· Città del Vaticano ·

Intervento all’Onu dell’Osservatore permanente, l’arcivescovo Caccia

La Santa Sede:
Israele e Palestina
due Stati per una pace giusta
e duratura

Palestinians carry aid supplies which they received from the U.S.-backed Gaza Humanitarian ...
31 luglio 2025

Non si può mai giustificare il terrorismo, tuttavia «il diritto all’autodifesa deve essere esercitato entro i limiti tradizionali della necessità e della proporzionalità». La Santa Sede lo ha indicato ancora una volta, con forza e sofferenza, nel corso della conferenza di alto livello delle Nazioni Unite sulla «risoluzione pacifica della questione palestinese e l’attuazione della soluzione dei due Stati», promossa da Francia e Arabia Saudita e terminata il 30 luglio a New York. L’Osservatore permanente, arcivescovo Gabriele Caccia, ha quindi chiesto, con urgenza, «il cessate-il-fuoco immediato, il rilascio di tutti gli ostaggi israeliani, la restituzione dei corpi dei defunti, la protezione di tutti i civili palestinesi in conformità con il diritto internazionale umanitario e l'accesso senza ostacoli agli aiuti umanitari», ribadendo al contempo la condanna per l’attacco perpetrato il 7 ottobre del 2023 da Hamas contro gli israeliani.

La Santa Sede, sono state le parole di Caccia, «rimane gravemente preoccupata per il peggioramento della crisi umanitaria nella Striscia di Gaza», di qui il richiamo alla comunità internazionale a dare una risposta immediata e coordinata allo «sfollamento di massa delle famiglie», al «collasso dei servizi essenziali», alla «crescente carestia» e alla «diffusa privazione» che «sconvolgono la coscienza umana». L’arcivescovo si è soffermato sull’impatto del conflitto sui civili, guardando al numero di bambini uccisi, alla distruzione delle case, degli ospedali e dei luoghi di culto, con un riferimento particolare al «recente attacco alla Chiesa della Sacra Famiglia che ha ferito ulteriormente una comunità già provata». Evento che ha destato profonda angoscia, pensando ruolo dei cristiani nella regione che, da tempo, si propongono «come presenza moderatrice e stabilizzatrice, promuovendo il dialogo e la pace»

Convinzione della Santa Sede è che «la soluzione dei due Stati, basata su confini sicuri e riconosciuti a livello internazionale, sia l'unica via praticabile ed equa verso una pace giusta e duratura». E testimonianza ne sono gli importanti passi finora compiuti, come quello del riconoscimento formale dello Stato di Israele attraverso l'Accordo fondamentale del 1993 e di quello di Palestina, con l'Accordo globale del 2015. Inoltre, altro punto fermo indicato da Caccia, è il deciso sostegno ai «diritti inalienabili del popolo palestinese, compreso il diritto all'autodeterminazione», nonché alle «legittime aspirazioni» dei palestinesi «a vivere in libertà, sicurezza e dignità all'interno di uno Stato indipendente e sovrano».

L’Osservatore permanente, in chiusura, ha quindi ricordato l’importanza «religiosa e culturale universale» di Gerusalemme, città sacra per cristiani, ebrei e musulmani, e per questo chiamata ad avere uno status che «trascenda le divisioni politiche e garantisca la conservazione della sua identità unica». La richiesta di Caccia, nel tempo più volte ripetuta dalla Santa Sede, è quella di uno «statuto speciale garantito a livello internazionale, in grado di assicurare la dignità e i diritti di tutti i suoi abitanti e dei fedeli delle tre religioni monoteistiche, l'uguaglianza davanti alla legge delle loro istituzioni e comunità, salvaguardando il carattere sacro della città e il suo eccezionale patrimonio religioso e culturale». Un documento che, inoltre, garantisca «la protezione dei Luoghi Santi», oltre al «diritto di accedervi senza ostacoli e di praticarvi il culto». Uno statuto che preservi anche, laddove applicabile, lo «status quo». A Gerusalemme, è la posizione della Santa Sede, «nessuno dovrebbe essere oggetto di vessazioni. È quindi deplorevole che i cristiani si sentano sempre più minacciati nella Città Vecchia di Gerusalemme».

La speranza espressa dall’arcivescovo Caccia, che ha concluso il suo intervento citando Papa Leone XIV e il suo appello a mettere fine «alla barbarie della guerra», è che «in un’epoca in cui la forza è spesso considerata un prerequisito per la pace, questo incontro dovrebbe servire a ricordare in modo toccante che solo attraverso un dialogo paziente e inclusivo è possibile raggiungere una risoluzione giusta e duratura dei conflitti».