· Città del Vaticano ·

Nell’ambito del Giubileo dei giovani un incontro a Roma su sport e inclusione

L’abilità di mettersi in gioco

 L’abilità di mettersi in gioco   QUO-175
30 luglio 2025

di Eugenio Murrali

Lelia, Chiara, Matteo sanno che i limiti esistono, ma esiste anche il coraggio di affrontarli. Oggi questi atleti hanno voluto portare la loro storia a Roma, nella chiesa di San Giovanni Battista dei Fiorentini, durante l’incontro «“Coraggio e soglia” (Giovani, Sport, Disabilità, Inclusione)». Un racconto collettivo di speranza, e di forza, nell’ambito del Giubileo dei Giovani, che in questi giorni riempiono di energia, vitalità, inni e spiritualità le strade della città eterna. Di fronte alla chiesa un mini-campo permette di tirare qualche calcio al pallone, di buttar giù qualche birillo, per ridere e rallegrarsi, insieme. La giornata comincia così, con il gioco, che, si sa, è una cosa serissima.

«Abbiamo iniziato con la metafora del gioco», dice suor Veronica Donatello, responsabile del Servizio CEI per la pastorale delle persone con disabilità, che ha promosso l’evento, moderato da Giampaolo Mattei, presidente di Athletica Vaticana. «All’interno del gioco ognuno può scoprire di avere un’abilità, un dono», spiega suor Donatello, che vede in esso una via «per trovare il coraggio di “giocarsi”, di perdere, di scoprire il proprio talento, di fare squadra». «Coraggio e soglia», due delle dodici parole di questo Giubileo dei Giovani, tra le altre affrontate negli incontri organizzati dal Servizio Cei, hanno risuonato questa mattina in una chiesa divenuta spazio di inclusione per tutti. Dopo il gioco, il canto e la preghiera, le testimonianze, la riflessione: chitarra, voce, qualche lacrima, e lingua dei segni, perché nessuno resti fuori.

«Il Giubileo dei Giovani, insieme al Giubileo dello Sport e a quello della Disabilità, rappresenta per me un momento importantissimo, — sostiene Alessandra Locatelli, ministro italiano per le Disabilità, — per dare delle risposte qui e nel futuro». Un modo, secondo il ministro, per rendere protagoniste le persone, per ricordare l’importanza di investire sul talento e sulla capacità di ciascuno, per affermare quanto conti che qualcuno, istituzioni e non solo, offra agli altri una possibilità. «Nella vita del nostro Paese non possiamo più permetterci di lasciare indietro nessuno» prosegue il ministro, secondo cui è necessario invertire la rotta, «mettere al primo posto le persone».

«La sfida è un cambio culturale, a partire dalle parole» secondo suor Donatello e, in questo senso la testimonianza del calciatore senegalese Omar Daffe è esemplare. Omar aveva un sogno: giocare in serie A. Oggi gioca in serie A, ma un’altra partita, quella per il rispetto, e la lotta contro la discriminazione. Lavora infatti all’Ufficio antirazzismo della Lega nazionale professionisti di Serie A. Vi è arrivato, passando per una storia che lui definisce di liberazione: il coraggio, durante una partita, di ribellarsi agli insulti razzisti, di uscire fuori dal campo. La sua squadra lo ha seguito, non lo ha lasciato solo.

Anche la Federazione italiana gioco calcio, con la sua Divisione calcio paralimpico e sperimentale, attraverso il presidente Giovanni Sacripante, ha raccontato il desiderio di un calcio diverso, aperto a tutti, uno spazio umano in cui ognuno è considerato prima di tutto una persona. In questi campi abitano sorrisi, abbracci, la commozione di genitori che non hanno mai visto i figli così felici. E restando al calcio, anche Marzia, una ragazza di vent’anni che ha partecipato a un progetto del Centro sportivo italiano in Camerun ha qualcosa da dire: «Lì un campo di terra rossa è lo stadio più bello», perché non tutti hanno le strutture che qui, spesso, sono a disposizione, non tutti in Africa possono praticare sport, ma la gioia di quelle partite sotto il cielo e l’idea di fare qualcosa di utile per rispondere a quella fame di sport e di condivisione le spezza la voce nel ricordo.

Lelia Bellesini è una nuotatrice di Special Olympics Italia, realtà che attraverso lo sport aiuta le persone con disabilità: «Sono proprio felice di raccontarvi la mia esperienza», ha detto. «Ho scoperto che potevo migliorare. Infatti, ho vinto così tante medaglie che ho perso il conto. Sicuramente oggi grazie allo sport ho molta più fiducia in me stessa e nelle mie capacità». In acqua ha superato molte paure, ha capito come migliorarsi e ha incontrato molti amici.

Non si contano neanche le medaglie di Matteo Falchi, campione che va in giro per il mondo come nuotatore agonistico della Federazione italiana sport paralimpici intellettivo relazionali (Fisdir). «Qui ho cominciato ad aprirmi. Conta oltrepassare i muri, conoscere gli altri. Mi hanno tifato anche ragazzi di altre nazionali». Lo sport lo ha fatto uscire da sé stesso: «Io ho iniziato a parlare a otto anni, ma prima di entrare in acqua non parlavo». Il nuoto lo fa sentire libero e leggero.

Non solo nuoto. Chiara Vingione è campionessa mondiale di basket, lo sport è parte integrante della sua vita, fatta di allenamenti, gioco di squadra: «La mia vittoria è stata una bellissima esperienza, piena di sacrifici, bisogna crederci tutti i giorni, giocare tutti insieme. Il basket è la nostra forza, il nostro sangue nelle vene». L’incontro ha visto anche la riflessione di monsignor Adriano Cevolotto, vescovo di Piacenza-Bobbio, sul tema “Varcare la soglia con Cristo”: «Può essere un grande motivo di speranza la consapevolezza e la misura di un’umanità che è segnata da delle soglie e che può trovare nel coraggio di superarle il futuro».