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La buona Notizia
Il Vangelo della XVIII domenica del tempo ordinario (Lc 12, 13-21)

Il notaio e l’uomo
del “cocco bello”

 Il notaio e l’uomo del “cocco bello”  QUO-174
29 luglio 2025

di Giacomo Poretti

Con quella famiglia lì non si può mai stare tranquilli. Talis pater, talis filius. Uno nella vita si fa un mazzo tanto, dedica 10, 12 ore al lavoro, se è un bergamasco anche 14: parte come semplice titolare di partita Iva, poi prende coraggio va dal notaio e apre una sas, un anno dopo una srl con 20.000 euro di capitale sociale e dopo quindici anni di incremento del fatturato con punte del 45 per cento si fa quotare in borsa: 3200 milioni di euro sul conto corrente. A questo punto il titolare compra ville a Dubai, St. Moritz, un intero quartiere a Londra, una squadra di calcio in Premier League per farci giocare il figlio, tre cliniche private, sette negozi di gioielli per la moglie e le amanti, saluta tutti i parenti e amici di Bergamo e si stabilisce alle Maldive. Bello no?

Eppure non è sereno. Prima di partire era stato dal notaio per far scrivere sul testamento che avrebbe lasciato 2800 euro di vitalizio eterno per il fratello con lo scopo di pagargli l’rsa quando ne avrebbe avuto bisogno. Il notaio, un tipo strano con i capelli lunghi e con una tonaca al posto della grisaglia in doppiopetto, gli fa notare senza giri di parole che è un po’ taccagno e che comunque la sua vita non dipende da tutto quello che ha. «Ma come, con tutto il sacrificio che ho fatto?»: alla fine l’imprenditore orobico cambia notaio ma in fondo in fondo si sente inquieto. Finché una notte fa un brutto sogno. È in spiaggia alle Maldive, sta bevendo la terza coppa di champagne in compagnia di tre signore in costume da bagno esile, ma esile che quasi non si vede; intanto si vanta di avere otto auto, cinque moto e trentadue orologi. In quel mentre passa il signore del “cocco bello” che assomiglia tantissimo al notaio che lo aveva inquietato. L’imprenditore smette di bere, lo guarda e l’uomo del cocco dice: «Senti un po’ trentadue orologi, e allora!? E se stanotte ti si fermasse quel cuore arido che hai, che ne sarà dei tuoi 3200 miliardi? Sei sicuro di avere investito bene?».

Si sveglia di soprassalto da quel terribile incubo, e la cosa che lo spaventa di più è che l’uomo del “cocco bello” era sputato al notaio, ma certo! Era il notaio da vecchio, oppure padre e figlio chissà? Insomma quelle cose che capitano solo in sogno. Rimane colpito da quell’incubo: cosa avrà voluto dire? Perfino il suo psicanalista personale fatto venire con un jet privato da Vienna non ci ha cavato un ragno dal buco: cercava di rassicurare il suo cliente tirando fuori il concetto di transfert secondo il quale l’omino del cocco rappresentava l’analista stesso e l’imprenditore lo temeva perché pensava che fosse invidioso delle sue ricchezze.

Insomma quel sogno lo aveva colpito così tanto da lasciare anzitempo il resort a 18 stelle alle Maldive per tornarsene a casa, nel suo paese a Brignano Gera d’Adda dove aveva costruito la sua azienda di 2600 operai che era leader nel mondo per le macchine che facevano sacchetti di plastica. Se ne stava lì nel suo ufficio seduto davanti allo schermo del pc che gli mostrava i grafici delle sue azioni in costante rialzo e continuava a interrogarsi se quell’investimento era giusto.

Quell’imprenditore è come noi, costantemente indaffarati a costruire minuscole o mostruose ricchezze; non fa differenza, e poi la sera, talvolta, facciamo brutti sogni.

Che famiglia quella dell’omino del cocco e del notaio, padre e figlio. Non si può stare tranquilli con loro. Come commissari della Consob della nostra anima ci chiedono conto se della nostra vita abbiamo investito in beni duraturi o effimeri.