Si riaprono gli spazi

di Paolo Affatato
Al culmine dei timori per l’apertura di un altro fronte della “terza guerra mondiale a pezzi”, spiragli di pace si sono riaperti ieri, dopo quattro giorni di scontri al confine tra Cambogia e Thailandia che hanno causato 34 morti e oltre 200.000 sfollati. Il premier thailandese ad interim, Phumtham Wechayachai, ha incontrato oggi in Malaysia l’omologo cambogiano, Hun Manet, per risolvere la crisi. L’annuncio dell’incontro è arrivato ieri sulla scia della mediazione degli Stati Uniti, mentre anche il ministero degli Esteri di Pechino ha assicurato stamane che svolgerà «un ruolo costruttivo per il cessate-il-fuoco».
Le parole di Papa Leone XIV all’angelus di ieri, intanto, hanno generato conforto e speranza tra i fedeli locali, in un’area di una frontiera che è sempre stata caratterizzata da un intenso traffico di persone e merci. «La gente che vive al di qua e al di là di del confine condivide la stessa cultura e lingua e numerose famiglie sono imparentate tra loro», spiega in un colloquio con «L’Osservatore Romano» padre Paul Chatsirey Roeung, missionario thailandese che vive in Cambogia, membro della Thai Mission Soceity. Quello stretto legame «rende ancor più insensato il conflitto», rileva.
Padre Roeung, da thailandese in Cambogia, guarda la questione con profondità storica ma anche considerando le sfide del presente: «È vero che, sulla rivendicazione territoriale c’è un irrisolto, fin dai tempi delle fine delle dominazioni coloniali: le due nazioni — spiega — seguono, per i confini, mappe differenti, la Cambogia quelle tracciate dai francesi, la Thailandia quelle americane. La sovranità del noto tempio di Preah Vihear, conteso per decenni, è stata assegnata dal 1962 alla Cambogia e confermata da una sentenza della Corte internazionale di giustizia dell’Aja». Attualmente — ricorda — «lo status quo era congelato con la creazione della “free zone”, area interdetta alla presenza militare da ambo le parti». Quell’equilibrio è stato infranto alla fine del maggio scorso, e le due nazioni si accusano a vicenda di aver rotto il patto.
Oltre al possesso della terra, il sacerdote invita a «scorgere nello scontro fra Thailandia e Cambogia ragioni legate a questioni di potere». Il focus, asserisce, va posto su «interessi economici, come lo sfruttamento di giacimenti di petrolio e di gas presenti nel golfo del Siam, ma anche la nascita e gestione delle cosiddette “città della truffa” e dei casinò lungo la frontiera». In tali questioni, nota, «si giocano i rapporti politici e affaristici tra due famiglie storicamente alleate: in Cambogia quella degli Hun e in Thailandia gli Shinawatra che hanno espresso la leadership dei due Paesi». Il delicato equilibrio tra potenti famiglie avviene, poi, in un’area ribattezzata “il nuovo triangolo d’oro”, un ampliamento della nota area dove si toccano Laos, Cambogia e Thailandia, un’area dove traffici di armi, droga, pietre preziose ed esseri umani si sovrappongono a conflitti e a bassa intensità, guerre civili, scontri tra gruppi criminali. Così padre Roeung sbroglia l’intricata matassa: «Come cattolici non prendiamo le parti di nessuno ma siamo solo dalla parte della pace».