica culturale o della difesa circostanziata di questa o di quella questione teologica o filosofica — ha saputo esibire in massimo grado i motivi della speranza cristiana, ma con uno stile e un’acutezza di riflessione che rivelano la grandezza del suo spirito, capace di elevare il tono del confronto religioso, sociale, educativo o culturale della disputa per dilatare l’orizzonte conoscitivo, razionale e credente dei lettori o dei suoi ascoltatori, fossero essi pro o contro di lui.

Ma la Chiesa non si sbaglia: Newman sarà doctor Ecclesiae poiché, per dirla con san Paolo VI, egli viene riconosciuto come «un faro sempre più luminoso per tutti quelli che sono alla ricerca di un preciso orientamento e di una direzione sicura attraverso le incertezze del mondo moderno» (Discorso agli specialisti e agli studiosi del pensiero del Cardinale Newman, 7.04.1975).

Assiduo lettore e discepolo dei Padri, come loro Newman ha alimentato e motivato il suo esercizio e il suo ministero teologico, attingendo continuamente, nella preghiera, all’ascolto e allo studio della Scrittura. Se con la sua esistenza credente Newman ha testimoniato la bellezza e la praticabilità del Vangelo, con la sua riflessione teologica il presbitero anglicano e professore a Oxford prima, e oratoriano presbitero cattolico poi, ha offerto ragioni valide della credibilità, della sensatezza e della sapienza della fede.

«Genio complesso, poeta e mistico» (Bremond), leader del Movimento di Oxford nel periodo anglicano, Newman è stato riferimento teologico sicuro, nonostante gli anni della diffidenza dei suoi connazionali, della rinata comunità cattolica in Inghilterra dopo il suo sofferto ma lucido passaggio alla Chiesa di Roma. Difendendo la libertà di coscienza in nome di una fede aperta incondizionatamente alla «luce gentile» della Verità e misurandosi dialogicamente e criticamente con le correnti di pensiero religioso, filosofico e teologico dell’epoca vittoriana, Newman ha saputo coniugare magistralmente il rapporto tra fede e ragione, decisivo per il pensiero occidentale, con un approccio fenomenologico-personalista più che metafisico, aprendo così nuovi sentieri alla ricerca teologica, chiamata a offrire ragioni della speranza che i credenti, specialmente i semplici, sono invitati a testimoniare, ieri come oggi, in questa umana storia amata da Dio. E ai semplici Newman ha dedicato la sua Grammatica dell’assenso (1870), che lo ha impegnato per tutta la vita, nelle linee programmatiche essenziali già tracciate nei Quindici sermoni universitari, tenuti tra il 1830 e il 1843.

Attualmente la sua opera, nell’orizzonte dell’amicizia tra le ragioni della fede, fondata nella Rivelazione, e le esigenze della ragione, ci offre una visione di una gioiosa fede che dà fiducia alla ragione di fronte al relativismo e allo scientismo odierno.

Tra le altre opere teologiche di Newman segnaliamo il Saggio sullo sviluppo della dottrina cristiana (1845), terminato poco prima del suo passaggio al cattolicesimo, in cui viene posta in evidenza la categoria di Tradizione alla luce della vicenda secolare della Chiesa in chiave dinamica e creativa; l’Idea di Università (1854), frutto della sua esperienza di rettore del nuovo Ateneo di Dublino, opera nella quale i temi dell’unità, dell’interdisciplinarità e transdisciplinarietà dei saperi in dialogo con la teologia (cfr. Veritatis Gaudium 4, qui viene citato Newman insieme a Rosmini) sono come anticipati nel contesto del suo tempo. Ancora, Sulla consultazione dei fedeli in materia di dottrina (1859), in cui la visione ecclesiologica — tracciata in The Prophetical Office, edito nel 1837 per offrire consistenza teologica all’anglicanesimo, ma ripreso e corretto nella Terza prefazione alla Via Media (1873) — aiuta oggi a comprendere la natura sinodale della Chiesa. E infine la Lettera al duca di Norfolk, sul delicato tema della coscienza, luogo del cuore nell’esperire se stessi e Dio (God and myself), ma colto all’interno dell’atto di fede del credente, come assunzione soggettiva e responsabile dell’oggettiva confessione di fede garantita dalla Chiesa.

Si tratta di testi ancora oggi di riferimento sia per l’ampio dibattito teologico contemporaneo, sia per la missione della Chiesa in questo mondo in continuo e veloce cambiamento, che presenta nuove sfide all’intelligenza della fede e opportunità inedite per l’annuncio del Vangelo, ma in una dinamica relazionale che nel soggetto credente coinvolge anzitutto il cuore che comunica al cuore (cor ad cor loquitur) e che certo implica l’intelligenza.

*Arcivescovo di Reggio Calabria - Bova